Prospettive per gli Stati Uniti: L’equilibrio è tutto in quest’anno elettorale

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“Se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare”, ebbe a dire Mark Twain. Battute a parte, la decisiva sfida presidenziale di novembre si avvicina e gli investitori potrebbero temere che una campagna elettorale al vetriolo o una vittoria piuttosto che un’altra possano spingere l’economia americana in recessione e far capitolare i mercati finanziari.

La storia, tuttavia, ci insegna che le elezioni presidenziali non hanno inciso in alcun modo sui rendimenti d’investimento di lungo termine.

Ciò che ha sempre fatto la differenza è la capacità di rimanere investiti. Esaminando i risultati elettorali a partire dal 1932, i titoli statunitensi hanno guadagnato quota a prescindere dal fatto che la Casa Bianca sia andata a un Repubblicano o ad un Democratico. Gli investitori che hanno mantenuto ferma la rotta almeno per un anno sono stati premiati per la loro pazienza, pur dovendo sopportare una maggiore volatilità durante le primarie.

Di fatto, la volatilità elettorale può creare delle opportunità. I titoli delle case farmaceutiche e dell’assistenza sanitaria gestita sono venuti a trovarsi sotto pressione di recente a causa delle critiche mosse dalla politica alle polizze sanitarie private. Ciò, a sua volta, ha portato alcuni titoli su valutazioni interessanti per gli investitori convinti che la statalizzazione del sistema sanitario americano sia tutt’altro che imminente.

“Investire in un anno di elezioni può mettere i nervi a dura prova”, spiega il portfolio manager di Capital Group Greg Johnson, “ma si tratta perlopiù di rumori di fondo, dopodiché i mercati vanno avanti per la loro strada. I rendimenti azionari di lungo termine sono determinati dal valore delle singole società nel corso del tempo. Pertanto, meglio rimanere investiti che stare nelle retrovie.”

L’economia americana non è immune ai contraccolpi esterni

Il ciclo elettorale catalizzerà l’attenzione degli investitori per tutto il 2020, ma non sarà certo l’unico elemento di apprensione a pesare sul clima di fiducia. La nefasta guerra commerciale sino-americana, l’instabilità politica in Europa, il rallentamento della crescita internazionale e altri fattori stanno contribuendo a far salire l’incertezza e hanno un impatto tangibile sull’economia statunitense. Nel terzo trimestre 2019, la crescita ha rallentato su un tasso annualizzato dell’1,9%, e il Fondo monetario internazionale prevede un’espansione del 2,1% nel 2020, meno del pronostico relativo all’intero 2019 all’atto della stesura di questo articolo.

Questa decelerazione è stata avvertita soprattutto nel settore manifatturiero, colpito dai dazi imposti dagli Stati Uniti e dalla Cina. A settembre 2019, la produzione industriale statunitense è calata dello 0,1%, la prima flessione su base annua dal 2016.

Il 2020 sarà l’anno della recessione?

L’aumento dei dazi e il rallentamento della crescita hanno dominato i pensieri di legislatori e investitori. Nel tentativo di allungare il ciclo, la Federal Reserve statunitense ha invertito rotta e interrotto le misure tese a inasprire l’offerta monetaria, per poi tagliare i tassi tre volte nel 2019. Le principali banche centrali di tutto il mondo hanno adottato iniziative analoghe. In altre parole, il paradigma dei tassi “più bassi più a lungo” resta immutato. Queste misure hanno aiutato i titoli globali a rimanere stazionari dopo l’introduzione dei primi dazi da parte degli Stati Uniti. I rendimenti delle azioni americane, misurati dall’S&P 500, sono stati più positivi di quelli dei titoli internazionali.

La politica monetaria espansiva nel 2020 dovrebbe fornire un contesto propizio alla crescita economica e ai corsi azionari. Ciò non significa che sarà tutto rose e fiori, ma che difficilmente assisteremo ad unarecessione negli Stati Uniti o a livello globale nel 2020, spiega l’economista di Capital Group Darrell Spence. “Ci vuole un po’ di tempo perché i tagli dei tassi d’interesse abbiano effetto”, aggiunge Spence. “Le azioni intraprese quest’anno dalle banche centrali sortiranno i loro effetti solo nella prima metà del 2020. Resta da vedere se ciò basterà a compensare i fattori negativi che ostacolano la crescita globale.”

La forza trainante dei consumi americani

Il rallentamento della produzione industriale e degli investimenti aziendali può diffondersi all’economia più ampia? È difficile. Negli Stati Uniti, l’attività manifatturiera e le esportazioni rappresentano ciascuna all’incirca il 12% della produzione economica, pertanto l’impatto della guerra commerciale è stato più flebile che in altri paesi. I consumi, che rappresentano più dei due terzi dell’economia americana, rimangono discretamente solidi.

La disoccupazione si mantiene sotto il 4%, la crescita salariale è stata vigorosa e la spesa al consumo salutare. “Stiamo assistendo a un’economia a due velocità”, afferma Spence. “L’industria manifatturiera ha segnato il passo, mentre l’elevata occupazione e gli aumenti salariali sostengono la crescita del potere d’acquisto. Se preserveranno il loro vigore, i consumi potranno a mio avviso compensare le flessioni registrate in altri segmenti dell’economia”.

