Reddito fisso: condizioni favorevoli per il credito corporate

Chris Iggo -

Il Regno Unito è nel caos, ma vi sarebbe andata bene se aveste investito in strumenti finanziari britannici dopo quell’epocale venerdì mattina di un anno fa.

È difficile non essere pessimisti in merito alla politica e all’economia del Paese, tuttavia le prospettive positive su scala globale potrebbero far salire ancora gli investimenti in sterline.

Nel corso di quest’ultimo anno infatti i Gilt hanno conservato i capitali investiti e le azioni hanno fatto guadagnare un sacco di soldi. Persino gli investitori esteri avrebbero fatto bene ad aspettare qualche giorno dopo il referendum prima di acquistare strumenti denominati in sterlina.
Queste performance probabilmente si possono spiegare soprattutto attraverso fattori globali. È stata e continua a essere una fase rialzista per il mercato globale. Abbiamo appena concluso la nostra review trimestrale sulle prospettive dei mercati obbligazionari mondiali ed è stato difficile contraddire l’opinione per cui le condizioni restano positive per gli strumenti finanziari.

Condizioni favorevoli per il credito corporate
La natura positiva dell’economia globale sembra favorire gli utili aziendali e gli investimenti nel mercato corporate. L’aumento degli utili negli Stati Uniti ha fatto scendere la leva finanziaria delle imprese, ma il debito resta elevato. Secondo noi, il credito corporate è avvantaggiato in questo scenario. Il rendimento complessivo forse non è elevato, ma gli spread di credito resteranno stabili e, col rendimento dei titoli di Stato altrettanto basso, il carry sul credito rispetto ai governativi è interessante. Questo vale anche per il segmento high yield dove i fattori tecnici della domanda e dell’offerta e i fondamentali sono solidi. I timori per la qualità del credito sono relativamente contenuti, e questo vale anche per le componenti meno liquide di questa asset class, come i titoli ABS e i prestiti.

Il reddito fisso ha continuato a produrre rendimenti brillanti e plusvalenze che hanno integrato il reddito contenuto. La fase ribassista nel mercato obbligazionario continua a essere rinviata. Persino i suoi detrattori sul mercato azionario hanno smesso di prevedere l’implosione del reddito fisso ora che il loro mercato sta andando bene. Il mercato tuttavia è costoso e certamente c’è la tentazione di ridurre il rischio, tenersi più liquidità in portafoglio e mantenere un approccio difensivo. Perché? Perché i premi che ricevono gli investitori per il rischio assunto stanno diminuendo. Il premio per il rischio inflazionistico sta diminuendo, il premio per il rischio a termine nella curva dei rendimenti sta diminuendo, e i premi per il rischio di credito sono vicini ai minimi dopo la crisi. E già che ci siamo, anche i premi per il rischio di liquidità stanno scendendo velocemente. Si spera che avere ben presenti i rischi di ribasso aiuti ad adottare una strategia più difensiva al momento giusto.

Quali sono i rischi
I fattori che potrebbero provocare una correzione del mercato obbligazionario sono chiari.

  • Primo, l’imminente variazione dell’equilibro tra domanda e offerta su scala globale dovuta al graduale ridimensionamento di bilancio da parte della Fed e all’avvio del tapering da parte della BCE. Entrambe interverranno gradualmente ma, nel corso del 2018, ci sarà una riduzione complessiva degli acquisti di titoli delle banche centrali per decine di miliardi.
  • Secondo, la banca centrale americana potrebbe alzare i tassi di interesse in linea con le sue stime se il recente calo dell’inflazione dovesse rivelarsi transitorio: i tassi allora saliranno al 3% nel corso del ciclo.
  • Terzo, potrebbe esserci una recessione che provocherà un ampliamento degli spread di credito.

Si parla molto della maturità del ciclo economico, ma i segnali sono pochi. La recessione non sembra imminente, però alla fine il ciclo giungerà al termine e la qualità di credito si deteriorerà. Quando ciò avverrà, il cambiamento sarà piuttosto violento considerata la combinazione tra la liquidità del mercato in rapida diminuzione e l’affollamento delle posizioni.

Outlook per i prossimi mesi
Continuiamo a preferire il segmento high yield e i mercati emergenti, i titoli sovrani dei Paesi periferici (ancora) e il credito investment grade per la stabilità dei portafogli, in particolare il credito USA. Siamo meno ottimisti sul fronte delle obbligazioni indicizzate all’inflazione poiché sembra che i premi per il rischio inflazionistico possano scendere ancora e i titoli di Stato core non offrono granché come rendimento.

La view sui periferici in Europa si fonda sul miglioramento delle prospettive macroeconomiche nell’eurozona, sui continui acquisti di obbligazioni da parte della BCE e sullo scenario politico più positivo dalle elezioni francesi. Siamo preoccupati per l’Italia e preferiamo i titoli spagnoli, ma durante l’estate prevediamo tranquillità persino nel Belpaese. A una tavola rotonda della scorsa settimana, qualcuno ha suggerito che l’eurozona oggi è il porto sicuro tra i mercati sviluppati, considerata l’incertezza politica negli Stati Uniti e il caos nel Regno Unito. Dunque al momento un rendimento tra il 2% e il 3% nel segmento a più lungo termine del mercato obbligazionario italiano sembra una buona opportunità. Dobbiamo fare attenzione al prezzo del petrolio.

Il petrolio. È sceso ancora molto e, a nostro giudizio, questo andamento riflette l’incapacità dei produttori di petrolio di controllare l’offerta globale, poiché la domanda è rimasta piuttosto stabile. Il calo del prezzo del petrolio riduce le prospettive inflazionistiche nel breve termine, ma può essere un problema per le imprese e i Paesi produttori. Negli ultimi giorni ho notato una certa debolezza nelle valute dei Paesi emergenti produttori di materie prime e nel mercato high yield USA. Il ribasso del petrolio all’inizio del 2016 fu una buona opportunità per acquistare i titoli di credito che erano scesi molto nel corso del 2015. Oggi è diverso, poiché i mercati hanno appena iniziato a reagire alla flessione del prezzo del petrolio. Se scenderà sotto i 40 dollari al barile, potrebbe provocare una correzione a breve termine sui mercati.


Chris Iggo – CIO Obbligazionario – AXA Investment Managers