Conta più il prezzo alla produzione o il prezzo al consumo?

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Le speranze di un’inflazione finalmente sotto controllo sono svanite di recente, quando i prezzi al consumo statunitensi sono saliti di un altro 0,1%, mettendo in discussione le aspettative del mercato che si attestavano su una decelerazione su base mensile. L’accelerazione dell’indice dei prezzi al consumo core è stata forse ancora più dannosa: rimuovendo le componenti alimentari ed energetiche, il dato recente si è attestato a +0,6%. I mercati hanno segnato un significativo ribasso, con il NASDAQ che ha perso il 5%, mentre gli investitori azionari si sono affrettati a ridurre la loro esposizione ai tassi d’interesse, nel tentativo di anticipare quello che sembra essere un rialzo minimo di 75 punti base da parte della Fed nella prossima riunione. Le prospettive al di là dell’Atlantico non sono di certo più rosee e l’incombente crisi energetica invernale non farà che aggravare i problemi economici.

I dati sulll’indice dei prezzi alla produzione non ha fornito di certo un sollievo. Nonostante un quadro leggermente meno preoccupante in termini di portata, le sorprese al rialzo non hanno rassicurato gli investitori evidenziando il semplice fatto che le pressioni inflazionistiche sono andate oltre l’influenza dei prezzi delle materie prime. Inoltre, la riduzione del divario tra l’indice dei prezzi alla produzione e l’indice prezzi al consumo continuerà a pesare sui margini di profitto e sui multipli, altro importante ostacolo per i mercati azionari.

Mentre i governi sono alle prese con il rallentamento della crescita e un’inflazione perdurante, gli investitori azionari si trovano ad affrontare una sfida simile: value vs. growth. I mercati stanno vivendo rapide rotazioni: ogni giorno sembra portare un nuovo punto di inflessione. Qualunque sia l’orientamento, l’esposizione alla qualità e alle società con pricing power dovrebbe rappresentare una priorità per gli investitori.