Per le valute dei mercati emergenti il contesto rimane favorevole nonostante il calo del carry trade

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Da inizio anno il carry trade dei mercati emergenti (ME)[1] si è rivelato una strategia di successo, poiché molti Paesi di tali mercati, in particolare quelli dell’America Latina, sono stati in grado di offrire agli investitori tassi di interesse reali elevati, rischi politici ridotti e valutazioni interessanti. La solidità del carry trade dei ME sembra ora svanire con l’avvio dei tagli dei tassi da parte delle banche centrali di questi mercati. L’Ungheria ha dato il via al ciclo di tagli dei tassi a maggio, mentre Cile, Brasile e Polonia hanno seguito l’esempio nel corso dell’estate. I mercati prevedono che la maggior parte dei restanti Paesi dell’America Latina e dell’Europa centrale/orientale si uniranno al ciclo di taglio dei tassi nel corso dell’anno, mentre l’Asia probabilmente inizierà l’anno prossimo. Nel frattempo, i tassi reali statunitensi sono saliti (e ora sono positivi), mentre le aspettative di taglio dei tassi sono state posticipate al 2024 per Stati Uniti ed Eurozona.

Tale riduzione dei differenziali dei tassi di interesse tra i Paesi dei ME e quelli dei mercati sviluppati (MS) potrebbe indebolire alcune valute dei ME, come accaduto in Cile all’inizio di quest’anno. L’affollato posizionamento degli investitori rispetto ai carry trade dei ME, inoltre, è potenzialmente in grado di amplificare qualsiasi inversione di tendenza. Detto questo, dato l’elevato tasso di interesse di partenza di molti Paesi dei ME, i tassi reali potrebbero continuare a sembrare interessanti anche quando le banche centrali opereranno tagli dei tassi. Il Brasile ne è un esempio, con tassi reali superiori al 4%[2]. L’andamento ribassista dell’inflazione primaria dei ME sta portando anche a un miglioramento dei premi al rischio reali. Inoltre, in molti casi, gli investitori si basano sulla propensione al rischio e sui fondamentali, oltre che sul differenziale dei tassi reali. Di seguito analizzeremo entrambi questi fattori.

Aumento dell’avversione al rischio, ma relativamente contenuto

In genere, i tassi di cambio dei ME sono percepiti come asset class a più alto rischio e pertanto, in caso di contesti di propensione al rischio, le valute dei ME tendono a ricevere maggiori afflussi, mentre è vero il contrario nei contesti di avversione al rischio. La propensione al rischio comprende un’ampia gamma di fattori, tra cui il ciclo macroeconomico globale, i rischi finanziari e geopolitici e gli shock ad hoc, come la pandemia. Le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono forse la principale fonte di rischio geopolitico per i mercati globali, in quanto le società europee e americane continuano a dipendere dalla Cina per quanto riguarda ricavi, filiere e produzione, mentre il conflitto in corso tra Russia e Ucraina e la de-dollarizzazione dell’economia globale (anche se non crediamo che possa avvenire a breve) pongono ulteriori rischi al panorama geopolitico. Sul fronte positivo, una recessione negli Stati Uniti sembra ora meno probabile, mentre i ME escl. Cina sembrano resilienti con dati relativi all’attività relativamente solidi unitamente a una continua disinflazione.

I fondamentali dei ME offrono supporto ad alcune valute di tali mercati

I fondamentali dei Paesi dei ME svolgono un ruolo attivo nel determinare il livello di vulnerabilità delle valute dei mercati emergenti a una riduzione del differenziale dei tassi reali o a un cambiamento della propensione al rischio. Ad esempio, un calo della propensione al rischio nel 2022, insieme a un aumento dei tassi di interesse statunitensi, ha comportato un netto aumento dei costi di finanziamento per gli emittenti di debito in dollari nei ME con fondamentali più deboli, quali Sri Lanka, Ghana e Pakistan. Alcuni di questi Paesi più di frontiera hanno dovuto affrontare importanti adeguamenti valutari – alcuni sono stati di fatto esclusi dai mercati primari – mentre le ristrutturazioni del debito sovrano hanno raggiunto livelli record.

