Come posizionarsi nella “Fase uno” della tregua commerciale

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Venerdì scorso è stato annunciato il profilo di un accordo commerciale parziale tra Stati Uniti e Cina che prevede un rinvio da parte di Washington dell’incremento dei dazi dal 25% al 30% su 250 miliardi di dollari di merci cinesi, previsto per il 15 ottobre. In cambio, Pechino ha accettato di aumentare gli acquisti di prodotti agricoli e di varare modeste concessioni sull’accesso ai propri mercati finanziari e di limitare il furto di proprietà intellettuale. Il tema dell’aumento dei dazi di dicembre non è stato oggetto di discussione e non sono state fatte concessioni su Huawei.

A detta di tutti, le ultime trattative commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno costituito un passo positivo, con un allentamento almeno temporaneo delle tensioni. Tuttavia, la descrizione del Presidente Trump di quanto concordato a seguito dei colloqui è apparsa significativamente differente rispetto a quanto riportato dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua. Il presidente Trump ha affermato che le due parti hanno raggiunto un “sostanziale accordo sulla fase uno”, mentre il resoconto dall’ex Celeste Impero lascia trasparire un minore impegno, indicando solamente “il raggiungimento di progressi sostanziali”. È importante sottolineare che non c’è stato alcun accordo scritto che abbia limitato la risposta del mercato alle notizie.

Il presidente Trump considera che ci vorranno fino a cinque settimane per completare l’accordo sulla “fase uno”, che coinciderebbe con un possibile incontro con il presidente cinese Xi durante il summit Apec in Cile a metà novembre. Il segretario del Tesoro Mnuchin crede fattibile un’intesa e si aspetta la finalizzazione durante questo vertice. Le aree potenziali per la negoziazione includono a) le politiche monetarie, b) Huawei e c) la cancellazione dei dazi USA su 156 miliardi di dollari di merci cinesi.

I rischi commerciali sono per il momento diminuiti. Riteniamo che la tregua possa essere estesa all’incremento dei dazi del 15 dicembre. Tuttavia, non ci aspettiamo un accordo sulle questioni di maggior rilievo – vale a dire i sussidi statali e la riforma della proprietà intellettuale – prima delle elezioni del 2020 e nemmeno un percorso lineare verso un accordo su più fasi, ma piuttosto una corsa potenzialmente turbolenta. Inoltre, l’accordo non affronterebbe gli attuali dazi statunitensi del 25% su 360 miliardi di dollari di merci cinesi, limitandone così l’impatto. Questo, eliminerebbe parte del rischio di coda e sarebbe di sostegno per il mercato azionario. Dato che non ci aspettiamo un importante accordo commerciale e pensiamo che le trattative potrebbero procedere in maniera estemporanea, manteniamo una preferenza relativa per il mercato azionario statunitense rispetto ai mercati più dipendenti dal commercio internazionale.