BCE: l’arte del compromesso e l’opportunità mancata

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La BCE ha annunciato i risultati della Strategy Review.  La review ha avuto inizio nel 2020 e ha subito forti ritardi a causa della pandemia. Il processo ha visto coinvolti ben 13 gruppi di lavoro, i cui risultati saranno presentati in working papers che la BCE pubblicherà nelle prossime settimane.

Ci sono quattro cambiamenti principali: primo, il nuovo target sarà 2%, non più “poco al di sotto del 2%”; secondo, negli anni a venire includerà i costi delle attività immobiliari (housing) nell’indice di inflazione, come fanno già altre banche centrali; terzo, il “pilastro monetario” sarà rimpiazzato da un pilastro “monetario e finanziario”, presumibilmente per includere analisi regolari sulle condizioni finanziarie spesso menzionate dalla Lagarde; quarto, fattori legati ai cambiamenti climatici saranno inclusi nelle sue analisi, nei programmi di acquisti e nel framework monetario.

Quali sono le implicazioni per i mercati e per la politica monetaria?

L’inclusione delle attività immobiliari nell’inflazione era probabilmente nelle attese e dovrebbe alzare l’inflazione misurata al margine di 10-20 punti base. La revisione formale del target a un 2% simmetrico era senz’altro anch’essa attesa dal mercato. In generale, portare l’obiettivo d’inflazione da “poco sotto il 2%” a un 2% simmetrico equivale ad alzare il target e quindi – ceteris paribus – va al margine nella direzione di una politica monetaria più espansiva. Il contesto in cui vengono prese queste decisioni è importante. L’inflazione in eurozona negli ultimi dieci anni è stata in media 1.2%, poco più della metà del target. Ci si attendeva forse qualcosa di più concreto dalla BCE su come riportare l’inflazione al target. Invece la BCE si è limitata a menzionare gli strumenti esistenti (tassi d’interesse,forward guidance, QE, LTRO) e a dire in maniera generica che ne avrebbe introdotti di nuovi ove fosse necessario. E che dire dell’c? La BCE avrebbe potuto annunciare ad esempio che avrebbe cercato di portare l’inflazioneoltre il 2% per un periodo, al fine di compensare in parte la bassa inflazione degli ultimi anni. Questa è l’essenza dell’Average Inflation Targeting (AIT) annunciato dalla Fed a Jackson Hole nel 2020. Oppure la BCE avrebbe potuto fornire delle indicazioni su come avrebbe cercato di mantenere la sua politica di acquisti flessibile anche dopo la fine del PEPP, prevista per marzo 2022.  Invece, nulla di tutto questo. Quando – come adesso – i tassi sono prossimi al cosiddetto effective lower bound (cioè il limite oltre il quale non è prudente tagliarli), la BCE sostiene che si creano delle condizioni particolari. Non potendo tagliare i tassi, la banca centrale deve prendere delle misure forti per evitare che le aspettative d’inflazione si deteriorino. Fare questo può condurre a un periodo temporaneo d’inflazione sopra il target, secondo la BCE. Può sembrare un passo verso AIT, e in effetti lo è, ma è davvero molto timido. Inoltre, la stessa Lagarde ha detto che non ci saranno conseguenze materiali sulla politica monetaria.

Un passo avanti, ma anche un’opportunità mancata

Sarebbe sbagliato – e ingeneroso – dire che non è cambiato niente. La BCE ha contribuito a chiarire il suo obiettivo d’inflazione e renderlo trasparente. I working papers che saranno pubblicati nelle prossime settimane forniranno senz’altro materiale di studio interessante. Ciò detto, va ricordato che la BCE prevede l’inflazione solo all’1.4% tra due anni, nonostante lo stimolo monetario già messo in atto. Il problema di un’inflazione ben sotto il target è reale e richiede misure forti. La chiara sensazione è che la BCE avrebbe potuto fare di più e che la necessità di trovare un compromesso tra i vari membri abbia impedito una soluzione più ambiziosa. Molti dei nodi irrisolti verranno inevitabilmente al pettine nei prossimi mesi. Per adesso, la Strategy Review è indubbiamente un passo avanti, ma anche un’opportunità mancata.