L’onda lunga dei rialzi delle materie prime

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Oltre alle drammatiche conseguenze per la popolazione, la guerra in Ucraina ha portato a crescenti sanzioni nei confronti della Russia, che avranno ricadute sistemiche e implicazioni dirette sulle materie prime, con riflessi in particolare per l’Europa. Russia e Ucraina rappresentano meno del 3% del PIL mondiale, ma sono strategiche per quanto riguarda un’ampia rosa di materie prime tra le quali petrolio, gas, metalli e prodotti agricoli.

Le ramificazioni economiche sono quindi ampie e non sempre immediatamente valutabili. Si tratta evidentemente di una situazione molto fluida che potrebbe avere esiti binari, anche per i mercati, a seconda dell’andamento delle trattative.

I mercati stanno cercando di valutare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime sulla crescita economica e l’inflazione, ma non bisogna perdere di vista gli effetti secondari come le implicazioni per il sistema finanziario, gli aspetti sociali e gli assetti geopolitici.

Partiamo dal settore bancario, tra quelli ad aver sofferto più questa crisi in borsa. Tranne poche banche, che in gran parte sono comunque dotate di ampi cuscinetti di capitale, l’esposizione diretta alla Russia o al rublo non è particolarmente rilevante. Tuttavia, almeno in Europa l’incertezza determinata dal conflitto potrebbe rallentare il processo di uscita dai tassi d’interesse negativi, rendendo quindi più difficoltoso il recupero del margine d’interesse, che per gran parte del settore è la principale fonte dei ricavi.

Inoltre, potrebbero registrarsi impatti, oggi non immediatamente visibili, nell’attività in opzioni e futures sulle materie prime. Molti produttori e intermediari vendono futures per bloccare il prezzo e ripararsi dalla possibile volatilità delle quotazioni; a fronte degli ingenti rialzi potrebbero dover apportare nuove garanzie a queste posizioni. Nel caso dei produttori non dovrebbero esserci particolari rischi, perché possiedono le materie prime sottostanti l’operazione finanziaria, ma non si possono escludere sorprese per alcuni operatori speculativi o interessati dalle sanzioni.

Per questa ragione, monitoriamo con attenzione tutti gli indicatori di rischio sistemico nel campo del credito e delle materie prime. Ad oggi si notano tensioni ma non segnali di contrazione del credito, che potrebbero amplificare l’impatto economico dei maggiori costi delle materie prime.

Una seconda derivata, in questo caso potenzialmente positiva, è l’accelerazione della transizione energetica in Europa con il nuovo piano REPowerEU, il piano comunitario per produrre energia più sicura, sostenibile e economica. La diversificazione delle fonti energetiche e l’abbattimento delle emissioni di CO2 è da tempo un obiettivo strategico dell’Unione europea (UE) e uno dei pilastri del Recovery fund, ma sicuramente gli eventi recenti lo rendono ancora più urgente.

L’UE si trova in una posizione particolarmente delicata perché risente direttamente dalle tensioni con la Russia, che è un importante partner commerciale. La capacità di arginare l’inevitabile impatto economico dipenderà fortemente dal saper utilizzare questa crisi – come è successo in occasione del Covid – per perseguire una maggior integrazione e varare investimenti che possano migliorare produttività e domanda interna. Il Recovery fund, che è finanziato con obbligazioni emesse dall’UE, potrebbe rappresentare un modello per finanziare maggiori investimenti nella transizione energetica e nella difesa, tuttavia ad oggi non ci sono conferme.

Potenzialmente alcuni Paesi sudamericani potrebbero essere inaspettati beneficiari delle tensioni sulle materie prime, perché esportano petrolio, carbone, rame, soja e altre materie prime a prezzi più elevati, migliorando sensibilmente la propria posizione finanziaria e i conti pubblici. Ciò potrebbe alleviare un periodo complesso dal punto di vista politico e sociale dopo la pandemia.

Al contrario, altre aree economiche potrebbero dimostrarsi più vulnerabili ai maggiori costi dell’energia e dell’inflazione. Come abbiamo visto in occasione delle «Primavere Arabe» nel 2010-11, che videro tra i loro fattori scatenanti l’onda lunga della crisi finanziaria globale, non bisogna mai tralasciare le implicazioni sociali di un deterioramento del potere di acquisto delle famiglie.

Anche la Cina potrebbe risentire di un aumento duraturo dei prezzi delle materie prime così come di un rallentamento economico, visto il suo ruolo dominante nella manifattura e negli scambi internazionali. Tuttavia, i prodotti russi, incluso il petrolio, quotano a forte sconto rispetto agli omologhi di altra provenienza per via delle sanzioni e delle decisioni autoimposte da alcune multinazionali.

La Cina potrebbe trarre vantaggio da questa situazione ottenendo prezzi convenienti e creando una sorta di sistema finanziario alternativo dove le operazioni potrebbero venire liquidate in renmimbi. Ciò potrebbe contribuire a rafforzare il suo ruolo internazionale sia per quanto riguarda le transazioni che le riserve delle banche centrali.

Ogni crisi è diversa dalle precedenti: le crisi geopolitiche possono portare a cambiamenti economici di lungo termine, ma in borsa normalmente l’impatto è di breve durata. Gli investitori possono comunque considerare diverse misure per affrontare questo periodo così complesso. Le materie prime e il settore dell’energia possono fornire protezione nei confronti dell’inflazione e dei rischi geopolitici.

Restando sul tema dell’energia, la forte correzione dei titoli azionari collegati a tecnologie verdi, energie rinnovabili ed efficienza energetica potrebbe offrire nuove opportunità d’ingresso in un trend che caratterizzerà l’intero decennio – a maggior ragione in seguito al deterioramento dei rapporti tra Occidente e Russia. I governi continueranno a investire in modo consistente per contenere le emissioni di CO2 e, probabilmente, i recenti avvenimenti costituiscono un ulteriore incentivo a diversificare le fonti energetiche.

Anche il settore farmaceutico può dare un contributo difensivo avendo performato male durante la pandemia perché sono diminuite le diagnosi di patologie minori, ha quindi spazio di recupero.

Inoltre, la Cina è meno interessata dal conflitto in corso e ha una congiuntura e politiche monetarie disallineate rispetto alle nostre. Siamo tatticamente neutrali su questo mercato per via dei cambiamenti regolamentari, ma strategicamente l’azionario cinese può contribuire a una migliore diversificazione del portafoglio.