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Invesco ha pubblicato il suo quinto Invesco Global Sovereign Asset Management Study, un approfondito report annuale sul complesso comportamento d’investimento di fondi sovrani e banche centrali.

Quest’anno il report evidenzia come l’incertezza geopolitica e le limitate opzioni per l’aumento delle allocazioni in investimenti rischiosi (risk asset allocation) stiano inducendo gli investitori sovrani di tutto il mondo ad apportare meno modifiche alle allocazioni rispetto a quelle apportate negli ultimi cinque anni, nonostante il crescente incremento dei divari in termini di obiettivi di rendimenti.
Nello studio di quest’anno, articolato in interviste dirette condotte tra 97 singoli investitori sovrani e responsabili di banche centrali di tutto il mondo, rappresentativi di asset per 12 trilioni di dollari USA, è stato chiesto agli investitori sovrani di classificare l’importanza di vari fattori economici e geopolitici per le loro strategie d’investimento.

Gli investitori sovrani vedono i tassi bassi come miglior fattore tattico nella allocazione di portaglio. Tale percezione porta ad un incremento di investimenti in immobili dovuta alla ricerca di reddito tramite forme alternative di investimento. Tuttavia, le implicazioni a lungo termine sono meno attendibili con le aspettative di un graduale ritorno ad una politica monetaria meno accomodante. L’impatto della Brexit e delle elezioni americane dovrebbe invece costituire uno dei maggiori fattori di influenza sulle decisioni di asset allocation (ci sia attende una crescita di importanza rispettivamente del +82% e +68%), in quanto le implicazioni dei cambiamenti politici sulle performance degli investimenti diventeranno più chiare.

Trump in primo piano
Gli investitori sovrani hanno classificato gli Stati Uniti come il primo mercato in termini di attrattività negli ultimi tre anni e quest’anno il paese conserva la prima posizione con un punteggio di 8,0 (su 10). Gli Stati Uniti hanno vinto anche in termini di allocazioni effettive: il 37% degli intervistati ha infatti risposto di aver sovrappesato i nuovi afflussi al Nord America nel 2016 in rapporto al proprio portafoglio – in misura superiore a qualunque altra regione – e un 40% netto prevede di mantenere il sovrappeso anche nel 2017. A fronte di ciò, solo il 4% ha sottopesato i nuovi flussi nel 2016 e il 4% prevede di fare lo stesso nel 2017, mentre la percentuale restante (59% nel 2016 e 56% nel 2017) non ha modificato o non prevede di modificare le ponderazioni.

Questa attrattività è in gran parte alimentata dagli aumenti dei tassi d’interesse e dalla fiducia del mercato in un regime di imposte societarie “favorevole all’economia” a seguito dell’avvento di Trump a gennaio 2017. La fiducia a lungo termine è tuttavia ancora limitata dall’incertezza sull’eventualità che Trump mantenga le promesse elettorali e le prospettive positive per i potenziali investimenti in infrastrutture negli USA sono gravate dai timori che il crescente protezionismo limiti l’accesso ai fondi sovrani esteri.

Diminuzione delle allocazioni al Regno Unito legate alla debolezza della valuta a fronte delle incerte prospettive di lungo termine
L’attrattività del Regno Unito per gli investitori esteri ha subito il calo maggiore, scendendo al 5,5 rispetto al 7,5 dello scorso anno. La Brexit è ritenuta un significativo fattore negativo per gli investimenti nel Regno Unito. I fondi sovrani d’investimento con interessi europei hanno messo in discussione il futuro del paese come “hub d’investimento” per l’Europa, data l’incertezza in materia di imposte sulle importazioni e accesso al mercato.

Sebbene la maggioranza degli investitori sovrani preveda di non modificare le posizioni nel Regno Unito, un numero significativo ha assunto un maggiore sottopeso nella regione o prevede di assumerlo. Il 33% ha risposto di aver sottopesato i nuovi afflussi al Regno Unito nel 2016 (in misura superiore a qualunque altra regione) rispetto a un 13% che ha comunicato di aver assunto nuovi sovrappesi nel paese, mentre la percentuale restante (54%) non ha indicato alcun cambiamento. Nel 2017, gli intervistati che prevedono di adottare nuovi sottopesi sono saliti al 41%, ma soltanto il 5% prevede di assumere nuovi sovrappesi nel Regno Unito, mentre il 54% non ha in programma modifiche.

Se si tiene conto del calo della sterlina, le allocazioni al Regno Unito rimangono comunque relativamente stabili e i cali delle allocazioni attestati al 15% sono verosimilmente legati al corrispondente deprezzamento del 16% della GBP rispetto all’USD, anziché a recessi. Il calo di valore della sterlina ha inoltre determinato un rialzo dei titoli britannici.

Alex Millar, Responsabile EMEA Sovereigns, Institutional Sales di Medio Oriente ed Africa di Invesco, ha affermato: “Nonostante l’apparente sentiment negativo gravante sul Regno Unito, molti fondi sovrani hanno confermato l’impegno a lungo termine sul versante degli investimenti britannici post-Brexit, soprattutto immobiliari e in infrastrutture. Sono improbabili cambiamenti fino a quando la prospettiva per il Regno Unito come destinazione preferita per gli investimenti diventi più chiara.”