La previdenza complementare ha retto alla crisi

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I fondi pensione superano un davvero difficile 2020 recuperando nella seconda metà dell’anno, beneficiando delle condizioni più distese sui mercati finanziari,  dopo avere retto comunque all’impatto e alla volatilità dettata dalla prima ondata dell’epidemia. Emerge dalla lettura dei dati pubblicati ora dalla Covip che tracciano un consuntivo dell’anno appena trascorso.

Riavvolgendo il nastro in senso prospettivo è utile partire dalle considerazioni che la Autorità di Vigilanza aveva espresso alla presentazione della propria Relazione annuale nello scorso mese di giugno in cui aveva sottolineato come le forme pensionistiche complementari avevano dimostrato capacità di reazione sia per quanto attiene alla continuità operativa, sia in ordine alle modalità di interazione con gli iscritti, in alcuni casi anche intensificata e agevolata dalla valorizzazione di modalità di interlocuzione online.

In tale quadro, un ruolo importante hanno avuto anche i siti web, proseguiva la Commissione, attraverso i quali sono state veicolate informazioni e indicazioni comportamentali da numerosi fondi pensione, specie quelli rivolti a platee più estese e diffuse sul territorio, quali primariamente i fondi di categoria.

In considerazione dell’andamento negativo dei mercati finanziari, la gran parte dei fondi pensione negoziali ha divulgato poi ai propri iscritti l’invito a non compiere scelte sull’onda emozionale, che potrebbero comportare il consolidamento di perdite. Molti fondi hanno consentito agli aderenti di annullare le richieste di switch, anticipazione, trasferimento o riscatto in precedenza presentate.

Andando poi al consuntivo del 2020 si sottolinea ora come al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono stati positivi per i fondi negoziali e per i fondi aperti, rispettivamente, 3,1 e 2,9 per cento; sono risultati negativi, ma solo marginalmente (-0,2 per cento), per i PIP di ramo III.

Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,4 per cento.

La Autorità di Vigilanza ricordando poi come l’orizzonte temporale di riferimento e quindi di valutazione del risparmio previdenziale è di medio-lungo periodo evidenzia poi come in tale prospettiva le performance  restano nel complesso soddisfacenti. Nei dieci anni da inizio 2011 a fine 2020, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,7 per i fondi aperti, al 3,3 per i PIP di ramo III e al 2,4 per cento per le gestioni di ramo I.

Considerando poi come con riferimento alle forme pensionistiche complementari collettive la rivalutazione legale del tfr accantonato in azienda (1,5 fisso più il 75% dell’inflazione secondo la previsione dell’art.2120 del codice civile) costituisce per l’aderente una sorta di benchmark ombra, viene ancora evidenziato come sempre considerando tale decennio la rivalutazione del TFR  è risultata pari all’1,8 per cento annuo, proprio a testimonianza di una efficace steady growth dei fondi pensione.

Per quel che riguarda la fotografia del patrimonio dei fondi pensione a dicembre 2020, le risorse destinate alle prestazioni sono pari a circa 196 miliardi di euro, 11 miliardi in più rispetto alla fine del 2019. Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 60,4 miliardi di euro, il 7,5 per cento in più. Per i fondi aperti si attesta a 25,4 miliardi e a 39,2 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, dell’11,1 e del 10,4 per cento.

I flussi contributivi hanno poi totalizzato 12,4 miliardi di euro, (3 per cento in più rispetto al 2019) attenuando la propria crescita rispetto al trend degli anni precedenti (poco sopra il 5 per cento annuo) ma mantenendosi comunque in territorio positivo nonostante la crisi determinata dalla pandemia. Il calo dei contributi osservato nel secondo trimestre, in corrispondenza della fase più acuta della crisi, è stato quindi recuperato.

Un’analisi che tiene conto della stagionalità in effetti conferma che il calo dei contributi specificamente imputabile all’emergere della pandemia sia comunque stato di ammontare limitato, prosegue la Covip.

La differenza tra il flusso complessivo incassato nel 2020 e quello del 2019 è positiva per circa 350 milioni di euro a livello di sistema; nelle diverse tipologie di forma pensionistica è positiva sia per i fondi negoziali e per i fondi aperti sia, seppure in misura marginale, per i PIP. Last but not least l’andamento delle adesioni.

Alla fine di dicembre 2020, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 9,353 milioni; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 236.000 unità (2,6 per cento), risulta inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,480 milioni di individui.  Rispetto alla fine del 2019, nei fondi negoziali si registrano circa 101.000 posizioni in più (3,2 per cento), portandone il totale a fine anno a 3,261 milioni.

I maggiori incrementi si riscontrano nel fondo destinato ai lavoratori del settore edile, (20.600 unità in più) e nel fondo rivolto ai dipendenti pubblici (14.000 unità in più). Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,628 milioni di posizioni, 76.000 unità in più (4,9 per cento). Pei i PIP “nuovi” il totale delle posizioni, 3,508 milioni, è in aumento di 89.000 unità (2,6 per cento), sempre rispetto alla fine del 2019.