La settimana (e l’anno) delle Banche centrali: FED, BoE e BCE

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FED, appuntamento al 15 dicembre

Partiamo da un dato di fatto: il QE è di 120 miliardi al mese, il tapering inizia a fine novembre con 15 miliardi al mese. Sono rimasti 8 mesi per uscire dal QE, che termina quindi a giugno. La previsione, dopo diverse dichiarazioni, compresa quella di Powell, è di un’accelerazione del tapering. Un’accelerazione a 20 miliardi completerebbe il QE in 6 mesi, cioè in aprile. In termini di rialzo dei tassi, la curva è cambiata significativamente dall’estate scorsa, in particolare con un chiaro irrigidimento della comunicazione della Fed. I mercati si aspettano Fed funds allo 0,70% alla fine del 2022, cioè due rialzi dei tassi ed eventualmente un terzo; e Fed funds all’1,345% alla fine del 2023, cioè cinque rialzi dei tassi nei prossimi due anni, con la possibilità che vi sia eventualmente anche un sesto.

La comunicazione della Fed si è gradualmente evoluta verso un atteggiamento più restrittivo. Ciò è successo durante le riunioni del FOMC di giugno e settembre, che hanno entrambe sorpreso i mercati. Lo è stato anche per diverse settimane, soprattutto con Powell che ha detto che l’inflazione non è “temporanea” e che il tapering potrebbe essere accelerato. Per quanto riguarda i dati economici, l’inflazione persiste al 6%, il tasso di disoccupazione, se continua a scendere, sarebbe sotto il 3,5% (minimo pre-Covid) entro marzo del prossimo anno, e l’impennata del mercato immobiliare è innegabile, con una forte pressione sui prezzi in particolare. Infine, le valutazioni delle attività finanziarie in certi mercati sono molto contenute, mentre al contrario, i rischi legati alla recrudescenza dei covid sono un pericolo ribassista a breve termine per l’economia. D’altra parte, se la perturbazione dovesse essere limitata nel tempo, alla fine ci saranno più perturbazioni nelle catene di approvvigionamento e quindi più inflazione nel lungo periodo. Sembra quindi chiaro che la politica ultra-allentata messa in atto nel momento peggiore della pandemia nel marzo dello scorso anno non è più appropriata e che è necessaria una graduale normalizzazione. Ci aspettiamo ancora un tapering di 15 miliardi al mese e quindi una fine del QE a giugno del prossimo anno. Il livello molto basso dei tassi può effettivamente incoraggiare la Fed ad accelerare il passo come ha fatto la Banca del Canada. In termini di tassi, con il QE che terminerà al più tardi a giugno è molto probabile che la Fed inizi il suo ciclo di rialzi prima della fine del 2022. Tuttavia, i tre rialzi dei tassi che il mercato si aspetta sembrano eccessivi.

Bank of England, l’appuntamento del 16 dicembre:

Il tasso di base è attualmente allo 0,10%. Anche se la la BoE aveva abbondantemente preparato i mercati a un aumento dei tassi dal precedente MPC (4 novembre), li ha sorpresi decidendo infine di non muoversi. Il mercato si aspetta un rialzo dei tassi il 16 dicembre con una probabilità del 25% soltanto. D’altra parte, si aspetta un rialzo dei tassi per l’MPC del 3 febbraio. I problemi legati alla Brexit e la recrudescenza delle difficoltà causate dalla pandemia spiegano certamente questa ritrovata freddezza della BoE. Dopo l’inversione a U dell’ultimo MPC, la BoE non è lontana dall’incoerenza, lo scenario primario è infatti che la BoE passi il 16 dicembre.

BCE, occhi puntati di nuovo sul 16 dicembre:

L’attuale QE, PEPP + APP, è nell’ordine di 100 miliardi al mese. Christine Lagarde ha chiaramente segnalato la fine del PEPP a marzo, il che porterebbe il QE totale a soli 20 miliardi al mese. Il consensus di mercato è per un raddoppio del PEPP a 40 miliardi con regole più flessibili, in particolare l’inclusione della Grecia nel programma. In termini di rialzo dei tassi, i contratti Euribor mostrano 40 bps di rialzo dei tassi nei prossimi due anni. Per quanto riguarda il QE, è paradossale annunciare la fine del PEPP, un programma creato appositamente per combattere la pandemia, quando con ogni probabilità il numero di nuovi casi è prossimo a raggiungere i massimi storici in Francia. Inoltre, l’aumento dell’APP deve essere accompagnato da almeno due cambiamenti: l’inclusione della Grecia, inclusa nel PEPP ma non nella APP e la modifica del limite del 33% di acquisti di emissioni esistenti (autoimposto dalla BCE), che dovrebbe essere aumentato al 50%. Il volume delle emissioni sovrane nette nell’Eurozona supererà i mille miliardi nel 2021 ma, secondo la proiezione dell’Eurostat sul deficit pubblico, dovrebbe scendere a 480 miliardi nel 2022. La BCE può quindi ridurre i suoi acquisti. Una calibrazione del QE nel range di 40-50 miliardi al mese ci sembra appropriata. Per quanto riguarda il rialzo dei tassi, sembra che il mercato si stia muovendo troppo velocemente: 40 bps di rialzo dei tassi alla fine del 2023 ci sembra uno scenario eccessivo e si parla di nessun rialzo dei tassi prima del 2024. Per quanto riguarda rafforzare la forward guidance, dopo marzo gli acquisti di obbligazioni dovrebbero essere sufficienti per garantire condizioni di finanziamento coerenti con un ritorno dell’inflazione al 2% nel medio termine. Idealmente, un aumento degli acquisti dovrebbe essere annunciato nell’’ambito dell’APP. Tuttavia, la debolezza dell’euro potrebbe spingere la BCE ad adottare misure di sostegno, quindi potrebbero venire prese in considerazione misure meno generose sui TLTRO.