Inflazione, siamo sull’orlo di un cambio di regime?

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In politica, un cambio di regime significa tipicamente che un partito ne sostituisce un altro al governo; in economia, lo stesso termine è usato per indicare uno spostamento all’interno del sistema economico o finanziario. Mentre i cambiamenti di regime politico sono piuttosto facili da identificare, definire un cambio di regime in economia può essere più complicato.

Prendiamo per esempio l’inflazione. Il mondo sviluppato è stato in un regime di inflazione strutturale per una parte significativa del periodo dal 1948 al 1980, con i livelli dei prezzi che sono aumentati in modo aggressivo dopo la seconda guerra mondiale, un’economia statunitense in forte espansione dalla metà degli anni ’60 e i rincari del petrolio degli anni ’70. Dal 1980, tuttavia, siamo entrati in un regime di disinflazione strutturale. Sotto Paul Volcker, presidente della Federal Reserve per gran parte degli anni ’80, l’inflazione è stata contenuta grazie alla sua attenzione alla crescita dell’offerta di moneta piuttosto che ai tassi di interesse, e i livelli dei prezzi sono rimasti bassi e stabili fino all’epoca del Covid.

Se dal terzo trimestre del 2020 abbiamo assistito a persistenti rialzi, oggi non è chiaro quale potrà essere la forma del prossimo regime di inflazione è. A nostro avviso, questo dipende interamente da quello che faranno le banche centrali.

Una recessione è inevitabile?

Se l’inflazione non si correggerà da sola, occorrerà prendere una decisione tra due scenari: o una profonda recessione o un cambio di paradigma, una volta per tutte, nel regime di inflazione.Per quanto riguarda il primo scenario, le banche centrali possono inasprire la politica per un periodo prolungato e riportare l’inflazione sotto controllo, provocando così una recessione.

Se guardiamo al passato, qualcosa di simile è successo con l’ondata di inflazione del dopoguerra alla fine degli anni ’40. All’epoca, ci fu un improvviso aumento della domanda fino a quel momento repressa dei consumatori che volevano spendere, ci furono interruzioni della catena di approvvigionamento e shock diffusi delle materie prime. La Fed – che aveva triplicato l’offerta di moneta dal 1939 al 1946 per aiutare a finanziare lo sforzo bellico – cercò di restringere il proprio bilancio e diminuire la disponibilità di credito. Il risultato fu che l’inflazione scese bruscamente da quasi il 20% a un ambiente deflazionistico e dalla fine del 1948 si registrò una recessione di 11 mesi.

La seconda opzione che hanno le banche centrali è quella di adottare politiche restrittive, ma poi indietreggiare rapidamente da questa linea a causa della debolezza della crescita, senza riportare completamente l’inflazione sotto controllo. È probabile che questa seconda decisione avrà effetti più negativi nel lungo periodo, aumentando la probabilità di una stagflazione, che storicamente porta a una debolezza degli asset di rischio a causa di un contesto di crescita più debole, ma, a differenza dello scenario recessivo, le obbligazioni sottoperformano notevolmente e gli asset reali offrono protezione dall’inflazione.

Cosa stanno facendo effettivamente le banche centrali?

Le banche centrali non hanno goduto di un’ottima fame negli ultimi mesi. Si sbagliavano sull’inflazione perché i loro modelli sono progettati per prevedere sempre il ritorno dell’inflazione al suo target e quindi non sono in grado di affrontare gli shock. L’analisi delle previsioni sull’inflazione nel terzo trimestre del 2020 per Stati Uniti, zona Euro, Giappone e Cina permette di evidenziare questo aspetto. Erano modelli estremamente imprecisi, tanto che un generatore di numeri casuali avrebbe ottenuto previsioni più precise. Ad essere onesti, le previsioni fatte da società private non erano migliori.

Abbiamo anche avuto diversi shock economici di ampia portata e interconnessi che hanno continuato ad estendersi dai beni ai servizi, compresi i colli di bottiglia sul lato dell’offerta in tutti i settori coinvolti dai tagli indotti dalla pandemia e, naturalmente, la guerra in Ucraina. Ciò ha lasciato le banche centrali dietro la curva. Ma ora stanno operando come devono e le condizioni  finanziarie stanno diventando più restrittive.

L’attuale ciclo di rialzi è già uno dei più veloci degli ultimi decenni, con il tasso ufficiale della Fed che dovrebbe avvicinarsi al 3,6% entro la fine del 2022. Per ora, la Banca è stata molto chiara sul fatto che non vuole passare a un regime di inflazione più elevato. Se questo avvenisse a scapito della crescita e dei prezzi degli asset più deboli, allora quello appena delineato è il prezzo che sarebbe disposta a pagare.