Tutti a casa: Coronavirus e rischio recessione

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Per parafrasare una canzone degli Smiths, “stasera vorrei uscire ma non ho una maschera da indossare”. La crisi economica che si va profilando dipende dal fatto che le persone stanno a casa, non viaggiano, non vanno a lavorare perché sono malate o perché hanno paura di ammalarsi. Un’altra canzone degli Smiths perfettamente indicata alla situazione si intitola “Panico”. Certamente ci sono problematiche economiche concrete, l’offerta e la domanda risentono degli ultimi avvenimenti e ciò si riflette sui mercati finanziari. I mercati azionari scontano un maggiore rischio di recessione e le obbligazioni prevedono un ulteriore allentamento monetario da parte delle banche centrali. Non c’è visibilità nel breve termine e i mercati si fanno trascinare dalle notizie e dall’aumento dei casi di coronavirus nel mondo. Finché non assisteremo a un cambiamento di tali dinamiche, le azioni continueranno a perdere e gli yield obbligazionari a scendere. In un’ottica di medio periodo, ci stiamo dirigendo verso valutazioni relative che in passato hanno offerto buone opportunità di investire in azioni. Pensiamo al 1° semestre del 2016 o al 4° trimestre del 2018. Un altro 5-10% sulle azioni, un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve, il rallentamento dei contagi con l’approssimarsi della primavera nell’emisfero nord, e potremmo farcela. Ma prima di arrivare a quel punto, probabilmente ci sarà ancora da soffrire.

A casa da soli

Siamo sull’orlo di una recessione causata dal fatto che le persone si chiudono in casa? Sembra proprio così, considerato che la reazione alla diffusione del Covid-19 è stata quella di limitare gli spostamenti su brevi e lunghe distanze. Questo avrà conseguenze di rilievo per la fornitura di beni e servizi. L’economia globale si trova di fronte a uno shock dell’offerta e della domanda. La disponibilità di manodopera e di merci ha risentito dei recenti avvenimenti, mentre la spesa diminuisce perché le persone sono ammalate oppure restano a casa nel timore di ammalarsi. Certamente ci saranno conseguenze molto negative per l’economia e gli utili delle imprese nelle prossime settimane. Non sarà una sorpresa se qualche Paese riporterà un calo del Pil nel 1° trimestre, o se gli utili aziendali scenderanno anziché risalire come previsto. A seconda di quanto durerà questa situazione, i rischi di recessione aumenteranno. Ci troviamo nell’occhio di un ciclone apparentemente fuori controllo, e questo genera panico e un circolo vizioso.

La Federal Reserve taglierà i tassi

In tale scenario ci sono parecchie questioni da considerare. Per gli investitori, i due aspetti più importanti sono se ci sarà una risposta politica, e quali sono le prospettive degli investimenti nel più lungo termine una volta che si farà chiarezza sulla durata dell’epidemia o della pandemia. Ovviamente le banche centrali non possono curare le malattie, ma possono risolvere problemi correlati alla stabilità finanziaria e agire in caso di contrazione delle condizioni finanziarie. Considerato che l’indice S&P500 è sceso di oltre il 12% rispetto ai recenti massimi e di oltre il 7% da inizio anno, non ci sorprende che i mercati dei tassi sono ora convinti che la Federal Reserve taglierà i tassi di interesse a marzo. In effetti mi sembra assolutamente ragionevole considerata la rapidità con cui sono peggiorate le prospettive. Non restano molte opportunità a fronte di tale previsione sui tassi negli Stati Uniti, dato che il mercato oggi sconta quasi 4 tagli quest’anno rispetto a nessuna variazione, implicita nelle recenti previsioni sui dot plot della banca centrale americana. Questo comunque non significa che gli yield obbligazionari abbiano già toccato i valori minimi. L’acquisto dei “porti sicuri” spingerà i prezzi dei titoli di Stato al rialzo, indipendentemente dalle prospettive di politica monetaria.

Politiche coordinate a livello globale?

