Collettivo Piano A: dalle installazioni nei luoghi più inconsueti di Milano fino ad una collezione di moda con un brand berlinese

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I due giovani artisti Alvise Decastello e Francesco Perrini si incontrano nelle aule dell’Accademia di Belle Arti di Brera, nella facoltà di Grafica d’Arte, dove entrambi si laureano nel 2021. La nascita di una forte connessione artistica, oltre che di una solida amicizia, li porta a fondare il Collettivo “Piano A” con uno scopo ben preciso: insidiarsi ed interagire col territorio urbano della città, utilizzando quelli che sono i posti più inconsueti in cui generalmente non ci si aspetta di incontrare l’arte.

Una delle prime installazioni site-specific venne concepita all’interno di una rosticceria kebab di Milano, in cui i due artisti realizzarono una vera e propria “invasione” dello spazio, appendendo le opere ai muri, indossando magliette in linea con quelle degli operatori e creando un opuscolo nello stile del menù. Con lo stesso format, nel giugno 2022, realizzano un’installazione nella stazione metropolitana di Repubblica con un fac-simile del biglietto del treno come opuscolo. Ciò che emerge dai progetti sviluppati dal Collettivo Piano A è la capacità di entrare in contatto con i luoghi più disparati, senza imporre un incontro forzato ma, al contrario, adattandosi ad esso, dimostrando che l’arte può e deve vivere in tutti gli ambienti.

Proprio per questa necessità di mantenere l’arte viva in ogni luogo, anche in quelli tradizionalmente meno consoni, il Collettivo Piano A escogita un modo per portarla anche nelle case dei cittadini. Il progetto fu nominato “Deliverarte” e coinvolse quindici artisti (oltre agli stessi fondatori) selezionati attraverso un’open call indetta dal Collettivo e consisteva in un servizio di delivery simile a quello delle applicazioni di consegna di cibo. In un periodo in cui la casa era l’unico luogo in cui era consentito stare a causa dell’emergenza Covid-19, i clienti di questa innovativa applicazione, ricevevano un’opera d’arte integrata al packaging delle pizze.  “Il punto focale del progetto è l’abbattimento delle attuali barriere sociali che il Covid-19 ha imposto, soprattutto nel mondo dello spettacolo, della cultura e del consumo alimentare” – si legge sul manifesto del progetto – “Vestiti proprio come due fattorini qualunque, gli artisti si muovevano in bicicletta all’interno dell’area metropolitana della città di Milano consegnando opere d’arte.”

Uno degli ultimi progetti, seppur ancora in fase di sviluppo, nasce invece da un incontro fortunato con il gruppo curatoriale delocalizzato Asola Group, che decide di coinvolgere i due artisti in un progetto che li porterà ancora una volta ad interfacciarsi con un altro mondo: quello della moda. Il progetto verrà presentato attraverso un double event a Berlino e a Milano, di cui presto le fondatrici Carola Antonioli e Giorgia Massari ne sveleranno i dettagli.

INTERVISTA ESCLUSIVA AI FONDATORI DI PIANO A          

Come vi siete conosciuti?

Alvise: “Abbiamo studiato in due Accademie diverse, io ho frequentato il corso di Decorazione a Venezia, mentre Francesco quello di Pittura a Firenze, ci siamo conosciuti durante l’esame di ammissione a Brera per il Biennio in Grafica d’Arte e fin da subito c’è stata un’alchimia tra noi. Quando Francesco stava cercando casa a Milano, a causa di disdette si è trovato in difficoltà e mi ha chiesto di ospitarlo per qualche giorno a casa mia, in vista dell’inizio delle lezioni. In poco tempo Francesco trova casa ma successivamente anch’io ho avuto la necessità di cambiarla e decidiamo così di diventare coinquilini, oltre che amici.”

Da dove nasce il nome “Piano A”?

