Biomasse, una nuova vita per le centrali a carbone

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Gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima impongono una rapida decarbonizzazione dell’economia globale. Nell’ambito del nostro programma di partecipazione attiva (engagement) a favore del clima per il 2020 affronteremo la questione del carbone, che è il combustibile fossile a più elevato tenore di carbonio. Abbiamo chiesto alle aziende che operano nel settore dei servizi elettrici di eliminare gradualmente l’ininterrotta produzione di energia elettrica derivante da carbone entro il 2030 per i Paesi sviluppati e il 2050 per i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, l’addio all’energia a carbone presenta un costo sociale, come ci ricorda l’agenda per la Just Transition. Intere comunità possono dipendere dalla centrale a carbone locale per il lavoro. E, finanziariamente, il potenziale pensionamento delle centrali a carbone prima della data prevista pone le aziende in una situazione di significativo rischio di maturare “attivi non recuperabili”. Alcune aziende stanno ora cercando di riconvertire le proprie centrali elettriche a carbone invece di chiuderle, sostituendo il carbone con combustibili alternativi, in particolare le biomasse legnose.

In teoria, l’idea dell’energia da biomassa è interessante. Piuttosto che il processo lineare di estrazione e combustione del carbone – una risorsa non rinnovabile – le biomasse offrono la promessa di un processo circolare: gli alberi mentre crescono assorbono CO2 e la rilasciano quando vengono bruciati, portando ad un esito di neutralità delle emissioni di carbonio. Le biomasse hanno anche il vantaggio rispetto alle fonti rinnovabili a disponibilità intermittente, come l’eolico e il solare, di fornire una fonte di energia prevedibile.

Dal nostro confronto con Drax Group, proprietaria della più grande centrale elettrica del Regno Unito, è emerso chiaramente che la sfida nella conversione da carbone a biomasse non risiede nella centrale stessa, ma nella catena di approvvigionamento. La conversione della centrale a carbone stessa per funzionare con la biomassa proveniente da pellet di legno non è tecnicamente difficile, e Drax ci ha riferito che è servito solo un lavoro minimo sulla centrale per l’adattamento al diverso combustibile.

Al contrario, Drax ha dovuto fare investimenti significativi per gestire la nuova supply chain in ambiti quali l’approvvigionamento, il trasporto e lo stoccaggio. L’azienda ha sviluppato internamente le proprie competenze nel settore forestale e ha investito in sistemi di gestione della catena di approvvigionamento, come certificazioni e ispezioni. In loco abbiamo potuto vedere quattro cupole a biomassa di 65 metri e una linea ferroviaria dedicata, che trasporta ogni giorno 14 treni. In netto contrasto con le origini l’impianto, che si approvvigionava da miniere di carbone locali, ora ha una complessa catena di fornitura globale che richiede un livello completamente diverso di due diligence.

I vantaggi in termini di sostenibilità delle biomasse rispetto al carbone dipendono da un presupposto fondamentale: il processo nel suo complesso deve essere a emissioni zero, e gli alberi devono assorbire tanto gas serra mentre crescono quanto ne rilasciano quando vengono bruciati. Diversi studi accademici e di ONG hanno evidenziato, tuttavia, che sussistono molte ragioni per cui potrebbe non essere così.

Il concetto di neutralità delle emissioni non considera le emissioni della catena di approvvigionamento. Il processo di trasformazione del legno grezzo in pellet è ad alta intensità energetica e la maggior parte del legno di Drax deve essere trasportato per nave e per ferrovia dal Nord America, dove sono situati i principali fornitori.

Nel nostro dialogo, Drax ha sottolineato l’importanza di scegliere la giusta materia prima per le biomasse. Piuttosto che acquistare piantagioni sviluppate appositamente o alberi secolari, la sua strategia è quella di utilizzare i sottoprodotti dell’industria del legno e della carta, in particolare gli scarti della lavorazione (come gli alberi più deboli, rimossi per sfoltire la volta forestale) e i rifiuti industriali (come segatura e trucioli di legno). Drax ci ha spiegato che questi sarebbero stati comunque bruciati o smaltiti come rifiuti, quindi utilizzarli per la produzione di energia non implica emissioni nette aggiuntive. Nel 2019 Drax ha reso nota l’ambizione di diventare “carbon negative” entro il 2030, eliminando dall’atmosfera più anidride carbonica di quanta ne produca attraverso la propria attività. Oltre a mantenere una catena di approvvigionamento delle biomasse sostenibile, ciò comporterebbe la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Carbon capture and storage,CCS) sia per il segmento delle biomasse che per quello del gas. Abbiamo visto un’unità pilota in loco, che attualmente raccoglie una tonnellata di CO2 al giorno; l’azienda intende arrivare fino a 16 milioni di tonnellate all’anno, un programma ambizioso.

Nonostante anni di ricerca, la tecnologia CCS è ancora in una fase iniziale di implementazione – la capacità totale di tutti gli impianti di CCS in funzione o in costruzione a livello globale è di circa 40 milioni di tonnellate all’anno, gran parte delle quali nei settori del gas e dell’industria piuttosto che nella produzione di energia. Peraltro, l’implementazione di CCS alza i costi del processo di produzione di energia elettrica, e permane una notevole incertezza sulle strutture di incentivazione delle politiche governative e problematiche relative alle passività e all’accettabilità da parte dell’opinione pubblica.

Il ricorso alle biomasse per prolungare la vita delle centrali a carbone e ridurre le emissioni non è una panacea, considerato che gli impatti dell’intero ciclo di vita della produzione e dell’uso delle biomasse variano ampiamente a seconda della fonte. Se mal gestite, è abbastanza concepibile che le biomasse possano avere impatti climatici più gravi del carbone. L’esperienza di Drax è un valido esempio della sostenibilità delle politiche di approvvigionamento e applaudiamo la loro decisione di annunciare ambiziosi piani per emissioni negative di carbonio. Resta necessario un ulteriore lavoro per valutare se la produzione di energia da biomasse sia realmente a impatto zero e per ridurre le emissioni della catena di approvvigionamento. Abbiamo anche incoraggiato l’azienda a prendere in considerazione piani di emergenza nel caso in cui i costi delle materie prime non scendano al livello sperato e/o il sostegno del governo non sia imminente. Questo include la considerazione del potenziale impatto sulla comunità locale dei diversi scenari di business futuri, utilizzando il Just Transition Framework come quadro per considerare i rischi.

Drax ha chiaramente investito notevoli risorse e ricerca nella selezione e nel monitoraggio delle fonti di biomassa. In qualità di investitori, la nostra maggiore preoccupazione è che altri potrebbero non essere così rigorosi. Le biomasse come fonte di energia su larga scala comportano rischi significativi di conseguenze negative indesiderate. Inoltre potrebbe esserci un limite naturale alla crescita dell’energia da biomasse se le fonti realmente sostenibili vengono assorbite dai relativi precursori nel settore. Nell’ambito del nostro più vasto impegno al fianco delle utenze, continueremo a incoraggiare il passaggio delle strategie di business verso la decarbonizzazione della rete elettrica. Laddove entreremo in contatto con aziende che pianificano di passare alle biomasse, avvieremo un dibattito su come intendono implementare solidi standard di sostenibilità.