La Casa della Carità assomiglia al mondo
O meglio: a come il mondo dovrebbe essere, a come sarebbe bello che fosse. Nata nel 2002 per volontà e per iniziativa del cardinale Carlo Maria Martini, è stata guidata fino al gennaio del 2023 da don Virginio Colmegna; ora, dopo di lui, a guidarla è don Paolo Selmi. Ha sede a Milano, in via Brambilla, che è una piccola strada in fondo a via Padova. Per essere precisi, quello di via Brambilla non è l’unico luogo in cui la Casa svolge la propria attività: ma è la sede principale, alla quale poi si aggiunge una rete di altri luoghi sparsi nella città, composta da cinquantacinque appartamenti. Secondo i dati più aggiornati, le persone ospitate sono complessivamente quasi cinquecento, di cui circa centotrenta negli appartamenti sul territorio.
Cosa fa, la Casa della Carità? In cosa consiste la sua attività? Consiste nell’offrire accoglienza e ospitalità a chiunque ne abbia bisogno, a chiunque si trovi a vivere una situazione di difficoltà. A un’umanità composita e dolente. A qualunque genere di persona priva di sostegno, uomini o donne che siano, adulti o minorenni: persone senza dimora; donne sole o con bambini; donne maltrattate; intere famiglie; migranti in cerca di soccorso; rifugiati e richiedenti asilo; minori stranieri non accompagnati; anziani; persone con problemi di salute mentale; detenuti ed ex detenuti.
Ma queste sono solo classificazioni, sono solo definizioni, mentre le difficoltà della vita non si lasciano né classificare né definire: sono verità molto più complesse che, come tali, non consentono di stabilire confini fra una situazione e l’altra. L’umanità che la Casa della Carità ospita è un’umanità molteplice e variegatissima, come sempre diverse sono le traiettorie della vita di ciascuno di noi rispetto alla vita di ciascun altro: le une alle altre irriducibili. Come irriducibili a se stesse, in fondo, sono anche le difficoltà: nel senso che neppure le difficoltà si lasciano definire una volta per tutte, neppure quando si tramutano in disperazione. Non sono concetti astratti, come forse invece lo è, un po’ di più, la felicità. Forse perché la felicità può essere inconsapevole, le difficoltà e la disperazione no: sono sempre consapevolissime di sé. Sono sempre concrete, tangibili, pesanti; possono arrivare a togliere l’aria e lo spazio, a provocare frane e rovine. Possono essere cieche, senza futuro, fino al punto di escludere vie di fuga; per non dire che la disperazione contiene la negazione della speranza perfino nel suo nome, nella sua etimologia.
Non è semplice assistenzialismo
Ma l’ospitalità offerta dalla Casa della Carità non è, per citare il titolo di una canzone di Bob Dylan, Shelter from the storm, un puro e semplice riparo dalla tempesta. Non è solo una carezza e non è pura e semplice consolazione. Non è neppure, per usare categorie più prosaiche, puro e semplice assistenzialismo. Non è un’ospitalità né statica né arresa, ma al contrario: è un’ospitalità che sa rivolgersi anche all’immaginazione e alla costruzione di quel futuro che le difficoltà della vita possono indurre non solo a negare, ma addirittura a proibirsi. Se citare la canzone di Bob Dylan può avere un senso, è allora quello che possiamo trovare in uno dei versi conclusivi, che dice: «Beauty walks a razor’s edge,/ someday I’ll make it mine». Ovvero: ‘La bellezza cammina sul filo del rasoio, un giorno o l’altro la farò mia’.
Sostegno nelle questioni più materiali, ma anche supporto psicologico e consulenza legale
La Casa della Carità offre sì, a chi ne ha bisogno, anche solo un tetto, un letto, dei pasti, una doccia, un’assistenza diurna; offre sì un sostegno anche nelle questioni più materiali, dalla ricerca di una casa alla gestione di una pratica per l’ottenimento di un permesso di soggiorno o per l’assegnazione di una pensione. Offre sì anche supporto psicologico e consulenza legale. E qualcuno è anche solo questo che cerca, è anche solo di questo che ha bisogno: e del resto non è poco, è già moltissimo. Ma essere ospiti della Casa può significare ancora di più, per chi lo voglia: può significare essere sostenuti nella restituzione di un senso al proprio tempo, nella restituzione al tempo della sua naturale continuità. Predisporsi attivamente verso un futuro, attraverso l’impegno nello studio o in un mestiere, o nella frequentazione di un corso, scolastico o professionale: anche rispetto a questo la Casa della Carità offre un sostegno, a chi lo voglia ricevere.