La situazione si è rivelata completamente diversa per alcuni dei Paesi dei ME più sviluppati, quali Brasile e Messico, molti dei quali sono stati meno dipendenti dai finanziamenti esteri rispetto ai periodi di volatilità precedenti. Questi Paesi emettono ormai titoli a più lunga scadenza e la quota delle obbligazioni in valuta locale in capo a soggetti esteri è generalmente diminuita. Molti di essi presentano situazioni patrimoniali sull’estero sufficientemente robuste e un accesso ai capitali che consentono loro di far fronte alla volatilità e si sono dotati di ampie riserve in valuta estera che rimarrebbero consistenti anche in caso di pressioni.

In genere, i Paesi che non dipendono eccessivamente da una specifica materia prima o da un particolare Paese sono meno esposti a un cambiamento delle condizioni macroeconomiche. Se la crescita cinese continuerà a deludere, ad esempio, ciò potrebbe avere un impatto sulle valute con forti legami commerciali con il Paese, come il Cile (che risente anche di un pesante deficit delle partite correnti), sulle valute che dipendono dalle materie prime, come il ringgit malese e il rand sudafricano (entrambi dipendenti dall’acciaio) e su quelle che hanno legami finanziari con la Cina, come il baht thailandese e il won coreano. Valute come la rupia indiana, il peso colombiano e il peso messicano, invece, dovrebbero dimostrarsi più resilienti.

Infine, anche le solide prospettive di crescita, che possono essere in parte cicliche, sono in grado di sostenere la solidità delle valute. In genere, i Paesi a forte crescita attirano maggiori afflussi, contribuendo al rafforzamento delle valute. L’India è un esempio di Paese che continua a esibire una crescita robusta mentre gran parte del mondo rallenta. Il Paese sta beneficiando di dinamiche demografiche favorevoli e di un credito robusto, unitamente a bilanci solidi del settore privato, un’ampia base di risparmio nazionale ed elevate riserve in valuta estera. I modelli sui tassi di cambio basati sui fondamentali tengono conto di alcuni di questi fattori e cercano di valutare il fair value delle valute. Il grafico seguente mostra il nostro modello valutario interno, FEVER, secondo cui la maggior parte delle valute dei ME rimane sottovalutata, sebbene alcune appaiano ora sopravvalutate, nonostante una prospettiva relativamente positiva a livello di fondamentali, in quanto si sono già apprezzate in modo significativo.

Conclusioni

In linea generale, i fattori alla base del posizionamento dei tassi di cambio dei ME sono tre: i differenziali dei tassi di interesse reali (il carry trade), la propensione al rischio e i fondamentali. I differenziali dei tassi reali si sono ridotti, mentre l’avversione al rischio si è probabilmente accentuata con la flessione della crescita globale. Tuttavia, i fondamentali relativamente solidi della maggior parte dei principali Paesi dei mercati emergenti dovrebbero sostenere i tassi di cambio di tali mercati a partire da un’impennata dell’avversione al rischio. Quest’anno si sono verificati alcuni eventi che avrebbero potuto portare a un netto aumento dell’avversione al rischio (come una crisi delle banche regionali e i timori per una recessione negli Stati Uniti e un rallentamento in Cina), ma i fondamentali relativamente solidi dei principali Paesi dei mercati emergenti hanno fatto sì che le eventuali contrazioni siano state relativamente modeste e i tassi di cambio si siano ripresi rapidamente.

1. Un “carry trade” sul tasso di cambio è in contrasto con la teoria della parità scoperta dei tassi di interesse. Secondo tale teoria, la variazione attesa di un tasso di cambio dovrebbe essere pari al differenziale del tasso di interesse delle due valute nello stesso periodo. Se ciò non accade, in teoria, è possibile ottenere un rendimento anomalo, utilizzando il carry trade, prendendo in prestito una valuta a basso tasso di interesse e investendo in una valuta a tasso di interesse più elevato.

2. Dati al 5 settembre 2023. Fonte: Bloomberg