L’impatto delle elezioni USA sulle valute dei mercati emergenti

-

I risultati delle elezioni presidenziali USA di novembre 2024 sono destinati ad avere implicazioni di ampa portata sul dollaro USA e sui tassi di cambio dei mercati emergenti (ME). In questa analisi esamineremo le possibili conseguenze delle elezioni sulle valute dei ME, attraverso l’impatto sui dazi, le sanzioni, la politica fiscale, le politiche economiche non ortodosse e l’immigrazione.

Dazi

La politica commerciale sarà probabilmente l’elemento principale attraverso cui le elezioni statunitensi influiranno sui tassi di cambio dei ME. Trump ha sempre considerato i dazi commerciali un elemento chiave della sua strategia, con particolare riferimento alla Cina. Esistono varie modalità con cui Trump potrebbe applicare dazi anche senza l’approvazione del Congresso; il potenziale impatto è complesso e dipende da come saranno strutturati, quando saranno applicati e per quanto. Durante il primo mandato di Trump, i dazi medi sulle importazioni statunitensi dalla Cina sono aumentati dal 4% al 17% e questo, secondo un report del WTO del 20201 si è tradotto in una netta riduzione degli scambi commerciali tra gli USA e la Cina con un sostanziale dirottamento dei commerci verso altre regioni. Se la domanda di beni importati è elastica, i dazi andranno a ridurla, ridimensionando di conseguenza la domanda delle valute estere coinvolte. Ad esempio, se gli importatori USA acquisteranno meno merci dalla Cina a causa dei dazi, la domanda di yuan cinese (CNY) calerà a sua volta, determinandone un deprezzamento.

I partner commerciali che controllano i tassi di cambio potrebbero lasciar deprezzare le loro valute per compensare l’effetto dei dazi, indebolendole ulteriormente. Generalmente la domanda diventa più elastica con il tempo perché i consumatori iniziano a reperire beni sostitutivi e modificare le loro abitudini di consumo.

L’altro impatto è di natura inflazionistica. Alzare il costo dei beni importati potrebbe indurre le aziende a riversare gli aumenti sui consumatori. I dazi possono inoltre limitare la concorrenza dall’estero, offrendo ai produttori nazionali più margine per alzare i prezzi e intensificando le pressioni inflazionistiche. Se questo si tradurrà in un’inflazione sostenuta e un deprezzamento del dollaro dipenderà dalla risposta della Federal Reserve USA (Fed) a questo shock dei prezzi.

Pur non essendo il nostro scenario di base, è necessario considerare anche eventuali ritorsioni da parte di altri Paesi. Il risultato finale potrebbe essere un calo dei commerci e della crescita globale, probabilmente senza grossi cambiamenti a livello di bilancia commerciale o valori delle valute.

Sanzioni/diplomazia

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un netto incremento delle sanzioni. Un evento importante è stata l’imposizione di sanzioni significative da parte di UE e USA nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina; inoltre, gli USA hanno esteso le politiche economiche ad altre aree, vietando ad esempio la vendita di semiconduttori avanzati alla Cina. Queste politiche hanno avuto un impatto tangibile sui tassi di cambio dei ME, e nello specifico nel 2022 hanno innescato una notevole volatilità nel rublo.

La prospettiva di sanzioni economiche ha creato vulnerabilità in altri tassi di cambio dei ME anche quando le sanzioni non sono state effettivamente implementate. Il tasso di cambio del Sudafrica, ad esempio, è stato influenzato dalla dichiarazione dell’ambasciatore USA secondo cui il Paese avrebbe fornito armi alla Russia. Allo stesso modo, nel 2018 i dazi sull’alluminio e l’acciaio, insieme ad altre minacce economiche, hanno reso fortemente volatile il tasso di cambio in Turchia.

Politica fiscale USA

Durante la precedente amministrazione Trump la politica fiscale USA ha mostrato un approccio decisamente pro-ciclico ma il programma futuro dipenderà dalla composizione del Congresso, la cui approvazione è necessaria per apportare modifiche su questo fronte. Se da un lato la pandemia ha determinato un allentamento fiscale senza precedenti su scala globale, gli USA sono riusciti a perseguire politiche fiscali estremamente espansive sia in termini assoluti che in rapporto all’entità dell’economia. I deficit primari cumulativi, rettificati per il ciclo, hanno superato quelli di tutte le altre principali economie. La politica fiscale espansiva ha influito sui ME principalmente attraverso l’inflazione più elevata negli USA, sia direttamente tramite pressioni inflazionistiche globali che indirettamente a fronte dell’approccio più aggressivo adottato dalla Fed, che a sua volta ha indotto alcune banche centrali dei ME a mantenere più elevati i rispettivi tassi di interesse. Questo vale soprattutto per le economie meno sviluppate vulnerabili al rischio di inflazione e di stabilità finanziaria, in particolare quelle caratterizzate da un’inflazione elevata o persistente e una stabilità esterna ridotta. Le banche centrali di questi Paesi potrebbero tagliare i tassi in misura minore o addirittura alzarli, in funzione dell’entità delle oscillazioni dei tassi di cambio.

Nei Paesi dei ME più sviluppati, in particolare in Asia, le banche centrali hanno maturato più fiducia nell’anticipare la Fed, grazie all’assenza di pressione sistemica sui sistemi finanziari e allo sviluppo di mercati più profondi e liquidi a livello locale. Le banche centrali di questi Paesi potrebbero dare la priorità a mitigare l’impatto dei dazi sulla crescita, sfruttando la debolezza dei tassi di cambio e tagliando i tassi d’interesse.

Politica economica non ortodossa

Una politica economica più irregolare e imprevedibile potrebbe avere effetti opposti sul dollaro e dunque sulle valute dei ME, ma sembra probabile una maggiore volatilità. Tra le argomentazioni a favore di un rafforzamento delle valute dei ME va citata la chiara preferenza di Trump per un deprezzamento del dollaro.

Implicazioni per gli investimenti

Nel complesso l’esito delle elezioni, le politiche che saranno attuate dalla nuova amministrazione USA e il relativo impatto sui ME sono piuttosto incerti. Nel caso di un apprezzamento del dollaro, le valute dei ME dovrebbero registrare un calo piuttosto generalizzato, sebbene alcune siano più sensibili di altre alla solidità del biglietto verde. Tra queste le valute dei Paesi che ricorrono ampiamente alle importazioni, in particolare quelli che hanno ampi deficit commerciali come il Senegal e il Kenya. Altre valute sono più sensibili alla propensione al rischio e alle aspettative sulla crescita globale, tra cui le valute commodity come il rand sudafricano, il real brasiliano e il peso colombiano.

Alcune valute sono influenzate da politiche specifiche. Le preoccupazioni relative ai dazi influirebbero principalmente sulla Cina, mentre Messico, Trinidad e Costa Rica sono i Paesi che esportano di più verso gli USA. Un aumento significativo dei dazi USA potrebbe influire sulle supply chain globali, rendendo l’esposizione al commercio globale tanto importante quanto l’esposizione agli USA. Corea, Taiwan e Messico sono noti per l’ampia esposizione dei loro ricavi agli Stati Uniti, e le loro economie sono fortemente dipendenti dagli input dalla Cina. Il Messico è inoltre vulnerabile alle possibili variazioni della politica statunitense in materia di immigrazione: eventuali ripercussioni negative sulle rimesse ne danneggerebbero la crescita, le partite correnti, e dunque la valuta.

Altre valute potrebbero beneficiare di un aumento dei flussi bilaterali, ad esempio l’Argentina con un potenziale alleggerimento delle condizioni relative ai deal con il FMI.