Al di fuori degli Stati Uniti, lo spazio per un allentamento monetario è ridotto, ma si parla di ricorrere alla politica fiscale per contrastare l’impatto sull’attività economica, questa settimana persino in Germania. I governi saranno costretti a spendere di più per la prevenzione e la gestione della malattia, anche per lo staff medico e per le medicine se e quando si troverà una cura per il virus. La politica fiscale era già in corso di allentamento in diverse economie. La reazione al virus ha reso solo più probabile tale tendenza. A un certo punto ciò si rifletterà nelle curve dei rendimenti dei titoli di Stato, ma non ancora. Il motore alla base dei mercati obbligazionari è la paura e la necessità di coprire il rischio. Cercherei però di essere prudente nella previsione di un maggiore coordinamento a livello della politica macroeconomica. La Federal Reserve di fatto è l’unica banca centrale con la possibilità di intervenire, ma il coordinamento di una risposta fiscale non sembra in linea con l’attuale spirito globale. Tuttavia ci troviamo in una situazione straordinaria, il mondo è sull’orlo del panico. A un certo punto, i governi e le banche centrali potrebbero concordare di tagliare i tassi, espandere la liquidità e incrementare la spesa pubblica. Chi lo sa. Il coordinamento delle politiche di contenimento dell’epidemia che potrebbe comportare misure draconiane sui viaggi resta comunque una possibilità sempre più concreta nel più breve termine.

Un difficile domani

Il mercato obbligazionario sta scommettendo su una risposta politica, tuttavia il mercato azionario non è convinto che ciò basterà a frenare il rallentamento dell’attività e degli utili. In questo momento gli investitori non possono scommettere sulla ripresa. Le dinamiche del virus sono cambiate questa settimana, con l’incremento dei casi fuori dalla Cina. La buona notizia è che i nuovi contagi in Cina stanno diminuendo, ma ci sono stati nuovi casi in altri Paesi in tutto il mondo, talvolta senza un collegamento apparente con la Cina o con individui precedentemente infetti. È troppo presto per fare previsioni sul momento in cui si raggiungerà il picco, e non sembra che ci sia accordo sul fatto che un clima più caldo possa frenare il virus. Dopo tutto, fa abbastanza caldo a Singapore e in Brasile. Finché i numeri non indicheranno una tendenza chiara verso un rallentamento dei contagi in molteplici regioni, le proiezioni economiche nel più lungo termine saranno riviste continuamente al ribasso. Diverse banche hanno abbassato le stime di utile per il 2020 e i mercati azionari stanno reagendo di conseguenza.

Rischi di recessione

I colpi inferti all’offerta e alla domanda non fanno bene ai mercati azionari. Le imprese che fanno affidamento sugli spostamenti delle persone (linee aeree, società aeroportuali, società di viaggi e gestori di alberghi) o sulla congregazione in spazi pubblici (ristoranti, centri commerciali, cinema, ecc.) ne risentiranno molto. Le aziende manifatturiere lungo la filiera riferiscono di faticare a centrare gli obiettivi di produzione a causa degli effetti sull’approvvigionamento di componenti. In questo momento non ci sono molte alternative in cui rifugiarsi. I servizi di pubblica utilità e il settore sanitario sono tradizionalmente settori azionari difensivi e hanno riportato le migliori performance, ma i finanziari stanno risentendo dei tassi in calo e delle crescenti preoccupazioni sul fronte del credito. Laddove il mercato prevede un intervento della Federal Reserve a fronte dell’intensificarsi dei rischi di recessione, l’azionario sconta l’effetto di una recessione sulle imprese. Mentre le valutazioni si fanno più interessanti, l’S&P è tornato sui livelli di inizio dicembre e scambia ancora a un multiplo di 20 volte. Se siete preoccupati per il breve termine, non è ancora arrivato il momento di comprare. Tuttavia, gli investitori orientati al lungo termine che dispongono di liquidità dovrebbero considerare l’opportunità di investire sul mercato. Può sembrare un’affermazione sgradevole, ma il virus ha effettivamente un tasso di mortalità abbastanza contenuto, i governi stanno prendendo misure drastiche e, a un certo punto, l’epidemia dovrebbe esaurire il suo corso. A queste considerazioni si aggiunga un altro round di allentamento monetario e le prospettive a medio termine appariranno più positive. Il problema in questo momento è rappresentato dall’incertezza sulla durata dell’epidemia, sulla sua portata e sui danni che farà all’economia mondiale. In tale scenario l’opzione put delle banche centrali potrebbe essere di più difficile esecuzione.

