L’impatto dell’inflazione su assicurazioni vita e danni

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In un recente convegno l’Ivass ha analizzato l’impatto dell’attuale fase inflattiva sul settore assicurativo. L’ Autorità di Vigilanza paragona il momento attuale a quello vissuto all’epoca della crisi petrolifera scatenata dalla guerra del Kippur (ottobre 1973) evidenziando come il tasso di inflazione è salito repentinamente di 6 punti percentuali, oggi dal 2% all’8%, allora dal 5% all’11%. In quegli anni ormai lontani l’inflazione rimase stabilmente a due cifre per ben 12 anni ininterrotti, per poi tornare finalmente, nel 1985, all’8.3%, sostanzialmente il livello di oggi.

Un quesito fondamentale, che si pongono oggi gli operatori, riguarda la persistenza dell’attuale processo inflazionistico. In proposito, sembrano esserci i presupposti, a cominciare dall’assenza di meccanismi di alimentazione di una spirale prezzi-salari, per ritenere probabile un rientro dell’inflazione in parallelo con quello del prezzo del gas . Le stime ufficiali vedono un 2% sull’orizzonte del 2025 anche in scenari più avversi nel breve termine. Ciò nonostante, è opinione diffusa che l’epoca dell’inflazione a zero o persino negativa (come nel biennio 2015-2016) si possa considerare definitivamente tramontata assieme a quella degli scenari di tassi d’interesse “low for long” Quali le conseguenze per il mercato assicurativo?

Per quel che riguarda il ramo vita l ‘Ivass sottolinea come il rialzo dell’inflazione e dei tassi d’interesse nel 2022 ha avuto l’immediato effetto di deprimere i corsi dei titoli a cedola fissa generando importanti minusvalenze latenti nei portafogli assicurativi. Per di più, la diversificazione azioni-obbligazioni non è stata di ausilio nel corso del 2022 in quanto i rendimenti total return sono stati tutti pesantemente negativi tanto per le azioni (depresse dagli effetti globali della guerra) che per le obbligazioni (penalizzate da inflazione e tassi) . Infatti, col cambio della politica monetaria, il tasso di riferimento della BCE nel 2022 è stato aumentato per ben 4 volte, due volte di 50 punti base (27 luglio e 21 dicembre) e due volte addirittura di 75 punti base (14 settembre e 2 novembre), passando in meno di 5 mesi da 0 a 2.5%-3 . L’effetto depressivo sui corsi obbligazionari è stato consistente (-24% per i BTP a 10 anni), persino superiore a quello del 2011, l’anno della crisi dei titoli di Stato.

Sul ramo Vita giocano da un lato il duration gap che, questa volta, essendo strutturalmente negativo (attività più corte delle passività), può portare un beneficio al valore del portafoglio netto, in presenza di rialzi generalizzati dei tassi, con spread (rischio di credito) stabile o addirittura in discesa.

Dall’altro il lapse risk che rappresenta un fattore di incertezza per la possibilità di estinzione anticipata (surrender option) dei contratti Vita. Per quel che riguarda il comparto Danni gli effetti del contesto inflazionistico si rilevano sia per i rischi di calo della domanda, causati dalla perdita di potere d’acquisto di famiglie e imprese, sia per i rischi di sottoscrizione derivanti da tariffe e riserve che potrebbero risultare su livelli non adeguati.