Debito emergente: dolcetto o scherzetto?

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I mercati emergenti sono stati duramente colpiti dalla pandemia di Covid-19. Le chiusure economiche hanno richiesto pacchetti di stimolo significativi che, insieme a conseguenze sul piano dei ricavi dovute ai lockdown, hanno comportato ampi deficit fiscali.

L’impatto sui rapporti debito / PIL è stato amplificato dalle contrazioni della produzione nazionale: il numeratore (deficit fiscale) è maggiore rispetto agli anni precedenti, mentre il denominatore è minore.

Di conseguenza, le ultime proiezioni del FMI dal World Economic Outlook di ottobre 2020 mostrano che il rapporto debito pubblico / PIL nei mercati emergenti supererà il 60% del PIL entro la fine dell’anno, quasi il 10% di PIL in più rispetto al 2019, raggiungendo il suo livello più alto da almeno due decenni.

Nonostante il fatto che un rapporto debito / PIL più elevato indichi che i profili di credito sono più deboli, concentrarsi solo su questo parametro fornisce un quadro nella migliore delle ipotesi parziale. È importante sottolineare che i mercati emergenti stanno rifinanziando questo debito a costi di prestito e tassi di riferimento ai minimi o quasi degli ultimi due decenni.

Nel frattempo, l’incentivo per i mercati a continuare a rinnovare questo debito appare evidente nel differenziale di circa 400 punti base tra i rendimenti dei mercati emergenti e quelli sviluppati. Ciò è importante non solo dal punto di vista dei rendimenti, ma anche in considerazione di ciò che l’invecchiamento della popolazione implica per i flussi di cassa nei fondi pensione e nei prodotti assicurativi in molte economie avanzate.

Guardando al futuro, gli investitori dovrebbero trarre conforto dal fatto che i risultati di crescita dei mercati emergenti negli anni a venire dovrebbero superare quelli delle economie avanzate. Ciò significa che in futuro il delta del debito emergente aumenterà probabilmente con un ritmo inferiore a quanto abbiamo visto nel 2020.