Di nuovo la diversificazione

È interessante analizzare i movimenti del mercato nelle diverse asset class. Ho calcolato il rendimento complessivo per il mese di febbraio fino alla chiusura dei mercati di ieri (vedi figura). Le azioni hanno riportato le peggiori performance dalla grande crisi finanziaria. Le obbligazioni a lunga scadenza se la sono cavata molto bene e alcuni strumenti sono riusciti nella conservazione del capitale. I mercati azionari sono tutti in calo. Nella valuta locale, gli Stati Uniti ne hanno risentito di più, seguiti da Giappone, mercati emergenti e dal FTSE-100. I mercati azionari più difensivi finora sono quelli dell’Europa continentale: l’indice Euro Stoxx è sceso meno dei principali mercati sviluppati. Il reddito fisso a lunga scadenza ha rispecchiato l’andamento dei mercati azionari. Questo mese l’indice S&P500 composito ha perso il 7,5% in termini di rendimento complessivo. L’indice dei Treasury a 10 anni e oltre è salito del 4,25%. Le obbligazioni a lunga scadenza hanno fatto quanto previsto, ovvero hanno fornito una copertura (non totale ma una buona copertura) nei confronti dei mercati azionari. L’insieme di strumenti che hanno avuto una funzione di conservazione del capitale (rendimento complessivo di febbraio tra -0,5% e +0,5%) sono prevalentemente liquidità e obbligazioni di alta qualità a breve e medio termine. Il mercato americano è andato particolarmente bene poiché scontava tagli dei tassi aggressivi da parte della banca centrale, ma hanno resistito bene anche le obbligazioni in euro e in sterlina, così come i titoli ABS e MBS in dollari e sterline. Questi dati non mi sorprendono molto. All’inizio dell’anno ho promosso le strategie obbligazionarie a breve scadenza a fronte del livello generale degli yield e ho sostenuto che avere in portafoglio obbligazioni a lunga scadenza, oltre alle azioni, era una buona strategia di investimento. Una strategia per il 60% in azioni e il 40% in obbligazioni negli Stati Uniti avrebbe perso meno del 3% questo mese, e in Europa meno del 2% (sulla base dell’S&P500, dell’Eurostoxx e degli indici di Treasury a 10 anni e oltre, nonché dei Bund tedeschi).

Divario nei rendimenti

Mentre sto scrivendo, questo venerdì mattina, non si intravede la calma sui mercati. Le azioni europee sono scese del 3-4%, gli yield obbligazionari sono scesi ancora e il rendimento dei Treasury a 2 anni è sotto all’1,0%. Gli spread di credito sono ampi e i titoli di Stato dei paesi periferici in Europa stanno registrando performance particolarmente negative. Non è un mercato adatto ai carry trade. I fattori tecnici iniziano a giocare un ruolo, secondo gli esperti di Borsa la portata e la rapidità dei mercati azionari e le pressioni di fine mese probabilmente porteranno qualche operatore a disinvestire. Ci troviamo inoltre di fronte a un mercato azionario in cui prevalgono gli investimenti passivi, gli ETF e gli algoritmi, ed è difficile valutare l’impatto generale di tali cambiamenti sulla struttura del mercato che indubbiamente faranno salire la volatilità.  L’indice della volatilità azionaria VIX è vicino ai massimi record. Questo significa che il costo per acquistare protezione contro le perdite azionarie è diventato estremamente alto. L’assicurazione costa sempre di più a posteriori e ciò vale particolarmente in questo momento e per le obbligazioni. Probabilmente è su questo aspetto che bisognerebbe concentrarsi. Le obbligazioni oggi sono estremamente costose e le azioni molto più convenienti. Il rendimento da dividendi dell’indice FTSE All-Share oggi è del 5,11%, quasi il triplo rispetto al rendimento dell’indice di obbligazioni societarie nel Regno Unito. In Francia, il rendimento azionario è del 3,44% rispetto a quello delle obbligazioni societarie che è dello 0,36%. Un ulteriore 10% sulle azioni aprirebbe opportunità di acquisto che si vedono solo raramente.