I 3 scenari geopolitici

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Da quando siamo andati in sovrappeso in azioni il 17 marzo, il rendimento dei titoli di Stato USA a 10 anni è salito di 100 punti base tondi di pari passo con un incremento delle aspettative di mercato per Federal Reserve (Fed) e Banca Centrale Europea (BCE). Le azioni globali sono scese del 4,2%, malgrado un inizio robusto della stagione degli utili del T1, mentre il petrolio (WTI) è pressoché piatto e l’oro ha segnato un calo del 2,9%. Sui mercati finanziari di recente c’è stata preoccupazione per le prospettive e i rischi dell’economia globale nel timore che un’impennata dei prezzi del gas, una stretta più sostanziale della politica monetaria e il ritiro della liquidità possano far vacillare la crescita. Questa settimana vado ad aggiornare i nostri scenari geopolitici e a discuterne le implicazioni economiche in un’ottica di asset allocation.

Al momento dell’invasione russa dell’Ucraina avevamo delineato tre scenari possibili: Scenario 1: un breve impegno militare e una soluzione negoziata (positivo per i mercati finanziari e l’economia globale) Scenario 2: una guerra limitata geograficamente e sanzioni limitate contro la Russia (piuttosto neutrale) Scenario 3: una guerra su vasta scala in Ucraina e pesanti sanzioni contro la Russia (uno shock stagflazionistico per l’economia globale e impegnativo per i mercati). Come ora sappiamo, la situazione si è evoluta rapidamente verso lo scenario 3. A due mesi dall’inizio della guerra, gli scenari sono mutati nei seguenti tre:

Scenario 1 (caso di base): una guerra prolungata in Ucraina

Alla luce dell’assistenza militare che l’Ucraina riceve dagli USA e dai paesi europei, da un alto, e della resilienza di bilancio della Russia dall’altro, la guerra in corso potrebbe durare più a lungo. Questo scenario è di stagflazione da un punto di vista economico, specialmente per l’Europa (anche se non prevediamo una vera e propria recessione nel nostro scenario di base). Come produttori di energia, gli USA subiscono un impatto molto meno diretto. La Cina, nel frattempo, si sta avviando verso una ripresa della crescita guidata fiscalmente e risulta parimenti meno colpita. Di conseguenza le prospettive globali restano di crescita in questo scenario di base, ma i lockdown della Cina a fronte della recrudescenza delle infezioni di COVID-19 e il continuo perseguimento di una strategia “zero Covid” si combina con il conflitto Russia-Ucraina per spingere verso l’alto l’inflazione. Le banche centrali pertanto sono costrette ad anticipare gli aumenti dei tassi di interesse. Ora ci aspettiamo che la BCE cominci ad aumentare i tassi di interesse a settembre, con un secondo rialzo a seguire a dicembre. In effetti c’è il rischio che la BCE possa anche dover anticipare a luglio il suo ciclo di rialzi dei tassi. Con riguardo alla Fed, ci aspettiamo che gran parte dei suoi rialzi dei tassi siano effettuati nel 2022 invece che essere distribuiti sul 2022 e il 2023. Questo implica almeno due rialzi da 50 punti base nel 2022 e molto probabilmente tre, di fatto. Per le attività finanziarie, il raffronto con la fine degli anni Settanta è appropriato in termini di direzione di marcia (sebbene la portata dell’impatto sia inferiore a causa di una minore intensità petrolifera della crescita e di dinamiche ridotte in termini di inflazione salariale alla luce di mercati del lavoro meno sindacalizzati). Le materie prime tendono a superare altri asset (seppur accompagnate da una volatilità elevata, ragion per cui attualmente siamo neutrali), le riserve di valore delle attività reali (es. immobili) tengono e proteggono dall’erosione del valore attraverso l’inflazione, i rendimenti obbligazionari aumentano e deprimono i rendimenti del reddito fisso oltre a un certo numero di settori azionari. Probabilmente emergeranno delle opportunità nelle rinnovabili, ad esempio, come complemento di diversificazione dei titoli energetici