Francesco: “L’anno dopo che ci siamo conosciuti, Alvise mi ha chiamato raccontandomi la sua intenzione di creare un collettivo e comunicandomi che la prima persona a cui aveva pensato ero proprio io. Da subito abbiamo iniziato a come si potesse muovere questo collettivo, ancora prima del nome avevamo già in mente delle fasi, dei progetti e abbiamo anche iniziato a individuare dei luoghi. Inoltre, dalla nostra passione in comune per la musica Rap, nasce l’idea di rimanere in contatto con le realtà di strada e proprio da essa abbiamo concepito il nome. Stavamo infatti ascoltando la nuova canzone di Ghali “Flashback” del 2019, in cui nel ritornello dice “Se hai un piano A, lo fai”, dunque guardandoci abbiamo capito che ci rappresentava e inoltre ci piaceva come suonava; perciò, decidemmo di usarlo come nome del collettivo. Per noi, infatti, il piano di essere artisti è il nostro piano A.”

Alvise: “Il logo, inoltre, riprende e brandizza ciò che per noi rappresenta il Piano A. Il logo è formato da una linea orizzontale che deriva dalla traduzione cinese di “piano”, che è proprio una linea retta, qualcosa che va dritto all’obiettivo, una strada che non devia.”

Quali sono i vostri primi progetti insieme?

Alvise: “Siamo partiti molto carichi, pieni di idee e con l’obiettivo di fare un progetto al mese, poi ovviamente la pandemia ha rallentato anche noi. Il primo progetto ufficiale è stato all’interno di un supermercato multietnico che ci ha permesso di realizzare delle installazioni site-specific. Il supermercato si trova in zona Maciachini, quartiere in cui viviamo e in cui siamo più attivi, proprio con l’intenzione di mantenere attiva la zona e farla riscoprire. Prima di questo progetto, in realtà, abbiamo realizzato un lancio del collettivo all’interno dell’Accademia di Brera. Il progetto che invece ha avuto più risonanza sul territorio milanese è senza dubbio quello “Deliverarte” in cui consegnavamo l’arte a casa dei cittadini.”

Qual è la vostra ideologia?

Francesco: “Le nostre ideologie sono quelle di operare in luoghi inconsueti, quei luoghi considerati non luoghi (supermarket, rosticcerie kebab, stazioni metro, ristoranti multietnici) perché sono tutti luoghi in cui ognuno di noi entra, anche nelle ore della notte, prende quello che gli serve ed esce subito, e non si ferma a domandarsi chi è il proprietario, quali sono le sue origini, la storia di quel posto, i prodotti al loro interno e tutta la grafica presente in questi luoghi, che rende unico anche questo tipo di ambiente. Noi cerchiamo di lavorare rielaborando questi luoghi, partendo anche dalle grafiche e dalle idee che ci suscita quell’ambiente specifico, e creiamo poi lavori che amplifichino quell’ambiente, senza deturparlo o coprirlo, ma valorizzando l’immagine e il sentimento, rendendolo protagonista.”

Qual è il progetto che avete realizzato che è più in linea con le vostre idee?

Alvise: “Tutti i nostri progetti sono molto in linea con le nostre idee e tutti sono in comunicazione l’uno con l’altro. Siamo concordi tutti e due nel dire che l’esibizione “Appearance” che abbiamo fatto all’interno della rosticceria kebab sia la meglio riuscita in quanto ci siamo mescolati con chi lavorava lì, abbiamo lavorato insieme a loro, creando una situazione molto atipica perché le persone che venivano a vedere l’esposizione si trovavano in un luogo in funzionamento e trovava noi completamente inseriti nel lavoro dell’attività.”

Francesco: “Era presente una forte identità della mostra, dal titolo della mostra all’ideologia di ogni opera che ritornava sempre al concetto di appearance.”

Quali sono le vostre ambizioni per il futuro?

Alvise: “Come dice il nome, la nostra ambizione futura è fare gli artisti a livello professionale, come già abbiamo iniziato a fare, ma ciò che vogliamo è che diventi il nostro unico lavoro. Per fare questo, noi ci vediamo proiettati anche all’estero, in altre capitali europee e in America.”

Francesco: “Dato che Piano A è un progetto autofinanziato, noi realizziamo i nostri progetti in maniera limitata anche perché abbiamo a che fare con delle stampe e i costi sono elevati. A mio avviso, un’ambizione di Piano A è quella di trovare un contatto che investa su di noi al fine di riuscire a realizzare tutti i progetti che abbiamo ideato, come ad esempio riuscire a riempire un’intera stanza/capannone pieno di nostre stampe, senza limiti e preoccupazioni. Avere dunque i fondi necessari per allestire un intero capannone con dei finti scaffali, creare un fake supermarket di Piano A.”