Dovremmo preoccuparci di un ritorno della stagnazione secolare?

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Il rendimento dei Treasury statunitensi ha continuato a scendere nel corso della scorsa settimana, innescando un rally anche sugli altri mercati globali dei tassi. Visto che i dati economici rimangono relativamente positivi e vi sono state relativamente poche notizie “nuove”, questa dinamica dei prezzi ha indotto gli osservatori di mercato cercare spiegazioni per giustificare movimenti che hanno visto i rendimenti dei Treasury ritracciare più della metà del rialzo registrato nel primo trimestre del 2021, con la curva che continua ad appiattirsi in modo aggressivo.

In una certa misura, le preoccupazioni persistenti riguardo al Covid e alla variante Delta, insieme a un rallentamento dell’attività economica in Cina, potrebbero essere stati tra i fattori che hanno influenzato i mercati durante la scorsa settimana.Tuttavia, un tema più ampio in gioco sembra essere un’oscillazione nel sentiment di mercato per prezzare un ritorno della stagnazione secolare, una dinamica che ha visto crescita, inflazione e tassi di interesse muoversi al ribasso per gran parte dello scorso decennio.

Coloro che adottano questa visione del mondo potrebbero sostenere che il picco nello slancio della crescita si sia registrato durante il secondo semestre, e che a prescindere da quanto l’inflazione si spingerà in alto nel breve termine, la tendenza è destinata a invertirsi via via che ci avviciniamo al 2022.

Di conseguenza, se l’attività economia e le pressioni sui prezzi diminuiranno di concerto, non ci sarà bisogno che la Fed aumenti i tassi, ma vi sarà una dinamica di “giapponesizzazione” e il livello naturale dei tassi di interesse rimarrà ancorato in modo permanente intorno allo 0%. Tuttavia, vale la pena chiedersi se questa narrativa possa reggere alla prova dei fatti.

Il momentum della crescita statunitense rimane positivo e le politiche fiscali e monetarie accomodanti continuano a stimolare l’attività economica. In effetti, i tassi di interesse reali sono ancora più negativi di quanto non fossero in questo periodo l’anno scorso e mentre le economie si riprendono dalla pandemia da Covid, la maggior parte dei banchieri centrali che incontriamo sono più preoccupati che l’economia statunitense possa surriscaldarsi, piuttosto che raffreddarsi improvvisamente.

Separando le varie componenti del Pil, l’outlook per i consumi sembra solidograzie all’aumento di occupazione, salari e redditi, al calo dei risparmi accumulati in via precauzionale e agli effetti positivi sulla ricchezza dovuti all’incremento nel valore degli asset e delle case.

Anche il quadro per gli investimenti appare positivo, con un boom edilizio innescato dall’aumento della spesa immobiliare e industriale in risposta alla domanda del mercato.

Infine, anche il settore governativo resta in espansione e l’accordo sui nuovi stimoli in abito infrastrutturale sembra possa essere raggiunto nel giro dei prossimi due mesi.

In questo scenario, si eviteranno eccessi dell’attività solo se i consumatori e le imprese sapranno autoregolarsi, determinando un momentum solo di breve durata. Tuttavia, la storia dei consumi statunitensi suggerisce che questa visione sia probabilmente irrazionale, in assenza di limitazioni a livello di politiche. Così come molti osservatori sono rimasti sorpresi dal movimento al rialzo dell’inflazione negli ultimi mesi, allo stesso modo ci aspettiamo che possano continuare a sorprendersi se questi dati supereranno ancora le aspettative. Ciò potrebbe già valere per il report sull’indice dei prezzi al consumo di settimana prossima.

Durante lo scorso trimestre, l’inflazione più elevata ha spinto i rendimenti al ribasso, in modo controintuitivo. Tuttavia, dubitiamo che questo trend possa persistere. Con i mercati obbligazionari che si stanno rassegnando al venir meno del tema reflazionistico e stanno tornando a prezzare una stagnazione secolare, dati più solidi potrebbero provocare un’oscillazione nella direzione opposta nelle prossime settimane. Continuiamo a credere che se le nostre aspettative su una crescita e inflazione più solide negli USA verranno rispettate, ciò spianerà la strada affinché la Fed riduca i propri acquisti in autunno e i rendimenti a dieci anni aumentino al di sopra del 2% entro la fine del 2021.

Con la Fed che sta ‘seguendo i dati’ invece che adottare un approccio alle politiche orientato a ‘prevenire’, ci sembra che i mercati siano rimasti privi di una leadership chiara.

