Le scelte di investimento delle famiglie italiane

-

La Consob ha pubblicato l’annuale Report on financial investments of Italian households  in cui analizza scelte di investimento e comportamento delle famiglie italiane.

Quali sono le principali evidenze ? Nel corso del 2018, le attività finanziarie lorde delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell’area euro), a fronte di una crescita delle attività reali del 2,7% e una diminuzione delle passività pari allo 0,7% (rispettivamente, +1,3% e +3,6% nell’area euro.

Nel complesso, la ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell’Eurozona (rispettivamente, 8,2 e 7,7 a fine 2018), mentre il tasso di risparmio lordo domestico, pari al 10% circa e in lieve crescita per la prima volta dal 2014, continua a essere inferiore al valore registrato nell’area euro (anch’esso in lieve aumento. Il tradizionale divario nella composizione delle attività finanziarie delle famiglie in Italia e nell’Eurozona continua ad assottigliarsi, anche per effetto della riduzione del peso dei titoli obbligazionari nei portafogli dei risparmiatori italiani e del contestuale aumento delle attività assicurative e previdenziali e della liquidità).

Per contro, si conferma la distanza tra il nostro Paese e l’Eurozona con riguardo all’incidenza del debito delle famiglie sul Pil (a fine 2018 pari rispettivamente al 40% e al 60%.  Secondo gli indicatori attitudinali elaborati sulla base dell’auto-valutazione individuale, la maggioranza degli italiani si conferma avversa al rischio e avversa alle perdite ; con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, circa due terzi degli intervistati affermano di non essere disposti a investire in un prodotto che presenti una sia pur ridotta possibilità di perdita del capitale, mentre il restante 37% si dichiara tollerante verso piccole perdite (permanenti o recuperabili nel lungo termine).

La tendenza alla procrastinazione risulta poco diffusa (vi si dichiara esposto in modo elevato meno del 10% degli individui). Più del 40% si riconosce elevate capacità di gestire le proprie finanze e circa la metà riporta un livello di disagio o ansia finanziaria basso o molto basso Il 30% degli individui dichiara di essere molto ottimista, mentre la fiducia negli operatori finanziari risulta poco diffusa. La quasi totalità del campione, infine, sembra incline a seguire l’approccio tipico della contabilità mentale nella gestione dei propri investimenti, mentre un quarto degli intervistati sembra esposto a errori riconducibili alla gambler fallacy.

In linea con le rilevazioni degli anni precedenti, la cultura finanziaria delle famiglie italiane si conferma molto contenuta. Il 21% degli intervistati non conosce nessuna delle nozioni di base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto) e delle nozioni avanzate (riferite ai titoli obbligazionari) proposte nella Survey; solo il 12% mostra padronanza di quattro dei sette concetti presentati; solo il 2% definisce correttamente tutte le nozioni .

Con riferimento alla consapevolezza del proprio livello di conoscenze finanziarie, in media il 34% del campione mostra un disallineamento (mismatch) fra conoscenze reali e conoscenze percepite ex ante (ossia prima della verifica puntuale delle nozioni prima menzionate), che si traduce in una sovrastima (upward mismatch) nel 14% dei casi e in una sottostima (downward mismatch) nel rimanente 20% .

Gli intervistati si connotano poi anche per un basso livello di numeracy, come si evince dal fatto che il 54% del campione non è in grado di eseguire un semplice calcolo percentuale.

Con riferimento alla cosiddetta risk literacy, ossia la capacità di riconoscere in astratto il livello di rischio associato ai prodotti finanziari, il 50% degli individui indica le azioni come il prodotto più rischioso, associandovi una maggiore volatilità, un maggior rischio di liquidità e un maggior rischio di perdita del capitale e, nel 70% dei casi circa, la possibilità che tale forma di investimento alimenti disagio e preoccupazione.

Con riferimento a un’ipotetica scelta di investimento, le attività immobiliari sono spesso preferite a impieghi di natura finanziaria, a prescindere dall’orizzonte temporale e dagli obiettivi di rendimento; il 40% degli intervistati inoltre non è in grado di individuare un’opzione di investimento adeguata a nessuno degli scenari proposti).  Il Rapporto prevede poi un Focus sugli investimenti i sostenibili  e socialmente responsabili .

Se il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno sentito parlare, solo il 5% si ritiene bene informato; il dato aumenta, tuttavia, nel sottogruppo degli investitori che riferiscono di averne una conoscenza sia pure approssimativa nel 60% dei casi. Le fonti informative prevalenti sono i media e il web, mentre il ruolo dei consulenti finanziari resta secondario anche nel sottogruppo degli investitori

L’interesse potenziale negli SRI sfiora il 40% del campione, nella maggior parte dei casi attento ai profili finanziari dell’investimento. Per contro, la mancanza di interesse viene ricondotta alla carenza di risparmi da investire, al fatto di non aver mai ricevuto proposte d’investimento riferite a prodotti SRI o alla diffidenza nei confronti  di questi prodotti.