L’anatocismo esce dalla porta e torna dalla finestra

di Rosaria Barrile -

Vietato per legge, di fatto però può essere ancora applicato al calcolo degli interessi da restituire alla banca ma solo col consenso del risparmiatore

È appena entrato in vigore e ha già fatto rimpiangere la disciplina esistente in passato. Stiamo parlando del decreto che disciplina il calcolo degli interessi a debito e a credito dei conti corrente.

 

Le nuove norme prevedono che essi debbano avere la stessa periodicità e che il periodo di calcolo non possa essere inferiore all’anno. Il calcolo deve avvenire alla fine dell’anno solare e il pagamento non può essere richiesto dalle banche prima del 1° marzo dell’anno seguente.

E fin qui le nuove norme fanno chiarezza. Discorso diverso invece per quanto riguarda il conteggio degli interessi da pagare in caso di “aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento” e di “sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido”. Nel caso di interessi debitori infatti il cliente può quindi decidere di pagare subito oppure potrà autorizzare la banca a calcolare gli interessi dovuti aggiungendoli al capitale già a debito sul conto ma solo ed esclusivamente firmando un’apposita dichiarazione scritta.

La questione più critica è inerente proprio questo passaggio: secondo la norma, tecnicamente, gli “interessi” si trasformano in “capitale” e pertanto su questo possono essere legittimamente calcolati nuovi interessi. Cambiano i termini perché non si parla più di anatocismo ma la sostanza resta la stessa.

L’unica cosa che cambia è che le banche non possono più applicarlo automaticamente, ma devono chiedere espressamente ai loro clienti l’autorizzazione ad usare tale metodo di calcolo, ovvero l’addebito in conto degli interessi debitori.

Contro questa impostazione stanno già alzando gli scudi alcune associazioni dei consumatori. Il dubbio infatti è che su questo passaggio si sia fatto un passo indietro invece che uno avanti.

La legge di Stabilità del 2014 infatti aveva stabilito una sorta di “sterilizzazione” degli interessi: in pratica questi non potevano essere sommati al capitale, bensì andavano a costituire una sorte di “monte interessi” che non venivano sommati al capitale da restituire. Oggi invece questa previsione è stata accantonata.

Chi entro il primo marzo non paga gli interessi dovuti e conteggiati al 31 dicembre si trova di fronte quindi a tre opzioni.

La prima, di gran lunga preferibile, conti alla mano, è di pagare subito quanto richiesto dalla banca: gli interessi sono infatti calcolati sul capitale originale. Chi sceglie di non pagare subito rischia di pagare di più: se ha autorizzato con una dichiarazione scritta l’addebito in conto, gli interessi dovuti si trasformano in capitale e viene di fatto riapplicato l’anatocismo.

E qui occorre precisare un altro passaggio della norma abbastanza critico: l’accordo tra cliente e banca può essere stretto anche preventivamente, ovvero prima che giungano a maturazione gli interessi sul debito.

Tale accordo, come abbiamo già scritto, può essere sempre revocabile, ma occorre comunicare tale revoca alla propria banca solo prima dell’addebito degli interessi nei conti dei debitori, un passaggio che in genere avviene attorno al 15-20 gennaio, massimo fine gennaio. Altro punto critico: il risparmiatore è nelle condizioni di rifiutare una clausola del genere in termini di forza contrattuale? Anche se l’interrogativo sorge spontaneo, le associazioni dei consumatori non possono fare altro che attendere la prova dei fatti.

Stesso discorso nel caso in cui il risparmiatore abbia deciso di non pagare e di non autorizzare l’addebito in conto. A quel punto le banche nel conteggio finale di quanto dovuto dal risparmiatore applicheranno gli interessi di mora, già oggi ritenuti eccessivamente elevati e poco trasparenti.