Inoltre, sebbene il conflitto commerciale sino-americano sia complesso e destinato probabilmente a durare diversi anni in qualche forma, c’è sempre la possibilità di nuovi passi avanti nei negoziati, con effetti positivi per la crescita di breve termine e i mercati finanziari.

“Poiché il commercio globale è una questione intricata e ci sono moltissimi fattori in gioco, sarebbe estremamente difficile basare le decisioni d’investimento sulla previsione di un epilogo”, afferma il gestore di portafoglio azionario Alan Berro. “Se pure le problematiche commerciali esercitassero ulteriori pressioni sull’economia, gli investitori devono ricordare che le società migliori sono fluide e possono adattarsi a circostanze mutevoli. Molte aziende hanno già cominciato a riconfigurare le loro filiere produttive, per fare un esempio.”

Alla ricerca di opportunità per ottimizzare i portafogli azionari

Ovviamente, quando si tratta di ciclo economico, è sempre meglio essere in anticipo che in errore. Visto che gli investitori devono fare i conti sempre più con condizioni da fine ciclo, con l’incertezza di un anno elettorale e con il rallentamento della crescita estera, non è troppo presto per assicurarsi che i portafogli azionari siano ben equilibrati e posizionati per eventuali correzioni.

A tal fine, molti investitori potrebbero essere tentati di spostarsi su posizioni cosiddette “value”. Il problema è che l’etichetta “value” può essere fuorviante: Non tutti gli investimenti orientati al “valore” si sono comportati in maniera difensiva durante le ultime ondate di volatilità che hanno investito i mercati azionari.

Giocare in difesa? Ottimizzare con dividendi di qualità superiore

Piuttosto, gli investitori possono concentrarsi su un mix fatto di società in grado di crescere in tutti i cicli economici e di aziende operanti nelle aree di mercato più difensive, in grado di mantenere stabili i dividendi.

“Vado in cerca di società che possano agire in chiave difensiva quando la volatilità aumenta ma anche partecipare ai rialzi di mercato”, spiega Joyce Gordon, una portfolio manager con quarant’anni di esperienza nel campo degli investimenti. “Mi concentro sulle aziende che distribuiscono dividendi, con elevati flussi di cassa liberi e utili sottostanti in crescita, uscite indenni dalle precedenti fasi ribassiste.”

Tra il 20 settembre 2018 e il 30 settembre 2019, un periodo di volatilità dovuta agli attriti commerciali, le società che distribuiscono dividendi hanno superato quelle che pagano dividendi scarsi o nulli. Non solo: le aziende a dividendo con rating creditizi superiori alla media hanno fatto meglio di quelle con rating più bassi.

“Mi tengo alla larga dalle aziende che si sonoindebitate oltremisura”, fa notare Gordon. “Le società sulla fascia bassa dello spettro investment grade possono incontrare difficoltà di finanziamento durante una recessione, facendo salire il rischio di un taglio dei dividendi.”

Le aziende con rating creditizi elevati che hanno distribuito dividendi significativi operano in un’ampia gamma di settori. UnitedHealth, Microsoft, Procter and Gamble e Home Depot sono alcuni esempi.

Puntare sulle società con potere di fissazione dei prezzi

Le nuvole temporalesche che si addensano sull’orizzonte economico possono scatenare nubifragi, ma le aziende innovative e ben gestite si adattano ai nuovi contesti e sono in grado di prosperare a prescindere dai pronostici.

Si pensi ai semiconduttori: una volta era un settore in cui decine di aziende concorrenti erano in balia di cicli di espansione e crollo volatili. Oggi, le poche realtà sopravvissute specializzate nella produzione di chip, tra cui Taiwan Semiconductor e Intel, beneficiano di un ciclo relativamente più uniforme.

Questo consolidamento ha contribuito a far aumentare il potere di fissazione dei prezzi, le dimensioni e i margini di profitto, poiché è coinciso con una domanda robusta di chip specializzati da destinare agli smartphone e agli avanzamenti nel campo dell’intelligenza artificiale.

“La domanda di questi chip è destinata ad aumentare”, spiega il portfolio manager azionario Steve Watson. “E grazie al miglioramento delle prassi concorrenziali, i prezzi non sono crollati quando la domanda ha rallentato. Questo potere di fissazione dei prezzi può diventare ancora più poderoso in una fase caratterizzata da tassi sui minimi storici.”

Altri esempi di settori potenzialmente dotati di potere di fissazione dei prezzi sono le vendite al dettaglio online, con piattaforme come Amazon, che possono esigere prezzi più bassi dai fornitori e trasferirli ai consumatori, e l’aerospazio, dove i costruttori di velivoli Boeing e Airbus cercano di beneficiare della forte crescita della domanda di viaggi aerei in Cina e in altri mercati mondiali.

“Boeing è stata giustamente e duramente attaccata per la gestione dei due incidenti che hanno coinvolto il suo modello 737 Max”, spiega Berro. “Si è trattato di eventi tragici. Ma Boeing produce da sempre aeroplani, e c’è solo un’altra azienda in tutto il mondo che fa la stessa cosa. Risolveranno questi problemi e continueranno a costruire aerei.”

Ogni anno, milioni di persone in Asia salgono su un aereo per la prima volta nella loro vita: Boeing e Airbus hanno ordini arretrati per più di otto anni di produzione.