Report annuale sulla sostenibilità per il Janus Henderson Global Sustainable Equity Fund

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Recentemente Janus Henderson ha pubblicato il Report annuale sulla sostenibilità relativo al 2019 per il Global Sustainable Equity Fund, una strategia che gestisce dal 1991. Il Report descrive in che misura le aziende incluse nella strategia contribuiscono agli SDG delle Nazioni Unite, la loro ripartizione tra i dieci temi d’investimento della strategia e la performance del portafoglio dal punto di vista di diversi criteri di sostenibilità, come l’impronta di carbonio, la comunicazione nell’ambito del Carbon Disclosure Project (CDP), i firmatari del Global Compact e le controversie rispetto al benchmark. Fornisce inoltre un’ampia panoramica delle attività di engagement e delle scelte di voto del team del fondo durante le assemblee generali annuali, oltre a numerosi casi di studio.

Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU

Questo è il secondo anno in cui Janus Henderson fornisce una relazione sul contributo del portafoglio di Global Sustainable Equity agli SDG delle Nazioni Unite. Gli SDG delle Nazioni Unite invitano le aziende di tutto il mondo a promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso gli investimenti effettuati, le soluzioni sviluppate e le prassi commerciali adottate. La strategia ha contribuito a tutti i 17 SDG delle Nazioni Unite e per 14 di essi, a fronte dei 13 nel 2018, più del 50% delle aziende in portafoglio ha fornito un apporto positivo, con un contributo medio del 67% per obiettivo. La strategia è particolarmente ben posizionata per quanto riguarda gli obiettivi “Istruzione di qualità”, “Parità di genere” e “Lavoro dignitoso e crescita economica”, e oltre il 90% del portafoglio ha contribuito al raggiungimento di ciascuno di essi. Rispetto all’anno precedente, Janus Henderson è riuscita a migliorare l’impatto positivo del portafoglio per 11 SDG delle Nazioni Unite, due dei quali sono stati definiti come punti focali per le future attività di engagement nello scorso anno: “Ridurre le disuguaglianze” e “Vita sulla terra”.

Task force on climate-related financial disclosures

Una caratteristica distintiva della strategia è il suo approccio a basse emissioni di carbonio. Il team evita di investire in società fortemente esposte al rischio fisico associato al cambiamento climatico e al rischio associato alla transizione climatica per quanto riguarda il carbonio e l’economia a basse emissioni di carbonio, e investe invece in opportunità legate all’ambiente. L’approccio di investimento è in linea con la transizione verso un’economia a ridotte emissioni di carbonio coerente con lo scenario dei 2°C menzionato nell’Accordo di Parigi o inferiore. Il team appoggia pienamente la raccomandazione della Task force on climate-related financial disclosures (TCFD) del Financial Stability Board e presta maggiore attenzione al cambiamento climatico. Le relazioni sulla strategia sono in linea con le raccomandazioni della TCFD e le informazioni si concentrano sul modo in cui il team integra il rischio di transizione, nonché le opportunità e i fattori di rischio fisici. Il portafoglio integra il rischio legato al clima nell’analisi ESG di ogni società e ha l’obiettivo di assicurare che le aziende al suo interno abbiano già conseguito la neutralità carbonica o la conseguano entro il 2030.

Per gestire e monitorare l’allineamento con lo scenario dei 2°C, il team utilizza diversi parametri e strumenti descritti nel report. Uno di questi è l’impronta di carbonio, misurata secondo la metodologia dell’Institutional Shareholder Services (ISS), che utilizza i dati di CDP. Le emissioni di CO2 del portafoglio per 1 milione di dollari di capitale investito (misurate in tonnellate di anidride carbonica equivalente; ambiti 1, 2 e 3) sono inferiori dell’85% rispetto al benchmark MSCI World Total Return.

