Benvenuti nei ruggenti Anni Venti

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Niente aumenti di tasse, nazionalizzazioni o nuovi referendum. Non si può certo dire che non sia un buon risultato per la tormentata economia del Regno Unito e per i suoi mercati. Se a questo aggiungiamo le migliori prospettive di raggiungimento di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina, l’anno si chiude in modalità “risk-on”. È difficile credere che l’economia globale continui a espandersi e che gli asset rischiosi continuino a sovraperformare anche nel nuovo decennio, ma sembra che ci si debba aspettare qualcosa del genere. I tassi d’interesse sono fermi, i rischi politici sono diffusi e i fondamentali sottostanti sono sorprendentemente robusti. Nei prossimi mesi ci saranno certamente molti eventi che testeranno i mercati e la fiducia degli investitori, ma per il momento meglio restare investiti.

Un grande sollievo

La reazione al risultato elettorale del Regno Unito è stata quella che ci aspettavamo. La conferma di una netta maggioranza dei conservatori ha rafforzato la sterlina, fatto salire i rendimenti dei Gilt, provocato una contrazione degli spread e un’impressionante impennata dei titoli azionari. Possiamo definirla una reazione di sollievo generale. Sollievo per avere rimosso le resistenze parlamentari al processo della Brexit e sollievo per avere evitato un governo che prometteva il ribaltamento delle finanze pubbliche e un processo di nazionalizzazioni forzate. È stata in parte spazzata via l’incertezza sulle prospettive a breve termine, e ciò potrebbe spianare la strada per un outlook a medio termine più positivo per il Regno Unito. L’umore all’apertura dei mercati sembra proprio questo e, come già detto nelle ultime settimane, mi aspetto buone performance sul mercato azionario britannico. Ora ci si concentrerà sull’approvazione parlamentare dell’accordo sull’uscita dall’Europa e, in seconda battuta, sulle priorità politiche per i prossimi mesi, in particolare sull’approvazione del budget in calendario a febbraio. Il governo Johnson dovrà fare qualche concessione agli elettori laburisti che hanno votato per avere la “Brexit done”, ma che auspicano anche qualche miglioramento nei servizi pubblici. Se il Primo Ministro vuole sul serio ristabilire il ruolo dei conservatori come “Partito della Nazione”, qualsiasi aumento del debito pubblico dovrà necessariamente andare nella direzione della spesa sanitaria, della scuola e della sicurezza.

In attesa di un vero accordo commerciale

La cosa più interessante e più importante per le imprese è quale piega prenderanno le relazioni commerciali a lungo termine con l’Unione europea. Il mancato raggiungimento di un accordo commerciale potrebbe provocare grandi sconvolgimenti nell’economia del Regno Unito. Si spera che un governo britannico con un mandato più chiaro e la leadership rinnovata nell’UE favoriscano il raggiungimento di un accordo positivo per entrambe le parti. A Londra probabilmente gli euroscettici più oltranzisti avranno meno influenza tattica sulle decisioni del nuovo governo, e la guida più moderata di Johnson potrebbe essere molto positiva per l’outlook a medio termine. Dopo tutto, adesso i conservatori possono stare tranquilli per un bel po’ di anni. Dopo le dimissioni di Jeremy Corbyn il partito laburista si sfalderà o si sposterà più a sinistra ma, comunque vada, non sarà una forza politica temibile alle prossime elezioni.

A conti fatti la politica non è cambiata

Mi sembra che queste votazioni abbiano drasticamente cambiato le prospettive economiche, politiche e di mercato. Ventiquattr’ore fa gli investitori avevano davanti a sé diversi possibili scenari, inclusa l’elezione di un governo di estrema sinistra che avrebbe cercato di trasformare radicalmente la gestione dell’economia del paese. L’ipotesi più plausibile era la minaccia di un parlamento senza maggioranza e di un eventuale secondo referendum sulla Brexit dal risultato incerto. Questi rischi sono stati evitati una volta per tutte. Per quanto improbabile potesse essere una vittoria di Corbyn o del movimento del “People’s Vote”, la sola possibilità di un risultato in questa direzione deve avere frenato gli investimenti di capitale nel Regno Unito. Che piaccia o no, gli elettori britannici hanno inviato un chiaro segnale di voler andare avanti con la Brexit, e di non volere il socialismo. Scommetterei che un governo che rappresenta il beneficiario di questi risultati sarà un governo positivo per l’economia del paese e per i suoi mercati finanziari. Sarebbe stato possibile un rinnovamento della vita politica del Regno Unito, ma nel complesso sembra tutto rientrato nella norma.

