È tutta una questione di tassi di interesse

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Il 2022 consisterà principalmente nello sviluppo dei tassi di interesse. Se il trend dell’inflazione dovesse portare la Federal Reserve ad alzare i tassi in maniera brusca (il mercato dei futures ne ha già incorporati tre entro la fine del 2022), il mercato azionario potrebbe vedere un’annata negativa. Il buono sviluppo economico degli ultimi anni è stato possibile solamente grazie a tassi di interesse mantenuti bassi dalle banche centrali. Di conseguenza i tassi di indebitamento record sono stati compensati da minimi storici nel costo del debito. Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse avrebbe un forte impatto negativo sull’economia in termini di consumi e di investimenti. I mercati azionari saranno quindi influenzati anche dal fatto che le valutazioni sono ai massimi storici e l’investimento eccessivo in azioni ha raggiunto livelli record.

In passato, tutti gli anni in cui un indice ha guadagnato più del 20% (com’è stato il caso di questo 2021) sono stati seguiti da movimenti al rialzo nell’anno successivo, di solito con percentuali in doppia cifra. Se i tassi di interesse rimanessero bassi, non ci sarebbe in effetti alternativa di investimento all’azionario – ed è probabile che l’attuale ondata di investimenti negli USA (il più forte dal dopoguerra) continui. Perciò, ulteriori aumenti dei profitti sarebbero inevitabili.

Nessuna spirale prezzi-salari in vista

In realtà, c’è la speranza che importanti componenti dell’inflazione, come il prezzo del petrolio, si riducano di nuovo in modo significativo durante il prossimo anno. L’aumento dei prezzi dei beni dovrebbe portare a un aumento della fornitura, il che dovrebbe portare a sua volta a prezzi più bassi dopo il consueto “ciclo del maiale”, vale a dire la fluttuazione dei prezzi delle materie prime. È più difficile invece stimare l’inflazione nel settore dei servizi. Negli USA c’è carenza di personale  specialmente per lavori non qualificati. In questo caso, gli stipendi probabilmente continueranno ad alzarsi con tassi a doppia cifra. Per contro, il trend degli stipendi degli impiegati con un maggiore tasso di istruzione non è diverso da quello del periodo pre-Covid, il che rende difficile credere che vi possa essere una spirale prezzi-stipendi – una situazione molto diversa da quella degli anni Settanta.

Dollaro e oro con potenziale al rialzo

In termini di valute, il dollaro dovrebbe rimanere in un trend positivo. Mentre la Bundesbank è sempre stata un pioniere internazionale nel combattere l’inflazione, la BCE ha mostrato pochissimi segnali di una politica anti-inflattiva. Per questo motivo l’euro dovrebbe continuare a svalutarsi contro il dollaro – continuando l’inflazione da livelli record nei prezzi dell’import tedesco. Di conseguenza, i prezzi dei produttori in Germania, già a livelli massimi da 30 anni, continueranno ad alzarsi. Alla luce degli alti tassi di inflazione, non si può escludere una fuga verso asset materiali, nonostante gli elevati prezzi degli immobili e degli indici azionari. Questo corrisponderebbe al noto quadro di un boom di svalutazioni.

Anche l’oro dovrebbe riuscire a risalire dopo un anno deludente (nel prezzo denominato in dollari). Tuttavia, denominati in euro, i prezzi dell’oro sono aumentati leggermente nel 2021, con il ritorno di acquirenti dall’India o dalla Cina. Il sell off, finora molto forte, da parte degli investitori in ETF statunitensi, dovrebbe concludersi man mano che l’inflazione aumenta. Se i prezzi dell’oro crescono, l’azionario aurifero dovrebbero crescere a un tasso superiore alla media.

Il cigno nero: la Cina rimane un fattore di rischio – specialmente per la Germania

Il cigno nero del 2022 potrebbe essere la Cina. Finora, l’economia dell’immobiliare è stata il fattore principale, ma non dovrebbe più essere così in futuro. Il tasso della proprietà immobiliare del 95% è molto al di sopra del livello tedesco, che non arriva al 50%, la popolazione è in calo e l’urbanizzazione, che era aumentata in maniera significativa, sembra si stia esaurendo. Gli alti tassi di sfitto (la popolazione cinese investe la maggior parte dei propri risparmi nell’immobiliare) verosimilmente metteranno pressione sui prezzi, portando alla vendita delle proprietà vacanti. I tassi di interesse cinesi, molto alti in confronto a quelli dell’Occidente, rischiano di rendere problematica la notevole crescita del debito privato e soprattutto aziendale degli ultimi anni. Un’economia povera danneggerebbe in particolar modo la Germania, la più principale nazione del mondo a livello di export al di fuori della Cina.

Covid – la spada di Damocle sull’economia cinese

Il problema del Covid rimane imprevedibile. Sebbene in tutto il mondo siano stati fatti dei tentativi per evitare chiusure da una prospettiva economica, il comportamento dei consumatori resterà probabilmente caratterizzato da una depressione. In Cina è già fortemente peggiorato per via della crisi dell’immobiliare. Se le nazioni occidentali stanno cercando di attuare, più o meno apertamente, la strategia dell’immunizzazione iniziata dalla Svezia, la Cina è l’unico Paese ad aver intrapreso una strada diversa, con una strategia “zero-Covid”. Se la Cina aprisse anche solo in maniera limitata, come visto di recente negli USA, potrebbe affrontare un problema enorme a livello di contagi Covid, non previsto in precedenza in nessun modo. La Cina ha quindi la scelta: proseguire con la strategia “zero-Covid”, continuando ad avere una crescita debole che il Paese non vede da decenni, o aprirsi e vivere una situazione di crescita economica, ma con cifre di contagi di forse più di un milione di persone al giorno.