L’impatto del rischio idrogeologico sul patrimonio immobiliare italiano

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L’Italia è soggetta a un elevato rischio idrogeologico. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) relative al 2020, il 20 per cento della popolazione risiede in aree potenzialmente soggette ad alluvioni e il 2,2 per cento si trova in zone ad elevata pericolosità di frane . In tale contesto, il cambiamento climatico, che secondo gli scenari attesi comporterà un aumento della frequenza dei fenomeni meteorologici estremi, avrà un impatto significativo sulle famiglie e sull’attività economica.

Lo sottolinea un interessante Paper della Banca d’Italia che illustra le principali fonti di dati e la metodologia per la stima dell’impatto del rischio di alluvione nel nostro Paese e fornisce una valutazione del potenziale danno fisico al patrimonio abitativo, individuando le principali carenze nell’attuale set informativo.

Le valutazioni sull’esposizione e la perdita annua attesa sono molto variabili a seconda degli scenari di pericolosità utilizzati, delle assunzioni sulla vulnerabilità degli edifici e del livello di granularità dei dati. Sulla base delle stime ritenute più affidabili, il valore delle abitazioni potenzialmente esposte ad alluvioni è prossimo a 1.000 miliardi di euro (ai valori del 2020), circa un quarto del totale, e la perdita annua attesa che ne deriva è stimabile nell’ordine dei tre miliardi di euro Si sottolinea poi come le stime della perdita annua attesa possono variare in maniera molto significativa a seconda del set informativo a disposizione che consente di misurare in maniera più o meno precisa la vulnerabilità del patrimonio abitativo e delle stime dei periodi di ritorno delle alluvioni.

Le analisi sviluppate dal Paper mostrano che prendere in considerazione solo l’estensione delle aree inondabili non è sufficiente per una corretta misurazione dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Si sottolinea ancora come mappe di pericolosità anche molto diverse possono portare a misurazioni della perdita annua attesa molto simili, ma ciò non implica un’equivalente validità scientifica delle diverse mappe di rischio che è una valutazione che non può essere effettuata dallo statistico o dall’economista.

In prospettiva, prosegue lo studio, da un punto di vista metodologico, una stima più accurata della perdita annua attesa beneficerebbe della disponibilità di dati catastali a livello di singolo edificio. Sarebbe inoltre estremamente utile che le mappe di pericolosità includessero anche le stime sui tiranti idrici, che consentirebbero una migliore valutazione della vulnerabilità degli immobili. Si evidenzia ancora come il quadro analitico descritto nel Paper potrebbe essere impiegato per una prima valutazione del potenziale impatto del rischio di alluvione sulle attività produttive, utilizzando i dati a livello di sezione del Censimento dell’industria e dei servizi del 2012.