Petrolio, eurodollaro e sterlina. Questi i game-changer

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La decisione del Congresso Usa di allocare 7,8 miliardi di dollari di stimoli fiscali per contrastare gli effetti economici negativi del Coronavirus ha certamente contribuito al rimbalzo degli indici americani, specialmente per il fatto che si tratta di una cifra che è il triplo rispetto a quanto proposto dal Presidente Trump e, come tale, ha rappresentato il perfetto elemento “a sorpresa” che i mercati attendevano. E’ infatti risaputo che gli investitori di tutto il mondo siano ormai consapevoli che la politica monetaria da sola non sia in grado di affrontare un’altra crisi finanziaria, dato che i tassi di interesse sono già ad un livello estremamente basso e non sembrano granchè efficaci nel far ripartire gli investimenti. E questo si dimostra particolarmente vero soprattutto in Europa e in Giappone. Negli Stati Uniti invece gli ultimi dati relativi all’ISM non manifatturiero sembrerebbero confermare che l’industria dei servizi si sia espansa alla velocità maggiore degli ultimi dodici mesi a febbraio, mostrando come il Coronavirus abbia avuto poco impatto finora sui sondaggi aziendali, anche se resta da vedere quale sarà l’effetto sugli altri dati e in particolare sui nonfarm payrolls che verranno pubblicati domani (le attese sono di una diminuzione dai 225.000 di gennaio a 175.000). In Australia il surplus commerciale di gennaio ha battuto le attese degli analisti sostenendo il cambio nei confronti del dollaro Usa ridimensionando, almeno per quel mese, le conseguenze che si temevano dallo scoppio dell’epidemia in Cina, mentre il Governatore della Bank of England va controcorrente affermando che “occorrono maggiori prove per constatare quanto il virus si stia ripercuotendo sulla nostra economia”, togliendo così spazio alle “colombe” del consiglio della banca centrale inglese per sperare in un prossimo taglio dei tassi. Di conseguenza la sterlina ha ripreso il suo rialzo verso 1,2874 contro dollaro, per quanto il potenziale rialzista rimanga limitato a causa di una probabile ripresa dei corsi della moneta americana e dei timori crescenti sulle negoziazioni per la Brexit.

Sul petrolio, le attese dalla riunione dell’OPEC oggi e domani a Vienna sono per un accordo sui tagli alla produzione per almeno un milione di barili al giorno. Qualora la notizia venisse confermata, rappresenterebbe l’ultimo pezzetto del puzzle per i mercati che potrebbero così proseguire il loro rimbalzo. In caso contrario, il rischio è di una delusione generalizzata sia per i prezzi del petrolio che degli indici borsistici.

Sul fronte valutario, l’Eurodollaro potrebbe trovare una base di consolidamento sotto 1,1145 in attesa che il rimbalzo dei rendimenti dei titoli governativi Usa e del dollaro riescano a mettere a segno una correzione sotto 1,11 (in questo caso, il supporto successivo sarebbe a 1,1063).