Proteggersi dall’inflazione: realtà e fantasia

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Negli Stati Uniti l’inflazione si mantiene a livelli relativamente contenuti dal 1983. Fino a poco tempo fa, si aggirava intorno al 2% su base annua. Gli effetti di un’inflazione elevata sulla salute di un’economia sono ben noti. L’inflazione inattesa danneggia i creditori, poiché otterranno un rimborso di valore inferiore. È distruttiva per gli investimenti, perché disincentiva i fornitori di capitali (i creditori) dal prestare denaro. Meno noti, tuttavia, sono gli effetti degli shock inflazionistici (variazioni dell’inflazione corrente o delle aspettative inflazionistiche) sulle classi di attivi, più che sulle economie. Qui ci concentriamo su alcune delle lezioni chiave che abbiamo appreso dalla storia.

Il classico portafoglio 60/40

Tradizionalmente, il pensiero comune ha espresso orientamenti divergenti sul presunto comportamento di azioni e obbligazioni in un contesto inflazionistico: secondo alcuni, le azioni dovrebbero essere protette da un’inflazione elevata. Come sappiamo, tuttavia, non sempre la teoria regge alla prova dei fatti.

Tradizionalmente, alcuni accademici e investitori ritenevano che il valore reale di un’impresa non dovesse avere nulla a che fare con l’inflazione, in quanto le imprese si occupano di acquistare beni reali – fabbriche, camion, contratti di lavoro, brevetti – e di vendere beni reali (beni e servizi per consumatori o imprese). Tuttavia, durante la “Grande inflazione” del 1965-1982, le azioni non hanno accumulato alcun premio al rischio e hanno reso meno dei buoni del Tesoro (un asset spesso utilizzato come equivalente della liquidità). Applicando i principi economici, ipotizziamo che un’inflazione inattesa sia negativa per le azioni – almeno nel breve periodo – che ne risentono in due modi diversi: (1) tassi di sconto nominali più elevati e (2) l’impossibilità per le imprese di aumentare sempre i prezzi di vendita abbastanza velocemente da compensare l’aumento dei salari e degli altri costi.

Nel lungo periodo, un certo sostegno potrebbe venire alle azioni dalla capacità delle imprese di apportare aggiustamenti graduali per trasferire ai consumatori i maggiori costi dei fattori di produzione sotto forma di prezzi più alti – magari non sufficienti a ottenere grandi profitti (ossia a una crescita robusta), ma almeno a sopravvivere. Alla fine, le economie tendono a ripristinare un equilibrio tra domanda e offerta; l’impennata dei prezzi dovrebbe smorzare la domanda, che a sua volta normalmente costringe i prezzi a scendere. A quel punto la domanda recupera terreno. In questo genere di fase disinflazionistica, anche le azioni potrebbero realizzare buoni risultati, proprio com’è accaduto all’inizio e alla metà degli anni ’80.

Per gli obbligazionisti si ritiene che l’inflazione inattesa produca effetti molto nefasti, perché il mutuatario ripaga il debito in una moneta che si è deprezzata rispetto al suo valore originario. In questo caso, a differenza delle azioni, questa teoria ha retto alla prova dei fatti.

Qui di seguito riportiamo il rendimento di un portafoglio 60/40 “standard” composto in gran parte da azioni statunitensi e obbligazioni core rispetto ai titoli di Stato durante la Grande Inflazione del 1965-1982, nonché dall’inizio del 2022 ad oggi. Al 31 dicembre 2021 la quota di azioni detenute dalle famiglie, in percentuale della loro ricchezza finanziaria, era pari al 40% circa, non lontano dal massimo storico di poco meno del 42%, stabilito appena un trimestre prima. Non sorprende quindi che gli investitori siano giustamente preoccupati e cerchino investimenti che possano offrire protezione dall’inflazione.

 

 

La gestione attiva del portafoglio può offrire una certa protezione dall’inflazione, attraverso un’adeguata selezione di azioni e obbligazioni. Questi metodi comprendono il ricorso a:

  • Azioni in grado di trasferire più facilmente gli aumenti dei costi ai consumatori sotto forma di prezzi più elevati (potere di determinazione dei prezzi).
  • Azioni e obbligazioni di una valuta estera non soggetta a inflazione (o quantomeno in misura inferiore rispetto ad altri mercati). Ciò comporta tuttavia una serie di rischi.
  • Obbligazioni con duration più breve rispetto a quelle con duration più lunga, i cui prezzi dipendono meno dall’aumento dei tassi.
    Titoli di Stato a scadenze scaglionate.