Di conseguenza, le oscillazioni del sentiment e dei posizionamenti potrebbero essere molto significative in entrambe le direzioni. Tuttavia, in ultima analisi l’aspetto fondamentale saranno i dati. Cercare di anticipare i fattori tecnici e gli umori del mercato si sta rivelando una sfida, ma rimaniamo fiduciosi che, se sapremo azzeccare le previsioni sull’economia, alla fine le politiche monetarie e i rendimenti obbligazionari si muoveranno sicuramente nella stessa direzione.

Europa

Al di fuori degli USA ci sono state poche notizie nell’ultima settimana. In Europa, come atteso, la BCE ha concluso la sua review della politica, confermando un approccio simmetrico per raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2%. Alcuni hanno commentato la BCE rimarcando un atteggiamento da “colomba”, nonostante una crescita della fiducia e dell’ottimismo in riferimento alla traiettoria economica nella seconda metà dell’anno. Dubitiamo che la BCE voglia iniziare il tapering del PEPP prima che la Fed inizi a ridurre il suo bilancio e il Consiglio Direttivo sembra avere almeno un occhio puntato sugli sviluppi oltreoceano.

Anche le prospettive per il Regno Unito sembrano in fase di stabilizzazione. Gli annunci del governo sembrano suggerire che quasi tutte le restrizioni legate al Covid-19 verranno rimosse il 19 luglio, nonostante le proiezioni che indicano un ulteriore rapido aumento dei casi in arrivo.

Vi è la ferma convinzione che le vaccinazioni dovrebbero limitare il numero di coloro che si ammalano gravemente, con il tasso di mortalità da Covid-19 crollato del 95% dall’inizio del 2021. Si pensa anche che permettere al Paese di ottenere una ‘immunità ibrida’, attraverso infezioni e vaccinazioni, abbia senso nel corso dei mesi estivi, quando le pressioni sul sistema sanitario nazionale britannico tendono a essere inferiori.

In un certo senso potrebbe trattarsi di una strategia rischiosa. Tuttavia, in Paesi come l’India, abbiamo visto come le ondate di variante Delta possano essere contagiose, ma abbiano al contempo una vita relativamente breve, e quindi si potrebbe realisticamente sperare che il Regno Unito raggiunga il picco di infezioni per poi tornare a vedere un calo dei casi nel mese di agosto.

I rendimenti europei si sono mossi al ribasso questa settimana, in linea con i Treasury USA. Intanto, un ritracciamento degli asset rischiosi ha visto gli spread creditizi perdere terreno, con l’azionario che ha ritracciato lievemente al ribasso.

Forex

Il dollaro è rimasto relativamente stabile, suggerendo che potrebbero esserci cambiamenti nella posizione del consensus. Sembra che questo abbia tendenzialmente scommesso su tassi più elevati, curve più ripide e un dollaro più debole negli ultimi mesi, con molti investitori che sono stati presi alla sprovvista dai recenti movimenti.

Guardando avanti

Il report sull’inflazione USA sarà il prossimo tra i principali dati macro che potrebbe innescare un ripensamento sul mercato. Sebbene le ultime solide letture abbiano spinto i rendimenti verso il basso, invece che verso l’alto, siamo sicuri che questa correlazione non possa durare a lungo.

Di certo, però, è improbabile che la Fed si dimostri noncurante tanto quanto alcuni operatori di mercato nei confronti della crescente pressione sui prezzi, soprattutto di fronte a prove più evidenti dell’impatto sulle aspettative di consumatori e aziende a livello di futuri aumenti dei prezzi. In generale, sembra che continuiamo a operare in un mondo dove la liquidità è talmente abbondante che praticamente i prezzi di tutti gli asset si sono mossi al rialzo.

Intanto, le valutazioni di alcune piccole aziende tech continuano a stupirci. L’esempio di questa settimana riguarda la banca online britannica Revolut, con una valutazione implicita di $30 miliardi. Le valutazioni superano quelle di molte grosse e profittevoli banche, senza che queste aziende abbiano generato alcun profitto fino ad ora. Sembra che stiamo vivendo in un mondo alla rovescia, ma in ultima istanza pensiamo che prevarrà il buonsenso.

A nostro avviso, la stagnazione secolare rappresenta una diagnosi scorretta per USA in questo momento, ma dovremo aspettare che i dati ci dicano la verità. Dopotutto, anche i tifosi inglesi stanno iniziando a capire che non c’è bisogno di essere eccessivamente pessimisti riguardo al futuro…