Mercati Emergenti: il peso del fattore inflazione

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Nell’ultimo mese i mercati azionari dei Paesi emergenti hanno avuto un andamento molto positivo, con significativi guadagni quasi ovunque. La domanda resta forte anche per le obbligazioni emergenti che stanno beneficiando, di afflussi di capitale continui, soprattutto le obbligazioni in valuta forte. Con circa 330 punti base, gli spread sui titoli di Stato USA sono in gran parte tornati ai livelli precedenti la pandemia. Di fronte ai rendimenti ancora molto bassi in tutto il mondo, questi sono degli spread ancora relativamente interessanti, anche se associati a rischi più elevati.

I mercati finanziari continuano a scontare solo un aumento temporaneo dell’inflazione

I timori di inflazione e le preoccupazioni per un possibile inasprimento anticipato della politica monetaria negli USA sono rimasti un tema centrale, ma nel corso del mese hanno perso importanza. Vi sono tuttora buoni motivi per ritenere che l’attuale dinamica dell’inflazione non durerà. E anche se si dovesse dimostrare più persistente, la banca centrale USA afferma di voler assolutamente agire più tardi piuttosto che troppo presto. I timori di inflazione negli USA (ma non necessariamente i dati sull’inflazione!) sembrano anche aver raggiunto il picco, almeno per ora. Questo si riflette, da un lato, nelle aspettative di inflazione scontate dal mercato, che di recente sono scese considerevolmente. Dall’altro, i titoli di Stato USA recentemente hanno addirittura reagito con un significativo calo dei rendimenti ai dati sull’inflazione, che segnalavano una ripresa dei prezzi più forte del previsto. Se, tuttavia, l’inflazione dovesse rivelarsi più persistente, le reazioni sui mercati potrebbero rivelarsi piuttosto forti, perché solo pochissimi portafogli sembrano essere pronti a una tale eventualità.

Alcuni settori avranno grandi difficoltà ad assorbire i costi maggiori

I problemi di offerta in alcuni settori e per diverse materie prime potrebbero, per esempio, durare più a lungo di quanto previsto al momento, con effetti corrispondenti sui livelli dei prezzi. Tuttavia, questo sarà poi principalmente un problema per i margini di profitto di singole aziende o settori, piuttosto che portare a un aumento generale dei prezzi. Questo lo si può già vedere molto chiaramente in Cina. Bisogna continuare a tener d’occhio le tendenze dei prezzi dei generi alimentari e delle materie prime agricole. Questi (per ora) saranno anche relativamente insignificanti per il livello generale dei prezzi e la politica monetaria nelle nazioni industriali sviluppate, ma nel caso di ulteriori forti rialzi in molti paesi emergenti potrebbero causare considerevoli problemi sociali e interni. Maggio ha visto il più forte aumento mensile dei prezzi alimentari in 10 anni. Tuttavia, anche qui entrano in gioco fattori in parte temporanei (per esempio, le capacità di trasporto, gli scompigli dovuti alla pandemia) e, nonostante la siccità in Brasile, nel 2021 si prevede un nuovo record di produzione globale di cereali. La situazione potrebbe quindi nuovamente distendersi nel corso dei prossimi 12 mesi anche nel caso dei prodotti alimentari.

Dobbiamo aspettarci un’inflazione più alta nel medio lungo termine?

Al di là dei prossimi 3-4 trimestri, si pone la domanda se non ci potrebbe essere una svolta politica generale e duratura negli USA e in Europa (e anche altrove) che promuova una certa ridistribuzione dei redditi e della ricchezza sociale dall’alto verso il basso. Una politica fiscale molto più attiva e le aliquote fiscali minime perseguite globalmente da applicare alle società potrebbero già essere dei precursori. Dopo tutto, negli ultimi decenni, le differenze in ricchezza e reddito sono aumentate massicciamente quasi ovunque al mondo e la pandemia le ha ancora una volta drammaticamente esacerbate. Questo processo di concentrazione di reddito e ricchezza minaccia sempre più il funzionamento e la sopravvivenza dell’intero sistema sociale, politico ed economico a causa dei suoi numerosi effetti negativi in campo sociale, economico, ecologico e politico (interno). Lo svantaggio di un tale cambio di paradigma nella politica economica potrebbe, tuttavia, essere rappresentato da tassi di inflazione permanentemente più alti. È poco probabile che questo sia un tema per i mercati nei prossimi mesi e probabilmente nemmeno si verificherà. Ma pensare semplicemente che la bassa inflazione dell’ultimo decennio possa continuare in futuro, sembra in ogni caso un’ipotesi di lavoro piuttosto audace.