Il mercato sta probabilmente sopravvalutando una Fed più aggressiva
In una mossa che era già attesa, la Fed ha aumentato il suo tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo in un range tra lo 0,25% e lo 0,50%. Forse ancora più importante, la previsione della banca centrale statunitense per il futuro percorso di rialzo dei tassi che ora prevede – come espresso nel “Dots” che registra le attese degli esponenti della Fed in merito ai tassi di interesse – sette aumenti per quest’anno e quattro per il 2023. Nella proiezione precedente, a dicembre, queste aspettative erano di tre rialzi in ciascuno di questi anni.
Mentre alcuni possono interpretare questo come una conferma di una propensione verso un orientamento da falco, noi invitiamo alla cautela. Crediamo che i sette rialzi di tassi di 25 bps che il mercato dei futures sta prezzando per quest’anno rappresentino una soglia di potenziali aumenti troppa alta e che questo scenario è improbabile che si materializzi. Inoltre, l’ultimo sondaggio Dots è stato accompagnato da una nota di una certa importanza: c’erano meno membri votanti alla riunione di questa settimana a causa della transizione in corso nella composizione della leadership della Fed e nessuno dei nominati dal presidente Biden ne ha preso parte. Un fatto importante quest’ultimo perché crediamo che i nuovi membri propenderanno per il campo “dovish”, rafforzando la nostra opinione che le aspettative del mercato hanno superato la realtà. Vale la pena ricordare che durante tutto il mandato del presidente Jerome Powell, quando gli è stata data la scelta tra due strade – e ancora non doveva fare i conti con massimi pluridecennali dell’inflazione – ha sempre optato per un maggiore accomodamento.
La realtà che il presidente Powell non è stato in grado di evitare è che l’inflazione continua a galoppare. A febbraio, sia l’indice dei prezzi al consumo headline sia quello core degli Stati Uniti hanno raggiunto massimi pluridecennali – rispettivamente 7,9% e 6,4%. Le aspettative del mercato che l’aumento dei prezzi si sposti verso il range di lungo termine preferito dalla Fed, il 2,0%, sembrano scarse. Si prevede che l’inflazione sia in media del 3,6% nei prossimi cinque anni, in base al mercato TIPS (Treasury Inflation Protection Securities) degli Stati Uniti. Per l’orizzonte di 10 anni, la media è pari al 2,95%, leggermente meno preoccupante. Interpretiamo questi livelli elevati come il crescente riconoscimento del mercato che la Fed sarà più tollerante nei confronti di un ritmo di inflazione raramente visto negli Stati Uniti negli ultimi tre decenni.
Eppure, la Fed deve affrontare un enigma. Gran parte dell’attuale impennata verso l’alto dei prezzi è dovuta a limitazioni dell’offerta. La pandemia globale ha notoriamente causato interruzioni nella fornitura di semiconduttori e di altri importanti beni industriali. Le carenze di manodopera hanno portato a una pressione al rialzo sui salari, che alimentano direttamente l’inflazione, specialmente nelle economie basate sui servizi. Sfortunatamente per la Fed, lo strumento dei rialzi dei tassi tende ad essere meno efficace nel combattere l’inflazione quando quest’ultima è guidata da fattori di offerta piuttosto che da una forte domanda.
La natura di questo picco di inflazione, esacerbato dai recenti eventi geopolitici, amplifica le nostre preoccupazioni sui margini di errore in tema di politica monetaria. I politici devono realizzare un difficile atto di bilanciamento. Se la Fed dovesse restringere troppo, l’economia statunitense potrebbe scivolare in recessione. Se cade dietro la curva e le aspettative di inflazione più alte diventano intrinseche, le valutazioni delle obbligazioni potrebbero andare sotto pressione con sconti più alti che verranno attivati per compensare il valore più basso dei flussi di cassa futuri.
Il modello previsto di un ritmo cadenzato di aumenti dei tassi nel 2022 è stato capovolto. Crediamo che un aumento dei tassi sia possibile in ogni riunione della Fed (anche se alla luce del modus operandi del presidente Powell sarebbe probabilmente ben preannunciato) e non possiamo escludere, a un certo punto, un aumento di 50 punti base.
La nostra opinione è che la Fed farà di tutto per procedere con cautela. Tuttavia, questa stessa cautela potrebbe portare a una volatilità ancora maggiore nei tassi a lungo termine, man mano che il rischio di un’inflazione superiore al trend si fissa nella mente degli investitori.
Di conseguenza, crediamo che gli investitori dovrebbero trattare l’esposizione ai tassi d’interesse – o la duration – con cautela. Le obbligazioni a lunga scadenza, a nostro avviso, sembrano più vulnerabili all’elevata volatilità. E, data la relativa piattezza della curva dei rendimenti, il rendimento incrementale per detenere scadenze più lontane potrebbe non valere il rischio maggiore. Infine, l’incertezza geopolitica derivante dagli eventi in Ucraina rafforza ulteriormente la nostra opinione che ora non è il momento di assumere rischi eccessivi nella propria allocazione a reddito fisso.