Gli altri parametri e strumenti trattati nel report sono: l’analisi degli scenari climatici, che confronta le emissioni di gas attuali e future del portafoglio con i bilanci del carbonio per uno scenario inferiore a 2°C e scenari di allerta di 4°C e 6°C, fino al 2050; il modello PACTA 2Dii, che analizza l’allineamento della strategia con lo scenario dei 2°C dell’Agenzia internazionale per l’energia nei prossimi cinque anni; e lo stress test mediante i tre test esplorativi della Bank of England per i portafogli finanziari, che prendono in considerazione sia i rischi fisici sia i rischi di transizione. I risultati dimostrano che il portafoglio evidenzia una buona tenuta a shock climatici significativi ed è ben posizionato per la transizione energetica a basse emissioni di carbonio.

L’impegno del team per la riduzione delle emissioni di carbonio è dimostrato anche dal suo coinvolgimento nella creazione e nel lancio di una nuova iniziativa di engagement collaborativo incentrata sulla decarbonizzazione, denominata NZC10, che fissa obiettivi ambiziosi ma raggiungibili per la riduzione delle emissioni di carbonio nel settore aziendale.

Criteri ESG e indicatori economici

Altri indicatori di sostenibilità analizzati da Janus Henderson stabiliscono in che misura le aziende in portafoglio comunicano il loro impatto ambientale a CDP o sono coinvolte in controversie ESG o commerciali. Vengono analizzate anche la durata del mandato del CEO e la percentuale di donne manager e si verifica se le aziende sono firmatarie del Global Compact delle Nazioni Unite. Ad eccezione degli ultimi due aspetti, il portafoglio ha sovraperformato il benchmark in tutti questi criteri.

Lo stesso vale per indicatori economici come la crescita del fatturato, la crescita degli utili e la spesa per ricerca e sviluppo utilizzati per il confronto, che dimostrano lo stretto legame tra sostenibilità, innovazione e crescita.

Engagement e voto alle assemblee generali annuali

Per Janus Henderson l’engagement è una componente fondamentale del processo di investimento. Durante l’anno, l’engagement dell’azienda ha riguardato più del 70% delle società in portafoglio, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente, e si è concentrato su una serie di questioni ESG distribuite in modo uniforme tra aspetti ambientali, sociali e di governance. Nel 2019 le iniziative di engagement sono state 93, 26 in più rispetto al 2018. Nella relazione sono riportati in dettaglio diversi casi di studio, tra cui quello di un fornitore di servizi informatici dal quale il fondo ha ritirato l’investimento dopo lo scarso successo dell’attività di engagement relativa alle condizioni di lavoro discutibili.

Anche il voto alle assemblee generali annuali è parte integrante della politica di gestione attiva di Janus Henderson. Nel 2019 il fondo ha votato al 98% delle assemblee degli azionisti. Nel 3% dei casi la strategia ha votato contro il management, con un leggero aumento rispetto all’anno precedente. Dal momento che la strategia punta a investire unicamente in società con un’etica e obiettivi aziendali allineati ai suoi, raramente il voto è contro il management. Quando ciò avviene, si tratta di una decisione ponderata che di solito implica un’attività di engagement prima e dopo il voto.

Hamish Chamberlayne, Responsabile SRI presso Janus Henderson, ha affermato:

“Una delle caratteristiche fondamentali dell’investimento sostenibile è la trasparenza per quanto riguarda l’integrazione dello sviluppo sostenibile nell’approccio di investimento e la successiva presentazione dei risultati. Siamo orgogliosi del nostro approccio trasparente e coerente all’investimento sostenibile.

Da 29 anni ci dedichiamo a una missione tanto semplice quanto ambiziosa. Tre sono gli obiettivi: vogliamo offrire ai nostri clienti investimenti con rendimenti rilevanti, vogliamo essere considerati leader nell’investimento sostenibile e, come investitori attivi, vogliamo contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo. Crediamo che questi obiettivi non siano in conflitto tra loro. Anzi, li riteniamo perfettamente allineati e profondamente interconnessi.

Il 2019 si è concluso su una nota positiva: abbiamo conseguito ottimi rendimenti sugli investimenti, abbiamo sovraperformato il benchmark e abbiamo chiuso l’anno nel primo 10% del gruppo di riferimento.”