La spesa per le pensioni assorbe i due terzi della spesa sociale

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L’Istat ha pubblicato l’ interessante approfondimento sulla protezione sociale che descrive in maniera puntuale come si struttura il nostro sistema di welfare.

Quali sono le principali evidenze ? Nel 2019 sono stati spesi dalle Amministrazioni pubbliche quasi 479 miliardi per sollevare le famiglie da rischi, eventi o bisogni inclusi nella protezione sociale.

La maggior parte delle prestazioni sociali erogate in Italia riguardano la previdenza sociale (66,3%,  317,5 miliardi di euro, il 39,2% della spesa corrente)), il 22,7% prestazioni di tipo sanitario 108,5 miliardi di euro, il 13,4% della spesa corrente) e solo l’11% di assistenza sociale (52,7 miliardi di euro, il 6,5% della spesa corrente.  La previdenza ha sempre rappresentato la prima voce di spesa ma ha visto ridurre il suo peso nel tempo in considerazione delle numerose riforme che si sono susseguite dagli anni Novanta (-4 punti percentuali nell’ultimo anno rispetto al 1995).

All’interno delle prestazioni previdenziali, sono sempre le pensioni la componente più onerosa, con una spesa che assorbe da un massimo del 90,7% nel 2002 a un minimo dell’86,6% nel 2019 (pari a 275,1 miliardi); il peso relativo assunto nel 2019 è il più basso dal 1995, nonostante la spesa aggiuntiva dovuta alla misura denominata ‘Quota 100’ (circa 2,1 miliardi di pensioni, più altri 600 milioni circa di TFR).

La riduzione della quota per pensioni è stata controbilanciata da una crescita nel tempo delle liquidazioni per fine rapporto di lavoro e, soprattutto, delle indennità di disoccupazione, che hanno raggiunto il livello massimo di spesa nel 2019 (12,6 miliardi), mentre la spesa per la Cassa integrazione guadagni (CIG) è ritornata a livelli molto bassi, analoghi a quelli precedenti la crisi economica del 2009 (849 milioni).  Le indennità di disoccupazione e le spese per la CIG sono destinate a crescere nel 2020 per effetto dei decreti emanati per il sostegno al reddito dei lavoratori a seguito della chiusura delle attività economiche per l’emergenza COVID-19.

La sanità ha presentato l’incidenza più elevata nel primo decennio degli anni 2000, quando assorbiva circa un quarto della spesa totale, con un picco massimo del 26,8% nel 2006. A partire dal 2008 il peso della componente sanitaria si è gradualmente ridotto fino a tornare nel 2019 ai livelli degli anni ’90 (22,3%).

L’assistenza ha visto crescere il suo peso relativo solo negli ultimi dieci anni. Nel 2014 ha superato per la prima volta la soglia del 9% delle prestazioni erogate (dal 7,1% degli anni ’90) per giungere all’11% nel 2019. Per finanziare l’intero sistema della protezione sociale pubblica sono stati messi a disposizione quasi 500 miliardi nel 2019, provenienti per oltre la metà da imposte e per il 48% da contributi sociali.

Ogni abitante ha ricevuto in media nel 2017 poco più di 8mila euro annui per prestazioni sociali. Il focus dell’Istat amplia poi la prospettiva di osservazione al confronto con gli altri Paesi europei. Più nello specifico si evidenzia come con 8.041 euro pro-capite l’Italia si attesta sui livelli medi della Ue28; la forbice è molto ampia: dai 20.514 euro del Lussemburgo ai 1.211 della Bulgaria. I paesi europei hanno dedicato in media alla vecchiaia il 40,5% di tutte le prestazioni sociali erogate nel 2017, in Italia molto di più, il 48,8%. Le prestazioni per malattia/salute seguono con il 29,7% in Europa, ma sono solo il 23,1% in Italia