Scenario 2 (ancora distante e improbabile nel breve termine): un accordo di pace negoziato

Lo scenario di una soluzione negoziata può divenire possibile una volta che i costi finanziari ed economici o per l’Occidente di continuare a finanziare l’Ucraina o per la Russia di continuare la guerra diventeranno troppo elevati ovvero il costo in termini di vite umane riporteranno l’Ucraina e la Russia al tavolo dei negoziati. Quest’ultima ipotesi potrebbe scaturire da uno stallo militare o dall’eventualità che la Russia raggiunga i suoi obiettivi in Ucraina (ovvero il pieno controllo del sud e dell’est dell’Ucraina). Non riteniamo che la Russia possa finire in bancarotta a causa delle sanzioni. I costi economici della guerra e delle relative sanzioni sono certamente molto ampi, con la Russia che si prevede attraversi una profonda recessione nel 2022 e una più moderata nel 2023. Tuttavia, la portata della contrazione economica è paragonabile o addirittura inferiore a quanto sperimentato dai paesi europei durante la pandemia di COVID-19. Di conseguenza, di per sé, la recessione non si prevede che cambi la linea di azione della Russia in Ucraina e che ponga fine alla guerra, né che spinga la Russia verso qualcosa di simile a un default. Nel complesso questo scenario, di gran lunga il più favorevole da tutti i punti di vista, appare ancora distante visti gli sviluppi degli ultimi due mesi. L’impatto economico di questo scenario sarebbe una normalizzazione, in particolare un efficace riancoraggio delle aspettative di inflazione da parte delle banche centrali e un forte rimbalzo degli asset europei e russi oltre che, in misura più ampia, degli asset ciclici e di crescita.

Scenario 3 (probabilità più bassa): un’escalation in un conflitto NATO-Russia

Mentre questo scenario era impensabile all’inizio del conflitto, un’ulteriore escalation ora non può più essere esclusa. Qualsiasi coinvolgimento militare diretto dei paesi NATO nella guerra potrebbe innescare un conflitto più ampio. Questo scenario potrebbe portare a una recessione globale oltre che a un mercato azionario ribassista. In questo caso i Treasury USA e i titoli di Stato cinesi probabilmente registrerebbero un rally e l’USD diventerebbe ancora più forte. La conclusione principale per gli investitori è che assumendo una visione a 3–6 mesi, lo scenario 1 in combinazione con un eventuale scenario 2 depone a favore di un sovrappeso azionario tramite derivati come dropback o accumulatori che distribuiscono il punto di ingresso ma traggono beneficio dalla battuta d’arresto registrata da inizio anno. Mentre siamo attualmente sottopesati in titoli di Stato attendendoci un ulteriore incremento dei rendimenti, prevediamo un confronto più favorevole tra i rendimenti dei titoli di Stato e i rendimenti degli utili azionari con il passare del tempo. Ci sarà probabilmente l’ipotesi di una nuova rotazione verso attività nominali e un possibile giudizio neutrale sul reddito fisso su un orizzonte a 6–12 mesi e persino un possibile sovrappeso su una parere a più di 12 mesi. A loro volta le azioni dovranno essere valutate rispetto al rischio di recessione più avanti nel ciclo di inasprimento monetario. Infine gli investitori alla ricerca di una protezione contro lo scenario 3, il più negativo, dovrebbero valutare titoli di Stato protetti dall’inflazione e immobili nei paesi del Golfo come riserve di valore. Per gli investitori con un’esposizione a obbligazioni russe nei loro investimenti nei mercati emergenti, un’importante pietra miliare è il periodo di grazia di 30 giorni che scade il 4 maggio, quando sono dovuti i pagamenti in USD sul servizio del debito della Russia. Il mancato pagamento in dollari verrebbe considerato come un evento di default. La Russia ha affermato che i pagamenti sono già stati effettuati in rubli, cosa che i covenant obbligazionari non permettono, in quanto non esistono clausole di pagamento in valute alternative.