Il mondo del calcio in difficoltà: le contromisure prese dei club

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L’emergenza coronavirus ha messo a dura prova l’economia mondiale. In questa situazione difficile rientrano anche i club di calcio che stanno soffrendo anche a causa dell’impossibilità di ospitare tifosi presso gli stadi. E’ particolarmente in agitazione il fronte delle società di Serie A, che nelle passate settimane ha provato più volte a sensibilizzare il governo Conte sulla delicatezza del tema, non ricevendo però alcun riscontro. Il tema dei ristori economici per i mancati introiti da stadio, diritti tv e altri ambiti commerciali è soltanto uno dei problemi sul tavolo, l’altro – divenuto impellente viste le scadenze molto ravvicinate – è quello del saldo degli ultimi stipendi del 2020 fissato per il prossimo 16 febbraio. Pochissimi club hanno attualmente la liquidità per mettersi in regola ed evitare sanzioni da parte della FIGC.

Come riferito dal Corriere della Sera, infatti, i club si sono rivolti alla Lega per posticipare di due mesi il pagamento delle mensilità residue. Allo stesso tempo, le società del massimo campionato, che versano ogni anno circa 1,3 miliardi di euro allo Stato di tasse, invocano al più presto un confronto con le massime istituzioni del governo per rimandare di qualche mese almeno una parte del lordo sugli ingaggi dei propri tesserati, calciatori e allenatori in primis.

Stop alle spese folli sul mercato

A cambiare, a causa di questa profonda crisi, è anche il calciomercato. Nel corso delle ultime sessioni non c’è stata alcuna spesa folle da parte dei club e le operazioni sono caratterizzate da formule fantasiose con esborsi in più anni. Nel corso della sessione estiva dello scorso anno il dato più eloquente sono i 630 milioni di acquisizioni con cui chiude la Serie A, esattamente 540 in meno rispetto al 2019. Il numero di acquisti-cessioni a livello internazionale ha subito un calo del 18% rispetto all’anno precedente. È crollato anche il valore economico dei trasferimenti, scesi del 30%. Le società hanno preferito puntare sui giocatori più giovani (dai 18 ai 23 anni), che poi in futuro potranno garantire plusvalenze in grado di riparare ai danni di quest’ultima stagione.

Con questi numeri l’Italia è al quinto posto per numero di acquisti (290, è alle spalle di Inghilterra, Spagna, Portogallo e Germania) e la settima per cessioni. Ma è anche il secondo Paese ad aver speso maggiormente: circa 460 milioni di euro. Guida ovviamente la Premier League con oltre un miliardo. La stessa flessione si registra, inevitabilmente, nel denaro generato da questi trasferimenti. Un dato che sottolinea quanto il Covid abbia influito finanziariamente anche sul calciomercato, dove dai 7.35 miliardi di dollari spesi nel 2019 (cifra record) si è passati ai 5.63 miliardi del 2020: un calo di investimenti di 1.743 miliardi. Il 55.7% dei trasferimenti (non a parametro zero o in prestito) ha comportato un esborso inferiore ai 500 mila dollari.

Come prevedibile, in termini contrattuali, c’è una maggiore attitudine a offrire contratti lunghi ai più giovani: si punta ai 2-3 anni di contratto per gli Under 18, mentre gli Over 35 difficilmente hanno un accordo superiore ai 12 mesi. Ci sono poi due correlazioni da sottolineare: maggiore è lo stipendio annuale di un giocatore, maggiore è la possibilità che abbia un contratto lungo, così come è più facile un pluriennale nel caso in cui un giocatore non sia arrivato a parametro zero. Un altro punto importante è quello delle fasce d’età più coinvolte nei trasferimenti effettuati nel 2020. 231 quelli che hanno riguardato gli U-18, un numero relativamente basso ma il doppio rispetto ai 109 degli Over 35. I maggiori movimenti si sono concentrati sui giocatori tra i 18 e i 23 anni (7369 trasferimenti) e e tra i 24 e 29 anni (6981). Chiudono il bilancio i 2387 trasferimenti per giocatori tra i 30 e 35 anni.

Il futuro

Il futuro potrebbe essere quindi molto diverso da quanto visto fino a questo momento. D’altronde i top club europei come Barcellona, Real Madrid, Manchester City e così via stanno puntando ad una riduzione del monte ingaggi. Questo porta a rendere il calcio più imprevedibile, così come era già successo sul finire di quella precedente che ha generato non poche sorprese a livello italiano ed europeo. Sarà per questo motivo, ad esempio, che le quote scommesse dei campionati nazionali e delle coppe europee sono ancora piuttosto equilibrate. Nei maggiori campionati europei, infatti, vige un equilibrio che mancava da diversi anni ormai e che rende tutto più avvincente.