Gli aumenti dei tassi della Fed spingono il dollaro

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La scorsa settimana è stata una delle più agitate nei mercati valutari degli ultimi tempi.

Gli operatori di mercato si sono concentrati principalmente sui toni aggressivi della Federal Reserve ma anche altre banche centrali (Svizzera, Svezia, Sud Africa e Regno Unito) hanno alzato i tassi e lanciato l’allarme sull’inflazione. L’unica eccezione è stata la Bank of Japan, anche se il governo è dovuto intervenire sui mercati per contenere l’inarrestabile deprezzamento dello yen. Ora, sotto i riflettori, c’è la Banca d’Inghilterra dopo che i mercati hanno reagito negativamente alla proposta del governo di aumentare il deficit di alcune decine di miliardi, facendo crollare i titoli di stato e la sterlina. In generale, i rendimenti sono aumentati in tutto il mondo, gli asset rischiosi sono crollati e gli investitori si sono spostati verso asset rifugio come il dollaro, che ha registrato un forte rialzo contro ogni altra valuta ad eccezione dello yen.

In un contesto inflazionistico, le svalutazioni delle divise rappresentano una variabile molto sgradita e ci aspettiamo che i governi e le banche centrali seguano le orme del Giappone e inizino a limitare il deprezzamento delle valute locali con ulteriori rialzi o con un intervento diretto. A rompere il ghiaccio, dovrebbe essere la Banca d’Inghilterra dopo il crollo della scorsa settimana della sterlina. Anche l’Eurozona attirerà attenzione, a partire dalla reazione del mercato alla vittoria della destra alle elezioni italiane e seguita dal dato sull’inflazione di settembre in uscita venerdì. Ad ogni modo, il disastro sui mercati obbligazionari e valutari del Regno Unito suggerisce che i mercati non vedono in modo positivo l’aumento dei deficit pubblici.

EUR

Gli indici PMI si sono lievemente indeboliti, come previsto, su livelli coerenti con un’economia forse avviata alla stagnazione o ad una leggera recessione, con una notevole divergenza tra Germania e Francia, che è ancora in crescita. L’euro si è indebolito a seguito della fuga generale verso il dollaro, ma vale la pena sottolineare che la scorsa settimana i tassi sono aumentati di più nell’Eurozona che negli Stati Uniti, dato che la BCE ha preso atto della realtà e ha iniziato la sua politica monetaria restrittiva.

L’inflazione a settembre dovrebbe raggiungere l’ennesimo record sia nell’indice principale che in quello core e la svalutazione dell’euro non fa altro che peggiorare la situazione. Anche dopo il deciso aumento dei rendimenti della scorsa settimana, i mercati scontano un rialzo dei tassi da parte della BCE solo fino al 3%, che a nostro avviso sembra troppo basso.

 

USD

La Federal Reserve ha aumentato i tassi di 75 punti base, inviando un messaggio inequivocabilmente aggressivo nel “dot plot”, che mostra che i membri della Fed si aspettano un tasso di riferimento oltre il 4.5% entro la fine del 2022. Il presidente Powell ha ribadito che i tassi aumenteranno finché l’inflazione rimarrà inaccettabilmente alta, anche a costo di un aumento della disoccupazione. L’unico dato macroeconomico degno di nota questa settimana è il rapporto sull’inflazione PCE di venerdì, oltre a diversi interventi di alcuni membri della Federal Reserve. Non ci aspettiamo però toni troppo diversi rispetto a  quelli usati da Powell nella riunione della scorsa settimana.

 

GBP

La riunione relativamente tranquilla della Banca d’Inghilterra di giovedì è stata seguita da una drammatica giornata di negoziazione il giorno dopo. Il primo ministro Truss ha introdotto ingenti tagli alle tasse finanziati da una massiccia espansione dei deficit e da emissioni obbligazionarie. I mercati non hanno accolto bene la notizia. I Gilt hanno forse avuto il loro peggior giorno di negoziazione nella storia, con movimenti surreali anche superiori a 50 punti base, e la sterlina è crollata contro ogni altra valuta principale, in particolare il dollaro USA. Le notizie economiche passeranno in secondo piano per qualche tempo, poiché tutti gli occhi sono ora puntati sulla reazione della Banca d’Inghilterra alla manovra finanziaria  apertamente inflazionistica dei conservatori. Non escludiamo la possibilità di un aumento di emergenza dei tassi per sostenere la valuta. In ogni caso, i mercati stanno scontando una risposta forte, inclusi 200 punti base di rialzi entro la fine dell’anno con tassi che chiuderanno il 2022  più vicini al 6% che al 5%.