Sei scenari macroeconomici nel mondo post-Covid
Con il perdurare della crisi generata dal Covid, le prospettive economiche sono più incerte che mai. Luke Bartholomew, senior economist di Aberdeen Standard Investments, ha individuato sei possibili scenari macroeconomici per il 2021. Vediamo quali sono questi scenari e qual è la probabilità che ciascuno di essi si verifichi.
- Ritorno alla nuova normalità
Si tratta del nostro scenario di base, a cui assegniamo il 35% di probabilità. In tale scenario, l’economia globale torna ampiamente allo stato pre-Covid. I tassi di crescita tendenziale e il tasso di interesse di equilibrio (il tasso a cui la domanda e l’offerta di denaro sono uguali) assomigliano alla “nuova normalità” della stagnazione secolare giunta dopo la crisi finanziaria globale. L’inflazione media è inferiore. Entro il 2025 la crescita reale si stabilizza tendenzialmente sull’1,8% e l’inflazione dei prezzi al consumo sul 2%.
Pur riconoscendo in questa previsione il nostro punto di partenza, esistono altri scenari possibili in cui l’inflazione è più alta o più bassa.
- Ripensamento delle banche centrali
In questo scenario più inflazionistico, la crisi generata dal Covid induce le banche centrali a rivalutare il quadro monetario. Le autorità tentano di controllare la reflazione attraverso stimoli fiscali e monetari coordinati, il cosiddetto “helicopter money”, che permettono all’economia di riprendersi creando un eccesso di domanda, che fa aumentare l’inflazione. Le banche centrali, tuttavia, continuano a adoperarsi per mantenere i prezzi stabili nel lungo periodo, per cui l’inflazione e le aspettative sull’inflazione rimangono ridotte. La crescita raggiunge il 2,4% nel 2025, con un’inflazione dei prezzi al consumo al 3,3%. Gli stimoli proseguono, mantenendo i tassi nominali all’1%, ovvero ben al di sotto del tasso di equilibrio del 3,5%.
Questo scenario è ampiamente in linea con le misure politiche messe in atto da alcune banche centrali, tra cui la Federal Reserve (Fed) statunitense. Riteniamo tuttavia che la revisione della politica della Fed sia troppo timida per determinare un aumento delle aspettative sull’inflazione, pertanto la probabilità di questo scenario non supera il 20%.
- Bassa inflazione
Il conservatorismo istituzionale delle banche centrali spiega lo scenario disinflazionistico più probabile. Qui l’inflazione continua a scendere al di sotto dello scenario di base, ma le banche centrali l’accettano piuttosto che combatterla. Ritengono che gli effetti negativi di ulteriori stimoli siano superiori ai benefici e non perseguono la reflazione. Si accontentano quindi di un regime a bassa inflazione. Sia la crescita che l’inflazione si attestano sull’1,3% nel 2025. Poiché la Fed non cerca più di stimolare l’economia, i tassi di interesse sono all’1%, al di sopra del tasso di equilibrio dello 0,8%.
Diamo a questo scenario una probabilità del 20%. Data la persistente debolezza della domanda e i vincoli posti dai quadri politici esistenti, le banche centrali e i governi potrebbero accettare che l’inflazione rimanga bassa a lungo. E in effetti, le autorità dell’Eurozona e del Giappone sembrano già andare in questa direzione.
- Crollo deflazionistico
Nello scenario disinflazionistico più estremo, la crisi determina un’ulteriore contrazione della crescita tendenziale, dei tassi d’interesse di equilibrio e dell’inflazione, il che porta a una “stagnazione secolare indotta dal doping”. L’economia globale risente del virus diventato endemico e del distanziamento sociale che limita in modo permanente l’attività economica oppure dei cambiamenti comportamentali che permangono anche dopo la scomparsa del virus. Le banche centrali fanno poco per combattere tale fenomeno. Nel 2025 la crescita si attesta solo allo 0,5% con un’inflazione allo 0%, il che riflette sia le profonde tendenze disinflazionistiche sia la difficoltà di generare una deflazione sostenuta.
Diamo a questo scenario una probabilità del 12,5%.
- Rimbalzo della produttività
In questo scenario, l’inflazione è leggermente più alta, grazie alle notizie positive sul lato dell’offerta. La crisi stimola una nuova ondata di innovazioni, aumentando la crescita della produttività e il tasso di crescita tendenziale. I tassi di interesse di equilibrio aumentano. Poiché il miglioramento è dettato dall’offerta, l’inflazione non decolla, anche se le banche centrali hanno più margine di manovra per raggiungere i loro obiettivi in materia di inflazione. Il tasso di equilibrio sale al 3% e il tasso di riferimento statunitense si attesta solo al 2,5%, portando la crescita al 3% e l’inflazione al 2,3%.
Data la nostra valutazione alquanto pessimistica del futuro della globalizzazione e il fatto che le crisi tendano sia a stimolare che a danneggiare l’innovazione, diamo a questo scenario una probabilità relativamente bassa pari al 7,5%.
- Pieno predominio fiscale
Il nostro ultimo scenario comporta un’inflazione molto più elevata poiché la crisi generata dal Covid ha modificato radicalmente l’equilibrio tra politica monetaria e politica fiscale. La politica fiscale diventa il principale strumento di gestione macroeconomica e sono i governi, piuttosto che le banche centrali, a fissare il livello dei prezzi. La politica monetaria rimane estremamente accomodante e il bilancio delle banche centrali viene utilizzato per finanziare la spesa pubblica. I tassi d’interesse nominali aumentano per far fronte all’incremento dell’inflazione, che aumenta drasticamente pesando sulle aspettative sull’inflazione. Dopo un primo slancio, la crescita diminuisce poiché i prezzi elevati e volatili pesano sull’attività economica. La crescita reale nel 2025 è pari solo all’1%, con un’inflazione al 6%. I tassi d’interesse reali sono al -5,5%, troppo bassi per contrastare la spirale inflazionistica. Le probabilità che ciò accada sono tuttavia solo del 5%.
Da questa analisi si evince che lo scenario più probabile è molto meno probabile che in passato. Rispetto al proseguimento della “nuova normalità” infatti, vi è una maggiore probabilità che si verifichi uno scenario inflazionistico o disinflazionistico. Dobbiamo quindi preparare i portafogli dei clienti, perché nel mondo post-Covid un’attenta asset allocation e un’intelligente selezione dei titoli saranno più importanti che mai.