Prospettive di metà anno: tassi ancora “lower for longer”

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Dopo lo shock estremo di marzo, i titoli obbligazionari si sono stabilizzati grazie all’impegno profuso da governi e banche centrali per contribuire ad alleviare lo stress finanziario e dei mercati. A differenza del passato, come ad esempio nella crisi finanziaria globale, questa volta le loro risposte sono state relativamente rapide e di ampia portata. Finora ciò ha contribuito a prevenire un ulteriore declino economico, attraverso tagli ai tassi d’interesse, acquisti di obbligazioni, programmi di prestito e fornitura di liquidità.

Ora, probabilmente, stiamo entrando in una nuova fase in cui i mercati si scontreranno con le difficoltà del quadro macroeconomico. Potrebbero servire anni, non solo trimestri, perché il prodotto interno lordo (PIL) torni ai livelli del quarto trimestre 2019. Anche i tassi di disoccupazione resteranno verosimilmente elevati. Quanto all’andamento dell’economia reale, il tracciato sarà meno ripido e probabilmente non si tratterà di una vera e propria ripresa a V (tipicamente caratterizzata da un drastico crollo seguito da una rapida e sostenuta impennata dei criteri di misurazione delle performance economiche). Il temporaneo lockdown globale è un evento unico e ci vorrà del tempo perché l’economia si riprenda.

Alla luce di questa nuova realtà, è sempre più evidente che il contesto dei bassi tassi d’interesse che ha prevalso negli ultimi anni è destinato a permanere quanto meno nel medio termine. Le banche centrali manterranno verosimilmente approcci conservativi e accomodanti o, in altre parole, cercheranno di compensare il rallentamento dell’economia implementando misure di stimolo, come tagli ai tassi e politiche di quantitative easing. Ad esempio, il mercato dei futures sui fondi federali, che rappresenta le aspettative degli operatori in merito alla direzione dei tassi d’interesse, sta scontando un tasso sui fed fund dello 0-0,25% addirittura fino al 20231. Non si esclude inoltre che i bilanci della Banca Centrale Europea, della Bank of Japan e della Federal Reserve americana (Fed) possano raggiungere un totale di 20-25.000 miliardi di dollari2. Forse seguiranno anche molti altri programmi di stimolo fiscale ed estensioni di piani in scadenza.

1Al 30 aprile 2020. Fonte: Bloomberg, US Federal Reserve
2Al 31 marzo 2020. Fonti: Capital Group, Refinitiv Datastream

 

Finora le banche centrali hanno svolto un ruolo fondamentale nel sostenere i mercati, ma ciò che forse è ancora più sorprendente è il potere che esercitano con le sole intenzioni, piuttosto che con le azioni in sé. Ad esempio, gli spread delle obbligazioni societarie3 si sono fortemente contratti quando la Fed, ancor prima di effettuare qualunque investimento, si è limitata ad annunciare di voler espandere la portata dei propri acquisti al settore corporate. Nel concreto, la Fed ha poi acquistato le prime obbligazioni societarie sotto forma di exchange-traded fund (ETF) il 12 maggio, pur contribuendo a placare gli animi dei mercati con una semplice dichiarazione.

L’intervento senza precedenti della Fed, compreso l’impegno ad acquistare credito aziendale, è stato molto rapido e ben coordinato con il Dipartimento del Tesoro statunitense. Questa perfetta sinergia fra il governo americano e la Fed ha garantito una reazione immediata ed efficace alla crisi, che a sua volta ha contribuito ad arrestare il declino degli asset rischiosi, compresi i mercati azionari e del credito. Ma anche altre banche centrali e governi di tutto il mondo hanno fatto la loro parte, adottando misure di stimolo monetario e fiscale. Dopo un periodo iniziale di contrazione, gli spread sono tornati a stabilizzarsi. Il motivo è da ritrovarsi soprattutto nell’ingente offerta di nuove obbligazioni che il mercato del credito ha dovuto assorbire, visto che le società hanno cercato di emettere titoli per aumentare la liquidità in bilancio, prima che l’economia scivoli a tutti gli effetti nella paventata recessione.

Per quanto le banche centrali possano contribuire a rafforzare la liquidità di aziende altrimenti costrette alla bancarotta dalla chiusura economica, non ci sorprenderebbe assistere a un crollo degli utili societari e a un aumento dei casi di default. La natura, la portata e la velocità dell’attuale shock sono senza precedenti e le prospettive future si confermano molto incerte. Per quanto governi e banche centrali abbiano contribuito ad ammortizzare lo shock, solo il tempo ne svelerà la reale durata. Lo stesso vale per la gravità e il perdurare della recessione globale. Gli sviluppi relativi al COVID-19 si confermano un fattore d’influenza decisivo del sentiment degli investitori e probabilmente continueranno ad alimentare la volatilità del mercato, almeno in un’ottica di breve-medio termine.

In questo contesto, riteniamo indispensabile mantenere un approccio bilanciato e diversificato con un’attenzione mirata alla ricerca fondamentale attiva. Se è vero che i prossimi mesi saranno contrassegnati da un’elevata volatilità dei mercati, è a nostro avviso importante restare concentrati sul medio-lungo termine.

3Per spread di credito si intende la differenza di rendimento (ossia il rendimento atteso su un investimento in un determinato periodo di tempo) tra un’obbligazione governativa e un altro titolo di debito con scadenza analoga, ma qualità creditizia diversa. Gli spread di credito sono misurati in punti base: una differenza di rendimento dell’1% corrisponde a uno spread di 100 punti base. Gli spread creditizi misurano solitamente la rischiosità percepita di un’obbligazione societaria rispetto a un investimento più sicuro, in genere l’equivalente obbligazione governativa; in tal senso, più ampio è lo spread, più rischiosa è l’obbligazione societaria. Un periodo di contrazione riflette una riduzione della rischiosità percepita di un credito.