L’inarrestabile ascesa della via della seta

Rob Lovelace -

L’ascesa della Cina come potenza economica negli ultimi vent’anni continua ad esercitare un profondo impatto sul commercio globale.

Il suo ruolo come principale produttore al mondo di qualunque tipologia di merci è ben noto e la sua rapida urbanizzazione ha determinato un boom nel mercato immobiliare. L’influenza del paese sul ciclo delle materie prime è quindi enorme. Nell’ultimo decennio, la Cina è inoltre divenuta il mercato in maggior crescita al mondo in un’amplissima gamma di settori, dalla robotica alle auto, dagli aerei agli smartphone. Nel 2015 rappresentava il 27% delle vendite globali nel settore della robotica, il 30% degli ascensori, il 32% delle auto e il 16% degli aeromobili Boeing. È il mercato a crescita più rapida per Starbucks, che conta 2.500 sedi nel paese. Anche se lo sviluppo economico sta decelerando, la Cina rimane il principale motore della crescita degli utili e dei ricavi per molte società in tutto il mondo. Per poter misurare il successo globale di molte società, per noi è fondamentale comprendere la loro strategia in Cina. Per questo investiamo significative risorse a tal fine, sia sul campo nel paese che in tutto il mondo.

Fondamentale sarà monitorare le trattative commerciali tra la Cina e gli USA. I rapporti tra i due paesi sono multidimensionali e profondi, con diverse interdipendenze reciproche. Nel 2016, il deficit commerciale degli USA con la Cina era pari a 347 miliardi di dollari, con esportazioni e importazioni rispettivamente a quota $116 miliardi e $463 miliardi. Gran parte delle importazioni è attribuibile a produttori statunitensi che hanno costituito catene di montaggio e stabilimenti in Cina. Al contempo, la Cina dipende da alcuni prodotti chiave altamente tecnologici che vengono fabbricati solamente negli Stati Uniti e si sta adoperando per ridurre questa dipendenza sviluppando una propria industria dedicata ai chip per semiconduttori e ai sistemi di pagamento elettronici. Ci vorrà però del tempo. Esistono inoltre significativi legami anche sul fronte finanziario. La Cina detiene circa $1.250 miliardi di titoli di Stato USA, o poco meno del 10% del totale. Le società cinesi raccolgono a loro volta capitale sui mercati finanziari statunitensi attraverso offerte pubbliche iniziali e obbligazioni in dollari offshore.

Il coinvolgimento della Cina nelle trattative commerciali potrebbe inoltre sostenere il governo centrale nell’apertura dell’economia e potrebbe offrire alla leadership cinese la piattaforma necessaria per attuare le tanto attese riforme. Le trattative dovranno tenere in considerazione tutti i rapporti in essere, e le società che hanno interessi su entrambi i fronti potrebbero influenzare i nuovi accordi. Anche se le trattative potrebbero essere caratterizzate da ondate di retoriche potenzialmente ostili, in definitiva riteniamo che i nuovi accordi commerciali saranno soddisfacenti per entrambe le parti, considerando le dipendenze economiche e finanziarie reciproche. Le conseguenze saranno probabilmente diverse per ogni singola società e le strategie di investimento dovranno essere in grado di gestire la volatilità orientandosi al lungo periodo.

L’influenza della Cina ha inoltre comportato una crescita degli scambi commerciali nei mercati emergenti, sia tra loro che con le economie sviluppate. Secondo gli ultimi dati messi a disposizione dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2015 il 30% delle esportazioni dei mercati sviluppati era diretto verso i mercati emergenti e il 46% dell’attività commerciale dei mercati emergenti riguardava il fronte interno. La percentuale di partecipazione dei mercati emergenti al PIL globale è aumentata in maniera significativa.

Grazie alla domanda interna, che rappresenta una percentuale crescente della produzione totale, in Asia stanno emergendo dei leader di settore regionali: Thai Beverage, Lenovo, Larsen & Toubro, Sun Pharmaceuticals e Tencent sono solo alcuni esempi. Molte di queste società sono meno vulnerabili alla domanda proveniente da Stati Uniti ed Europa. Inoltre, l’economia globale sta acquisendo un rinnovato slancio (in particolare l’economia industriale e con essa le materie prime) e i mercati emergenti dovrebbero trarne vantaggio. La crescita degli utili ha già iniziato a evidenziare una ripresa e secondo le stime di consensus di FactSet, nel 2017 gli utili delle società dei mercati emergenti dovrebbero aumentare del 17%, trainati da IT e prodotti industriali. Senza dubbio in passato il beneficio fiscale di operare in diverse giurisdizioni ha influenzato le decisioni delle multinazionali in merito al posizionamento degli stabilimenti e delle strutture di produzione, così come il costo ridotto della manodopera. In futuro, entrambi questi benefici potrebbero essere destinati a ridursi.

L’aumento dei salari in Cina sta riducendo il vantaggio riferito al costo della manodopera, di cui il paese ha goduto negli ultimi tre decenni. Inoltre, fattore ancora più importante, la crescente automazione delle linee di produzione in numerosi settori potrebbe ridurre ulteriormente i vantaggi delle strategie di arbitraggio del lavoro globale. Secondo i dati della International Federation of Robotics, nel 2015 sono stati venduti oltre 250.000 robot industriali, e uno su quattro è stato venduto in Cina. Il Messico è un’altra destinazione chiave, oltre agli USA e all’Europa. L’economia dell’automazione si trova in una congiuntura interessante, caratterizzata dal calo dei costi dei sistemi robotici e dal rapido miglioramento delle competenze. La Cina sta inoltre vivendo un passaggio generazionale: i lavoratori più giovani sono meno inclini a dedicarsi a incarichi ripetitivi. Poiché l’automazione riduce la rilevanza del fattore costo della manodopera, potremmo assistere a uno spostamento della produzione verso i mercati finali e questa trasformazione dell’economia del lavoro potrebbe trasferire strutture di produzione e posti di lavoro negli Stati Uniti. Negli anni, molte multinazionali affermate quali Unilever, Nestlé e Coca-Cola si sono avvicinate ai mercati finali. Hanno localizzato in maniera significativa le rispettive operazioni, per ottenere una migliore comprensione dei mercati locali ed essere in grado di competere con le società domestiche.


Rob Lovelace – gestore del Capital Group New Perspective Fund – Capital Group