Limitare la propensione al rischio

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Tutti conoscono Warren Buffet, o almeno ne hanno sentito parlare. Uno dei suoi mantra più famosi recita: “il segreto per diventare ricchi, è essere timorosi quando gli altri sono avidi, e avidi quando gli altri sono timorosi”. Naturalmente, mettere in pratica questa massima è ben più difficile di quanto non sembri, specialmente a lungo termine. Tuttavia, descrive bene il modo in cui ci siamo mossi sui mercati finanziari nel breve ma turbolento periodo degli ultimi mesi, dove la nostra propensione al rischio è aumentata in prossimità del punto di minimo, a marzo, per poi tornare a una posizione neutrale alla fine di giugno.

Il termine “propensione al rischio” può generare ambiguità. In parole semplici, rispecchia le attese di remuneratività della volatilità, tenendo presente che a prospettive di rendimento più elevate per unità di rischio corrisponde una maggiore propensione al rischio, e viceversa.

A marzo, mentre le economie erano afflitte da “improvvise interruzioni” dell’attività economica, man mano che i vari paesi adottavano misure di lockdown per contenere l’epidemia di Covid-19, la paura è filtrata nelle valutazioni di pressoché tutte le classi di attivi. Le obbligazioni societarie investment grade, ad esempio, incorporavano un premio per il rischio d’insolvenza pari a 50 volte il tasso storico, mentre le quotazioni di svariati indici azionari sono scese o si sono avvicinate al valore contabile, trascinate fino al valore di realizzo degli attivi in liquidazione. Allo stesso tempo, però, una serie di misure di stimolo senza precedenti ha inondato i mercati del credito e del lavoro a livello globale. Credevamo che, per quanto fosse prevedibile una forte recessione, molto più profonda di qualsiasi altra osservata nel dopoguerra, si sarebbe trattato di uno shock temporaneo e che l’economia statunitense, ad esempio, avrebbe riguadagnato i livelli del quarto trimestre 2019 entro la fine del 2022.

E così a marzo e aprile, con la prospettiva di rendimenti eccezionali, abbiamo cercato di esporci a mercati di rischio selezionati che sembravano ben posizionati per un rialzo. Investendo in obbligazioni societarie ad alto rating e incrementando e ruotando la nostra esposizione azionaria dalle aree cicliche di Giappone e Regno Unito verso gli Stati Uniti, abbiamo contemporaneamente aumentato la qualità e la quantità del rischio nei portafogli multi-asset total return.

Ad oggi, constatiamo che la situazione mondiale è cambiata, tanto che ridurre un po’ il rischio sembra una saggia decisione e ci porta ad assumere una posizione neutrale. I mercati azionari e gli spread creditizi hanno recuperato gran parte delle perdite di marzo, intaccando le valutazioni (Figura 1). Le aspettative di un premio, o rendimento sugli investimenti, si sono necessariamente ridotte rispetto al mese di marzo. Inoltre, a margine di questo, l’incertezza dilaga su più fronti, tra seconde ondate del virus, tensioni commerciali/geopolitica cinese, elezioni statunitensi e situazione del mercato del lavoro al termine dei piani di sostegno e della cassa integrazione.

 

Questa modifica non implica un orientamento difensivo; in realtà, ci lascia piuttosto esposti sia al rischio azionario sia al rischio di credito, che continuiamo a preferire nell’ambito del nostro approccio complessivamente neutrale al rischio. L’allentamento delle politiche fiscali procede a passo spedito: Cina, Giappone ed Europa sono tra le regioni più attive da questo punto di vista e ci aspettiamo una nuova serie di stimoli negli Stati Uniti tra la fine di luglio e i primi di agosto. I tassi di sconto effettivi più bassi offrono un vigoroso sostegno nelle fasi di ripresa economica, per cui puntiamo a essere sovraesposti agli strumenti che ne sentono maggiormente l’impatto, come le obbligazioni IG. Ora che le economie inaugurano le prime fasi della ripresa, è lecito attendersi anche un aumento dei multipli azionari.

Inoltre, benché le attuali posizioni degli investitori siano la conseguenza della correzione di marzo, sembrano esserci ancora ampi margini per ulteriori rialzi: ad esempio, le posizioni azionarie degli investitori non bancari sono ancora ai minimi del periodo successivo alla crisi Lehman e al di sotto delle medie storiche, con elevati saldi di cassa di compensazione.

Non siamo timorosi, solo un po’ meno avidi.