Le dinamiche avverse che colpiscono le Azioni

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Le azioni devono adeguarsi all’inflazione core radicata

Dopo il rimbalzo iniziato il 25 maggio, i titoli azionari globali sono entrati in una fase di consolidamento che è partita dalla scorsa settimana. Il selloff si è esteso ed è via via peggiorato con i futures Nasdaq 100 che hanno toccato i minimi del ciclo intorno a 11.530, mentre il Bitcoin è scambiato intorno a 23.600 a seguito della decisione di Celsius (istituto di credito di criptovalute) di fermare i prelievi.

I tassi di interesse stanno aumentando con il rendimento a 10 anni negli Stati Uniti ora superiore al 3,% e i futures sui tassi Fed Funds a termine ci suggeriscono un aumento significativo del tasso di interesse overnight negli Stati Uniti nel prossimo anno. Infine, la curva dei rendimenti USA si è invertita suggerendo che la probabilità di una recessione è in crescita. Inoltre, alcuni sondaggi mostrano che le aspettative di inflazione a lungo termine stanno aumentando.

L’attuale tendenza ribassista è dovuta da una combinazione di dinamiche negative che spingono l’intero globo a galoppare verso la modalità di crisi.

I dati sull’inflazione americana hanno evidenziato un indice dei prezzi al consumo, ovvero CPI core m/m, dello 0,6% e, se si escludono tutte le componenti che hanno qualche legame con i prezzi dell’energia, il tasso di inflazione core è ancora alto allo 0,4% m/m, che porta il dato annualizzato al 5%. Di conseguenza, il mercato si sta rendendo conto che la Fed dovrà tirare il freno con forza per fermare l’inflazione e l’aumento dei tassi mercoledì 15 giugno di 75 punti base ne è un esempio. Negli ultimi report che BG SAXO ha diffuso sui drawdown storici delle azioni, è stato sottolineato che questo valore potrebbe estendersi a circa il 30-35% e impiegare più di un anno per raggiungere il minimo dal picco. L’ ipotesi principale è che l’attuale drawdown sia un mix delle dinamiche viste durante la bolla della new economy dei primi anni 2000 (quella delle dot-com) e la crisi energetica degli anni ’70.

Oltre ai dati sull’inflazione negli Stati Uniti, il mondo ha anche potuto “vedere le carte” di Putin che, in un discorso di alcuni giorni fa, ha affermato di considerarsi il nuovo Pietro il Grande, ovvero che la sua politica attuale è, in realtà, una crociata per “riprendersi le terre russe”.

Risulta, dunque, più chiaro che la Russia sta usando la guerra in Ucraina per inscenare una crisi alimentare. A riguardo, il professore di storia di Yale Timothy Snyder sostiene che la strategia deliberata della Russia è quella di causare una crisi che colpirà duramente l’Africa e potrebbe causare flussi dirompenti di immigrati verso l’Europa che destabilizzeranno il continente.

Gli operatori di mercato si stanno preparando sempre più a una crisi energetica e alimentare che si estenderà fino al 2023, eserciterà pressioni al rialzo sull’inflazione e provocherà una recessione economica in molti paesi dei mercati emergenti.

Come se non bastasse, lo scorso fine settimana, ha evidenziato che il ritorno alla normalità post pandemia della Cina si rivela sempre più difficile. In alcune regioni, la prevista riapertura delle scuole è stata posticipata e sono stati introdotti test di massa a Shanghai dopo nuovi casi di Covid. Sfortunatamente, sembra che la Cina sarà interessata da nuovi lockdown per il resto dell’anno: questo provocherà continue e ulteriori interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali.