Fidelity International, “il modello Crescita, Reddito, Stabilità trova fondamento nella finanza comportamentale”

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Fidelity International, società leader nel settore dell’asset management, presenta il white paper “Crescita, Reddito, Stabilità. Dalla prospettiva della finanza comportamentale di seconda generazione”, sviluppato grazie alla collaborazione di Matteo Motterlini, Professore Ordinario di Filosofia della Scienza e titolare dei corsi di Economia Cognitiva e Neuroeconomia, e Behavior Change all’Università San Raffaele di Milano.

Lo scenario

Negli ultimi anni i mercati finanziari hanno subito una profonda trasformazione, imponendo agli investitori e agli operatori del settore finanziario la necessità di un nuovo approccio alla costruzione dei portafogli. “L’andamento dei mercati in generale ha esposto gli investitori a frequenti turbolenze: le obbligazioni esistenti soffrono a causa del rialzo dei tassi, mentre le aziende cercano di gestire le pressioni sui costi causate da un’inflazione strutturale più elevata rispetto al passato” – afferma Natale Borra, Head of Distribution di Fidelity International -. “Molti investitori oggi si trovano in portafoglio strumenti che non corrispondono più agli obiettivi che si erano prefissati e sono ora alla ricerca di soluzioni chiare e semplici che permettano loro di ripartire proprio dalle loro esigenze”.

Alla complessità dei mercati si aggiunge quella della mente umana quando deve ragionare in termini di rischio, incertezza, guadagni e perdite. “Serve, dunque, un approccio all’investimento che permetta ai professionisti di supportare i clienti tenendo in considerazione anche questi aspetti più psicologici” prosegue Borra.

Il modello

La teoria finanziaria si è sviluppata a partire dalla premessa che l’obiettivo di chi investe sia massimizzare i rendimenti ponderati per il rischio. Eppure, ciò che conta non può essere contato e la finanza comportamentale ha portato in primo piano gli aspetti della psicologia degli investitori per comprendere i processi mentali che si celano dietro le decisioni finanziarie. Nell’ottica di supportare i professionisti degli investimenti della loro relazione con i clienti e aiutare, quindi, gli investitori finali a passare da investitori “per caso” a investitori sempre più consapevoli, da oltre dieci anni Fidelity International ha strutturato la propria offerta in modo da rispondere alle tre principali esigenze di investimento: la crescita del capitale nel lungo termine (che può essere ottenuta investendo tipicamente in temi e aziende con prospettive di crescita strutturale di lungo periodo), l’ottenimento dal proprio investimento di un reddito periodico (attraverso un’esposizione a strumenti che distribuiscono cedole periodiche), la stabilità del portafoglio nelle fasi più volatili di mercato (raggiungibile ad esempio attraverso strumenti di pianificazione finanziaria).

Si tratta del modello Crescita, Reddito e Stabilità (CRS), secondo il quale alla base della costruzione di un portafoglio non c’è più la definizione della percentuale da destinare alle diverse asset class: in questo caso una quota del portafoglio viene destinata alle tre componenti del modello, sulla base degli obiettivi dell’investitore.

Affermatosi progressivamente sul mercato nel corso degli anni, nel 2018 il regolatore ha in modo indiretto confermato la sua validità di tale modello identificando, nell’ambito dello European MiFID Template, gli obiettivi dei clienti esattamente come “Growth” (Crescita), “Income” (Reddito) e “Preservation” (Stabilità).

L’indagine

Sulla base delle evidenze emerse dall’indagine sul mercato italiano realizzata in collaborazione con FINER Finance Explorer, volta a verificare nel concreto la rilevanza del modello CRS2, Fidelity International ha avviato il progetto di ricerca sulla finanza comportamentale di seconda generazione per approfondire gli aspetti psicologici e motivazionali del modello CRS. “Dall’indagine – illustra Natale Borra, Head of Distribution – emerge che sia i professionisti (90%) che i clienti finali (80%) ritengono importante che una società di gestione del risparmio strutturi i propri prodotti sulla base di un modello di tipo crescita reddito e stabilità”. Reddito e stabilità rimangono gli obiettivi più rilevanti, a testimonianza di una preferenza storica degli investitori italiani verso strumenti più conservativi e in grado di offrire un flusso di reddito periodico, mentre l’obiettivo crescita – perseguito tipicamente attraverso strategie azionarie – è percepito in media meno importante rispetto agli altri, “nonostante nel lungo periodo l’azionario possa rappresentare una copertura naturale all’inflazione presente oggi sui mercati” conclude Borra.

La ricerca

“La ricerca mostra come il modello Crescita, Reddito, Stabilità (CRS) trovi il suo fondamento, e quindi piena legittimazione sotto il profilo della consulenza, nella finanza comportamentale” – afferma Matteo Motterlini, titolare dei corsi di Economia Cognitiva e Neuroeconomia, e Behavior Change all’Università San Raffaele di Milano e autore di saggi di rilevanza internazionale. “Prese una ad una, le categorie di Crescita, Reddito e Stabilità permettono ai consulenti di rendere immediatamente rilevati gli obiettivi di ciascuna componente del portafoglio di un cliente, a cui potrà facilmente richiamarsi per minimizzare il rischio di tradire la strategia condivisa anche durante le fasi alterne di mercato”.

“Adottare un approccio di questo tipo facilita il lavoro di consulenza” – prosegue Motterlini – “fornendo l’opportunità di veicolare in modo mirato quei precetti di psicologia degli investimenti che mettono il cliente anche al riparo da errori sistematici. Un approccio funzionale sia a rendere il cliente più consapevole nel momento in cui deve allineare i propri investimenti con i propri bisogni, desideri e aspirazioni, sia nel metterlo in guardia dai principali bias potenzialmente in grado di sabotare anche la strategia di lungo periodo meglio progettata. Un approccio, in definitiva,” – conclude Motterlini – “che mira a ottimizzare il benessere finanziario dei risparmiatori tenendo conto di quegli aspetti psicologici ed esistenziali che sono complementari alla mera valenza utilitaristica dell’investimento, ma che la finanza comportamentale ha mostrato essere spesso costitutivi delle reali motivazioni e delle effettive scelte delle persone.”

Le teorie comportamentali che sono alla base dell’approccio CRS sono la Contabilità mentale (che dobbiamo al Premio Nobel Richard Thaler) e la Prospect theory (grazie ai contributi del premio Nobel Daniel Kahneman).

Secondo la contabilità mentale, il patrimonio personale può essere suddiviso in diversi “bilanci mentali”, caratterizzati da un certo grado di separazione e di indipendenza gli uni dagli altri e, pertanto, anche da una diversa propensione a essere spesi. Nonostante, infatti, la caratteristica principale del denaro sia la fungibilità, la nostra mente ci porta ad attribuirgli un valore relativo, in base alla sua origine o all’obiettivo a cui viene destinato. Se un investitore attribuisce a ogni obiettivo una diversa priorità nella sua gerarchia dei bisogni, allora possiamo ritenere che egli possa presentare allo stesso tempo diversi profili di rischio ed essere, quindi, disposto ad accettare una maggiore incertezza su somme destinate ad alcuni obiettivi (ad esempio, l’auto di lusso) e al contempo essere più conservativo verso somme destinate ad altri (ad esempio, l’università dei figli). Suddividere, dunque, il capitale da investire in porzioni dedicate ai diversi obiettivi da raggiungere aiuta più facilmente a determinare il profilo di rischio psicologico ottimale del cliente in base al quale selezionare gli strumenti finanziari più adatti.

Il modello CRS trova ulteriormente validazione in chiave comportamentale all’interno della Prospect Theory, che spiega come la mente soppesi guadagni e perdite, a partire da un determinato livello di riferimento che l’investitore si è prefissato (ad esempio lo status quo o l’obiettivo). Ciascuna delle tre componenti dell’approccio CRS agevola il cliente ad articolare le sue preferenze in relazione a diversi livelli di riferimento. Questo fa sì che le aspettative siano calibrate in modo coerente con ciascun obiettivo, soppesando di conseguenza il valore di guadagni e perdite.

➢ Stabilità. Per questa porzione di portafoglio, l’investitore avrà la somma di denaro inizialmente investita come punto di riferimento, e ogni scostamento del valore del portafoglio in direzione negativa avrà un notevole impatto sulla sua esperienza di investimento. È stato, infatti, stimato che il costo psicologico di una perdita è circa il doppio rispetto alla gratificazione conseguente un guadagno, e questo sarà particolarmente vero per chi si proponga come obiettivo quello di minimizzare le perdite. Questo fatto trova conferma nei numeri dell’indagine condotta da FINER per Fidelity dalla quale emerge che il cliente medio, nel porsi come obiettivo la stabilità, considera poco tollerabili perdite al di sopra del 2,5% – 3%.