Tuttavia, riteniamo che il modo più efficace per mettere un portafoglio al riparo dai danni dell’inflazione consista nell’includere attivi meccanicamente legati all’aumento dei prezzi. Come abbiamo osservato nel nostro documento del 2022, gli asset che rientrano in questa categoria sono i titoli del Tesoro statunitense protetti dall’inflazione (TIPS), il mercato immobiliare privato e le materie prime.

  • TIPS: un meccanismo a tasso variabile che fornisce un’esposizione automatica all’Indice dei prezzi al consumo.
  • Mercato immobiliare privato: gli affitti, e quindi i prezzi di vendita, tendono a crescere con i redditi nominali.
  • Materie prime: sono i fattori di produzione più basilari della nostra economia. In quanto asset class, comprendono energia, metalli di base, metalli preziosi e agricoltura: tutto quanto venga utilizzato per “produrre qualcosa”.

 

 

Altri elementi chiave per la gestione del portafoglio

Come abbiamo accennato, le coperture dall’inflazione non sono storicamente efficaci nel breve periodo, ma le azioni e le obbligazioni hanno ottenuto risultati straordinariamente soddisfacenti al diminuire dei tassi d’inflazione. Gli investitori a lungo termine possono beneficiare di questi asset anche in periodi di inflazione elevata, perché, come nel caso dei cali di mercato, è estremamente difficile anticipare i punti di flesso.

Riteniamo che l’immobiliare privato offra una copertura più efficace contro l’inflazione rispetto alle azioni, almeno nel breve periodo. Molti contratti di locazione prevedono clausole di adeguamento, che legano automaticamente i canoni all’inflazione. Inoltre, nei periodi di crescita economica, la domanda di spazi in affitto può essere elevata. Tuttavia, questo legame con l’economia reale può anche erodere l’utilità dell’immobiliare privato come copertura dall’inflazione e non è possibile soffermarsi qui sugli specifici elementi positivi e negativi.

Rileviamo inoltre che i fondi di investimento immobiliare (REIT) quotati in borsa possono esporre gli investitori a un settore specifico, ma tendono a essere maggiormente correlati con le azioni (una copertura dell’inflazione meno efficace nel breve termine rispetto all’immobiliare privato).

A differenza delle asset class precedentemente citate, le materie prime hanno registrato performance contrastanti nei periodi di inflazione positiva e hanno deluso gli investitori nei periodi di disinflazione (ottenendo un extra-rendimento solo rispetto ai titoli del Tesoro). Per quanto riguarda le materie prime, osserviamo che:

  • Il trend di lungo periodo dei prezzi delle materie prime è diventato volatile e discendente, in parte per via dell’utilizzo più efficiente di questi asset che ne fa una una copertura rischiosa.
  • Per le materie prime, in genere i futures sovraperformano i prezzi spot e offrono potenzialmente una migliore copertura dall’inflazione.
  • Nel rapporto fra commodity e inflazione, non esiste una ricetta “ideale per tutti”, perché la performance di alcune materie prime dipenderà dalla causa dello shock inflazionistico. Quando l’inflazione è causata da uno specifico shock dell’offerta, il prezzo di quel prodotto di base è destinato a rincarare. Ad esempio, il 18 agosto il prezzo del greggio Brent è salito del 23,4% su base annua, mentre i metalli industriali in generale sono scesi del 9,4%.
  • Se l’inflazione è trainata da una forte domanda, tuttavia, è possibile che le materie prime in generale beneficino di una ripresa.

Nell’insieme, comunque, è del tutto probabile che la volatilità dell’asset class giustifichi un’esposizione limitata per la maggior parte degli investitori.

Infine, anche se i rendimenti modesti non offriranno un rendimento assoluto elevato, un portafoglio di Treasury a scadenze scaglionate offre un’efficace copertura dall’inflazione se reinvestito costantemente a nuovi tassi più elevati.

L’inflazione corrente e la Federal Reserve (Fed)

La Fed è molto aggressiva e ha sottolineato il suo impegno a contenere l’inflazione. L’aumento dei tassi d’interesse esercita una pressione al ribasso sull’inflazione, calmierando la domanda e, come già ricordato, aiutando l’economia a raggiungere un equilibrio tra domanda e offerta. Tuttavia, il mondo sta attualmente sperimentando una serie di carenze dal lato dell’offerta, causate dai lockdown legati al COVID-19 in Cina, da una bassa partecipazione della forza lavoro e dalla scarsità di materie prime dovuta alla guerra tra Russia e Ucraina. I livelli dei tassi di interesse incidono minimamente su questi aspetti. Un atterraggio morbido (inasprimento delle condizioni monetarie senza indurre una recessione) è possibile ma, a nostro avviso, molto difficile da realizzare. In effetti, secondo il nostro scenario di base, nei prossimi 12 mesi gli Stati Uniti attraverseranno una lieve recessione.