Nessun intervento sui tassi

Come molti altri, anche noi oggi siamo un po’ più ottimisti sulle sorti del Regno Unito, pur sapendo che qualcosa potrebbe ancora andare storto sul fronte della Brexit. È possibile che qualcosa migliori in termini di investimenti delle imprese e di consumi, e potrebbe esserci qualche intervento di stimolo fiscale. La Bank of England sembra intenzionata a mantenere i tassi invariati ancora per qualche tempo, in linea con quanto ci si aspetta dalla BCE e dalla Federal Reserve. Il messaggio della Fed in questo momento ci dice che i tassi d’interesse aumenteranno solo in presenza di un’inflazione persistentemente più alta. Nonostante il leggero aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo a novembre (salita al 2,1% dall’1,8%), l’inflazione core non mostra segni di accelerazione e, se anche fosse, la Fed parrebbe intenzionata a tollerarlo per qualche tempo. In Europa, Christine Lagarde ha dichiarato che la revisione della politica monetaria sarà nell’agenda della BCE il prossimo anno, e da questo possiamo dedurre che la banca centrale manterrà per il momento invariata l’attuale politica sui tassi d’interesse, nel tentativo di impedire un ulteriore calo dell’inflazione nell’Area Euro. Buone notizie per gli asset rischiosi. La politica monetaria resta ultraespansiva e potrebbe cambiare solo a fronte di una decisa accelerazione della crescita globale e dell’inflazione.

La reazione prevedibile dei mercati azionari

Ritorno al Regno Unito. La sterlina è forte, ma considerato che da quest’estate a oggi ha guadagnato il 12% sul dollaro, è difficile immaginare che possa salire ancora di molto, anche se non si può escludere un cambio a $ 1,40. I Gilt potrebbero registrare un nuovo irripidimento della curva dei rendimenti, e il titolo decennale potrebbe tornare all’1%, mentre il mercato lentamente metabolizza l’aumento delle emissioni nei prossimi due anni e il miglioramento del quadro congiunturale. Gli spread del credito dovrebbero contrarsi di altri 20-30 punti base, continuando così a sovraperformare la curva del debito sovrano. Riguardo al mercato azionario, a parte il forte miglioramento del sentiment e alcuni vantaggi in termini di valutazioni rispetto ad altri indici azionari, il Regno Unito dovrebbe aumentare almeno in parte i margini per riuscire a sostenere un periodo di solide performance. Il miglioramento dell’outlook economico e la sventata minaccia di nazionalizzazioni forzate e di un aumento della tassazione per le imprese dovrebbero favorire l’azionario. La solidità del rally post-elettorale fa pensare che questi siano fattori di stimolo importanti, non meno della prospettiva di un miglioramento dei fondamentali, dato che il FTSE100 non ha deluso neppure con una sterlina più forte. Senza voler sovrainterpretare le prime reazioni, vediamo che i titoli che hanno sovraperformato nel giorno del risultato elettorale erano per lo più orientati al mercato interno, e questo a sua volta suggerisce che gli investitori stiano alzando le loro aspettative sull’economia del Regno Unito.

Benvenuti nei ruggenti Anni Venti

Il mood “risk-on” dei mercati dovrebbe proseguire anche nel nuovo anno (nuovo decennio), non ultimo perché, nel momento in cui scriviamo, sembra che gli Stati Uniti non introdurranno altri dazi sulle importazioni cinesi. I progressi verso un accordo commerciale con la Cina nell’anno delle elezioni sono ancora l’aspettativa prevalente. Salvo smentite provenienti dalle notizie, l’atteggiamento rispetto all’outlook dovrebbe essere più positivo. Negli USA, le azioni sovraperformano le obbligazioni ormai da tempo, e sospetto che continueranno a farlo, dato che la Federal Reserve non prevede interventi sui tassi. In passato le fasi di sovraperformance del mercato azionario si sono concluse con un inasprimento monetario ma, almeno per il momento, sembra che la Fed abbia fatto abbastanza passi indietro e per un tempo sufficiente da impedire un’inversione. In questo contesto, i mercati con beta più elevato dovrebbero ottenere buone performance nel breve termine – obbligazioni, azioni e valute dei mercati emergenti, azioni giapponesi, obbligazioni ad alto rendimento e titoli tripla B. Queste sono state le asset class vincenti negli ultimi tre anni, e probabilmente continueranno a esserlo. Un deragliamento del rischio potrebbe giungere da un’inversione di rotta degli USA, da un evento geopolitico o da un aumento significativo delle aspettative sui tassi d’interesse, sullo sfondo di una nuova accelerazione del ciclo. Ah certo, c’è anche la questione delle valutazioni. È tutto costoso, ma le banche centrali erogano denaro a costo zero, e la raccomandazione di acquistare nelle fasi di ribasso (buy on dips) resta valida. Gli Anni Venti potrebbero esordire in modo ruggente.