Buoni postali: nuova vittoria per i consumatori

di Rosaria Barrile -

Un giudice di pace condanna Poste Italiane per non aver comunicato nominativamente il taglio dei rendimenti ai diretti interessati. Il Movimento Consumatori chiede l’intervento della politica

Nella battaglia che oppone Poste Italiane alle associazioni dei consumatori, per il taglio retroattivo dei rendimenti di alcune serie di buoni fruttiferi postali emessi tra il 1974 e il 1986, avvenuto con decreto ministeriale, si moltiplicano le decisioni dei giudici a favore dei sottoscrittori.

Un giudice di pace di Savona, Andrea Grammatico, ha dato ragione a 20 risparmiatori assistiti dal Movimento dei Consumatori, accogliendone i ricorsi perché la modifica delle condizioni di rendimento dei buoni, pur essendo comparsa sulla Gazzetta Ufficiale, non è mai stata comunicata nominativamente agli interessati, né sono state fornite loro tabelle aggiornate.

I buoni fruttiferi al centro delle vicende giudiziarie sono quelli delle serie M, N, O emessi dal 1974 al 1986, con l’importo scritto in lire e recanti sul retro l’indicazione della rivalutazione trentennale.

Nel 1986 un decreto del Governo ne ha dimezzato i rendimenti senza di fatto comunicarlo agli investitori che si sono accorti del fatto solo al momento dell’incasso. Dal canto suo Poste Italiane ha sempre sottolineato di essersi limitata ad applicare la legge, tanto più che questa era stata regolarmente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, come previsto dalle procedure di approvazione dei provvedimenti normativi in Italia.

Per il giudice di Savona, però, “la variazione unilaterale dei tassi rappresenta un’evidente violazione degli obblighi contrattuali e del principio di buona fede contrattuale“. E quindi Poste Italiane è tenuta a pagare l’importo per intero. Per i risparmiatori, che avevano già ottenuto gli importi come indicato sul retro del buono a seguito di un decreto ingiuntivo provvisorio, si tratta di una conferma importante, ma non definitiva, perché ora il caso passerà al vaglio del tribunale ordinario.

Gli avvocati che stanno seguendo le cause per conto dei risparmiatori, come Marta Buffoni di Novara, sono tuttavia ottimisti perché “la variazione delle condizioni contrattuali avrebbe dovuto essere comunicata ad personam”, spiega l’avvocato Carmine Laurenzano dell’associazione Codici. “Non sono infatti mai state messe a disposizione degli utenti le tabelle integrative che riportavano il cambiamento dei tassi di interesse e che avrebbero consentito al risparmiatore di decidere consapevolmente se accettare la variazione oppure recedere dal contratto”. Quanto basta per identificare “anomalie nella normativa e principi di incostituzionalità”, precisa Laurenzano, ricordando che diversi casi sono al vaglio dei tribunali di tutta Italia.

La decisione del giudice di pace inoltre sta spingendo i rappresentanti della sezione locale del Movimento Consumatori non solo ad andare avanti in tribunale, ma anche a coinvolgere il mondo politico.

“Vogliamo mobilitare la politica”, ha dichiarato Roberto De Cia, rappresentante del Movimento Consumatori, ad alcuni quotidiani locali, “in particolare il Parlamento, per quello che riteniamo essere un’evidente ingiustizia nei confronti dei cittadini e risparmiatori. Nell’ultimo periodo Poste Italiane ha privatizzato il 30% del suo azionariato, incassando più di 3 miliardi e 200 milioni. Secondo le nostre stime sarebbero sufficienti tra gli 80 e i 90 milioni per saldare il “furto” che ha messo in atto ai danni dei risparmiatori” .

“Vogliamo chiedere ai parlamentari savonesi in primis che si impegnino perché una parte della legge di Stabilità impegni Poste Italiane a destinare una parte di questi 3 miliardi per saldare il conto con gli italiani. Nel 1986, con il decreto del Governo Goria, i risparmiatori si erano visti abbassare i tassi di interesse, in maniera retroattiva. Una cosa non corretta, tanto più se comporta un dato negativo nei confronti della collettività”.