➢ Reddito. Quando si sta già scontando un determinato flusso reddituale, dal punto di vista psicologico qualunque scostamento (negativo o positivo) da questo livello di riferimento sarà accompagnato dal dolore di una perdita o dalla gratificazione di un guadagno. I dati raccolti da FINER mostrano come, per la porzione di capitale messa a reddito, l’investitore medio prenda come livello di riferimento un rendimento tra il 2 e il 4%.

➢ Crescita. Anche in questo caso il livello di riferimento non è il capitale iniziale, ma piuttosto il ritorno atteso sul proprio investimento – mediamente tra il 3% e il 3,25% annuo -. L’indagine FINER indica come, per la componente Crescita del proprio portafoglio, circa i tre quarti dei clienti si attenda un ritorno annualizzato al di sotto del 4%. Secondo la Prospect Theory, un investitore resterà deluso da un ritorno ancorché positivo, ma minore delle aspettative, in misura tanto maggiore quanto più riteneva probabile l’esito desiderato. Al contrario l’investitore vivrà come un guadagno la notizia di un apprezzamento del proprio capitale superiore alle attese. La separazione tra bisogni di Crescita e di Reddito riflette una tipica differenza in termini di psicologia dell’investimento: i profitti ottenuti nel “conto mentale Crescita” saranno protetti dal rischio di spese incontrollate, collocandosi ai livelli più alti e meno accessibili della piramide del ciclo di vita comportamentale; al contrario, ciò che ricade nel “conto Reddito” permette di scendere ai livelli più bassi della piramide, per trarne – a un costo psicologico inferiore – la quantità di denaro per finanziare le spese dei clienti. Ciò guida l’investitore verso un maggiore equilibrio tra un’eccessiva propensione al consumo, da un lato, e un autocontrollo troppo severo, dall’altro.

Conclusioni

“Gli investitori italiani sembrano aver trovato nel nuovo contesto una situazione in linea con le tradizionali abitudini di investimento: tassi fissi in crescita su asset percepiti come risk-free, come le nuove emissioni di titoli di Stato o i depositi a breve termine, che attirano la liquidità parcheggiata sui conti correnti” afferma Luca Agosto, Head of Marketing South Region di Fidelity International.

“Ma se il ritorno a soluzioni conservative e conosciute è spiegabile, non si può certo pensare che questa soluzione basti a risolvere le esigenze di pianificazione finanziaria di medio-lungo termine dei singoli individui”.

Il paper ci insegna, infatti, che gli investitori hanno in mente una molteplicità di obiettivi, a cui danno priorità differenti nella gerarchia dei bisogni e questo li porta ad avere molteplici profili al rischio. L’approccio, quindi, che ottimizza le loro esigenze non è necessariamente quello che massimizza in astratto la frontiera rischio-rendimento attesa.

“Ritengo che, prima ancora dell’accesso a nuovi strumenti, il vero fronte della democratizzazione della finanza sia aiutare gli investitori ad avere consapevolezza di cosa possono fare con il loro denaro e quanto questo possa contribuire a realizzare i loro obiettivi di vita, qualunque sia il reddito e il patrimonio a loro disposizione” conclude Agosto.

Un approccio informato della psicologia degli investimenti risulta, dunque, vantaggioso nella pratica perché permette di trasformare i limiti di un investitore in risorse, in quanto ogni limite è probabilmente collegato a un primario obiettivo di investimento e individuarlo aiuta i professionisti a identificare gli strumenti finanziari più idonei per rispondere a tale esigenza.

La soddisfazione dei bisogni non-finanziari e i ritorni economici effettivi possono sostenersi a vicenda e questo favorisce una propensione all’investimento in grado di resistere nel tempo. Il modello

Crescita, Reddito e Stabilità aiuta i professionisti del risparmio a trattare l’investitore come una persona a tutto tondo e offre un ventaglio di strategie per ottimizzare la soddisfazione complessiva dei propri clienti.