Big Tech, retailer digitali e altri player tecnologici rappresentano ormai il 35% del valore totale dell’industria dei servizi finanziari

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Nei servizi finanziari è in corso un cambiamento strutturale, con i player tecnologici che sfidano i player storici per posizionarsi in un mercato che si sta rapidamente espandendo verso nuovi servizi, secondo Oliver Wyman, la società di consulenza globale. Gli incumbent, tradizionalmente organizzati attorno alla intermediazione del credito e dei rischi di mercato, continuano a crescere, ma la maggior parte della creazione di valore dell’industria è guidata dalle aziende che gestiscono le infrastrutture finanziarie come le borse e i pagamenti, i dati e la tecnologia.

Nel suo 24esimo report annuale State of the Financial Services Industry (SOFS), intitolato “A Tectonic Shift Between Risk, Data and Technology”, Oliver Wyman afferma che il driver principale di questo spostamento di valore è il rallentamentodella crescita dei servizi di gestione del rischio a maggiore intensità di capitale, che nell’ultimo decennio si è attestata al 3% annuo. A questo si è contrapposta una crescita pari a circa l’8% annuo dei servizi a minor intensità di capitale, legati allo sfruttamento dei dati e a tecnologie che generano valore.

In numeri, lo studio evidenzia che il valore aggregato delle grandi infrastrutture finanziarie, data company e imprese fintech è cresciuto del 400%, generando quasi 2,3 trilioni di dollari negli ultimi 10 anni, rispetto al 70% e 1,3 trilioni di dollari generato dagli incumbent. 9 trilioni di dollari di nuovo valore sono stati creati dal mondo delle big tech- -anche considerando significativi aggiustamenti nel 2022 – che si sta spostando verso i servizi finanziari a partire dai pagamenti, ma ormai chiaramente con l’obiettivo di estendere ad altri servizi e prodotti finanziari.

Il risultato di questo spostamento è che ormai quasi un terzo delle 50 maggiori istituzioni finanziarie sono imprese classificabili come player tecnologici, mentre dieci anni fa erano soltanto due.

“L’ultima decade è stata positiva per il settore dei servizi finanziari; non ha dovuto affrontare grandi crisi, ha visto moltissima innovazione e gioca un ruolo importantissimo a livello sociale nella lotta al Covid-19 e ai cambiamenti climatici,” dichiara Ted Moynihan, Partner e Global Head of Industries di Oliver Wyman. “L’ultimo decennio ha anche visto dei cambiamenti importanti, che hanno trasformato i servizi finanziari in un settore più ampio, con più aziende che agiscono in concorrenza tra loro e, nel complesso, uno spostamento del valore relativo dagli operatori storici a nuovi attori. A causa dell’aumento dei tassi d’interesse e della volatilità, prevediamo che entro pochi anni il panorama sarà già piuttosto diverso e a trarne beneficio saranno coloro che sapranno anticipare e sfruttare al meglio i nuovi driver di crescita.”

Il report State of Financial Services 2022 di Oliver Wyman evidenzia che in assenza di una reazione coraggiosa ed offensiva e non difensiva come quella osservata sino ad ora, questo spostamento di valore continuerà. La maggior parte dei player storici stanno faticando nel trovare il modo giusto di riorganizzarsi e investire efficacemente nelle attività che oggi producono maggior valore e crescita. A mano a mano che i modelli di business delle big tech convergono, i loro portafogli e la loro penetrazione all’interno della finanza integrata diventeranno sempre più importanti. Allo stesso tempo, la diffusione degli asset digitali e dei sistemi di identità digitale sta accelerando questo spostamento di valore.

L’attuale contesto macroeconomico e geopolitico offre agli incumbent l’opportunità di recuperare quote di mercato. L’aumento dei tassi d’interesse potrebbe generare guadagni aggiuntivi per alcuni istituti bancari o assicurativi, mentre gli investitori stanno mettendo in dubbio i business model di alcune big tech e fintech. Per gli incumbent è giunto dunque il momento di posizionarsi in maniera più decisa sulle nuove fonti di valore, investendo in maniera coraggiosa sulle nuove tecnologie per trasformare i loro modelli di business e creare nuovi mercati.

Claudio Torcellan, Partner e Market Leader di Oliver Wyman per il Sud Est Europa, commenta: “La necessità di muovere offensivamente per ricatturare una traiettoria di crescita e di generazione di valore risulta particolarmente pressante per le banche italiane che negli ultimi anni hanno dovuto allocare molte delle loro risorse a ristrutturare i bilanci impattati dalla crisi a discapito degli investimenti in digitale e nuove tecnologie. Questo nel contesto anche di una cultura non fortemente orientata al cambiamento e alle nuove tecnologie. I piani industriali presentati di recente evidenziano un chiaro cambio di passo sul tema dell’innovazione e della digitalizzazione.”

Altri elementi degni di nota:

  • Dopo la Grande Crisi del 2008, il sistema finanziario è posizionato molto meglio per assorbire uno shock economico e per applicare le politiche sottoscritte (almeno in parte) dai governi, come dimostrato dalle risposte alla pandemia di Covid-19, alla guerra in Ucraina e sul clima.
  • Le big tech rimangono intenzionate a crescere nei servizi finanziari senza espandersi troppo nell’ambito dell’intermediazione del rischio. Oliver Wyman prevede un’ulteriore ondata di partnership, con le imprese che cercano di diventare il centro delle vite dei loro clienti, attraverso servizi commerciali, advertising e altro, grazie a un accumulo sempre maggiore di dati interconnessi e offrendo servizi tecnologici all’avanguardia.
  • Oliver Wyman prevede anche un significativo consolidamento nel panorama dei player tecnologici, anche a causa dell’incremento dei tassi d’interesse e della volatilità dei mercati, che causeranno l’uscita di quelle imprese che non vantano utili sufficientemente stabili.
  • Nonostante la volatilità che ha interessato di recente le stablecoin, la finanza decentralizzata e gli asset digitali dovrebbero portare profondi cambiamenti nei servizi finanziari, grazie ai benefici derivanti da infrastrutture più efficienti e da una maggiore inclusione. Le tempistiche e la portata di questo cambiamento dipenderanno molto dal percorso che intraprenderà la regolamentazione del settore.
  • La disintermediazione non è l’unico pericolo; un disallineamento crescente della supervisione e dei costi della gestione del rischio, insieme con la crescita dei dati interconnessi e della tecnologia nel settore, pone inevitabilmente dei rischi. Altri settori condividono la stessa problematica di dover gestire una gamma di prodotti asset-intensive tradizionali e servizi, cercando al tempo stesso di riposizionarsi verso i driver che guidano la crescita del valore. Ne sono un esempio l’automotive, l’healthcare, l’energy e le telecomunicazioni.
  • Le strutture che permettono al private capital di investire nella miriade di opportunità che i player storici affrontano e la collaborazione pubblico-privato potrebbero avere un ruolo importante nel futuro di alcune di queste imprese.