Una strategia attiva di ingresso e di uscita?

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Ampie oscillazioni di prezzo nel mercato azionario spesso ci pongono interrogativi: quando dovrei entrare? O forse è meglio uscire? I giornali riportano grafici di performance da cui emerge chiaramente che l’ingresso andava fatto almeno sei mesi prima, o che sarebbe stato meglio uscire due mesi fa. È tutto ovvio … con il senno di poi!

Il trading è per l’argento, il lungo periodo è per l’oro

Personalmente, non sono a favore di una strategia attiva di ingresso e di uscita. Per quale motivo? Perché è difficile creare valore con questo approccio. A volte i mercati rispondono in modo molto imprevedibile alle notizie. Prendiamo ad esempio la pandemia di COVID-19. Le notizie sono filtrate goccia a goccia. Alcune dichiarazioni non hanno prodotto alcuna reazione, mentre altre hanno causato una risposta enorme, sia in positivo sia in negativo.

Perfino specialisti degli investimenti di grande esperienza, impegnati tutto il giorno ad analizzare le notizie con l’ausilio di strumenti molto potenti, sono consapevoli che le loro decisioni non creano alcun valore aggiunto. Questo si riflette anche nei ritorni deludenti ottenuti dai fondi con un approccio di gestione fortemente attivo.

Anche un ingresso in ritardo può risultare molto nocivo in termini di ritorni. Il grafico fornito di seguito indica il ritorno del VanEck Vectors Global Equal Weight UCITS ETF dall’inizio della sua quotazione nel 2011. La linea blu mostra il ritorno dell’EFT. La linea arancione indica i 10 giorni di negoziazione persi quando l’ETF ha registrato il massimo aumento. La differenza si commenta da sola.

I ritorni ottenuti in passato non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri. Ciò vale anche per i ritorni storici di mercato. Fonte: VanEck. Dati per il periodo dal 14 aprile 2011 (data di avvio della quotazione del fondo) al 31 marzo 2020. I ritorni si riferiscono ai ritorni totali, incluso il reinvestimento dei dividendi. I dividendi sono lordi, prima della detrazione delle imposte sui dividendi.

Ritorni simulati nel passato …

È opportuno non farsi ingannare dai ritorni simulati, definiti anche back test. In genere, mostrano che sarebbe stato possibile ottenere guadagni significativi. Tuttavia, col senno di poi non è difficile indicare una strategia di investimento che avrebbe funzionato perfettamente nel passato. Resta da vedere però se possa funzionare anche in futuro.

Premio per il rischio

Ancora una volta, la ricerca scientifica segnala che: il ritorno su un investimento scaturisce da un premio al rischio nel lungo termine. Investendo denaro ci si espone a un rischio: rischio di prezzo, rischio di cambio e così via. Tale rischio deve essere ricompensato a livello finanziario e questo è il ritorno positivo sull’investimento che ci si aspetta. Con un’uscita, anche solo temporanea, si riduce il premio per il rischio. Inoltre, se si entra e si esce ripetutamente, aumentano le commissioni sulle operazioni.

Confronto tra stop-loss e riponderazione

Alcuni investitori utilizzano i cosiddetti ordini “stop-loss”. Ad esempio, è possibile impostare un limite stop-loss al 15% in meno rispetto al prezzo di acquisto. Se il titolo scende a quel livello, viene automaticamente venduto. L’idea è che una perdita che non superi quel livello potrebbe ancora essere tollerata.

A mio giudizio, questo non è l’approccio corretto. Su periodi più lunghi, vi è una maggiore possibilità che il titolo scenda al di sotto del limite stop-loss a causa di oscillazioni assolutamente naturali. Se si esce a questo punto, si perderà ogni eventuale incremento di prezzo futuro.

Se si desidera capitalizzare i guadagni azionari, si potrebbe valutare la possibilità di modificare periodicamente l’allocazione tra classi di attivi. Ad esempio, se il valore delle azioni aumenta, se ne potrebbe vendere una parte e utilizzare i proventi per acquistare obbligazioni e viceversa. In questo modo, è possibile restare investiti e usufruire del premio per il rischio.