Trend demografici e sistema previdenziale

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Il nostro Paese si caratterizza per un accentuato processo di invecchiamento della popolazione con effetti sul sistema di welfare nella triplice componente previdenziale, sanitaria e della non autosufficienza.

Secondo le stime dell’Istat di particolar rilievo appare la emergenza “natalità” con il numero medio di figli per donna si è attestato a 1,25 a fine 2021, da 1,44 negli anni 2008-2010, anni di massimo relativo della fecondità.  Ciò si deve al deficit dimensionale e strutturale della popolazione femminile in età feconda, viene sottolineato, che si riduce nel tempo e presenta un’età media in aumento.

Di pari passo alla contrazione delle nascite vi sono i continui guadagni, dopo la fase di regresso prodotta nel 2020 dall’effetto Covid-19, sottolinea l’Istat, sul piano della durata della sopravvivenza che hanno prodotto e continueranno a produrre uno straordinario aumento della popolazione nelle età senili e molto anziane.  Nel complesso, l’età media della popolazione transita, tra l’inizio del 2021 e l’inizio del 2022, da 45,9 a 46,2 anni, mentre vent’anni fa era inferiore di oltre quattro anni (41,9).

La popolazione ultrasessantacinquenne, 14 milioni 46 mila individui a inizio 2022 in base alle stime, si è accresciuta di 105 mila unità rispetto a inizio 2021 e costituisce il 23,8% della popolazione totale contro il 23,5% dell’anno precedente.

Quali sono i legami tra invecchiamento popolazione e sistema previdenziale ? Il primo aspetto è legato alla sostenibilità prospettica della spesa pensionistica.  Considerando il “combinato disposto”  dell’andamento dell’inflazione e delle proiezioni demografiche il Documento di Economia e Finanze stima che tra il 2023 e il 2025 il rapporto tra spesa pensioni e si attesta su valori pari a circa il 16,1 per cento del PIL. Nel decennio seguente, la crescita del rapporto tra spesa per pensioni e PIL accelera raggiungendo un picco del 17,4 per cento nel 2036. Rimane su valori simili fino al 2040 per poi scendere raggiungendo il 15,8 nel 2050. Nella fase finale del periodo di previsione del documento,  il rapporto spesa per pensioni su PIL si riduce rapidamente attestandosi al 13,7 per cento nel 2060 e al 13,3 per cento, nel 2070.

Va evidenziato poi come nel nostro sistema pensionistico vi sono due meccanismi di adeguamento automatici legati all’evoluzione demografica, rappresentati dalla revisione periodica, con cadenza biennale, dei coefficienti di trasformazione del metodo di calcolo contributivo e dall’indicizzazione dell’età pensionabile alla speranza di vita.

Per quel che riguarda le forme pensionistiche complementari vi è il tema strettamente legato al rischio longevità rappresentato dalla rendite che rappresentano nel nostro scema normativo la prestazione principale.

Come ha recentemente evidenziato in una audizione parlamentare la Covip segnala che le condizioni di offerta proposte dalle imprese di assicurazione sul mercato delle rendite vitalizie, per una serie di ragioni,  risultano economicamente poco convenienti rispetto all’aspettativa di vita stimata in base all’andamento della sopravvivenza alle diverse età effettivamente osservata per l’intera popolazione.   La Autorità di Vigilanza sta  esplorando la possibilità di porre in essere iniziative utili a favorire la proposta di prestazioni previdenziali che comunque almeno in parte contribuiscano, diversamente dalla mera erogazione del capitale accumulato, alla mitigazione del rischio di longevità. In particolare, in alternativa totale o parziale alle rendite vitalizie immediate, potrebbero essere considerate erogazioni programmate in cifra fissa, ovvero rendite vitalizie differite fino a un’età avanzata, oppure ancora schemi di rendita vitalizia che internalizzino la copertura del rischio di longevità nella collettività di riferimento e risultino quindi più convenienti di quelle attualmente offerte sul mercato,