Il capex è la chiave di una ripresa economica autosufficiente

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Il mondo riemerge dalla pandemia e molta dell’attenzione si sta concentrando sulla domanda accumulata di beni e servizi rimasti inaccessibili per gran parte dell’ultimo anno. Ad essere messa ancora più in discussione è la capacità delle aziende di fornire i beni e i servizi in questione, visti i vincoli sul lato dell’offerta emersi durante la riapertura dell’economia. Questo sta alimentando una risalita delle spese in conto capitale, indirizzando gli investitori verso titoli di società che investono in nuove attrezzature per soddisfare la maggiore domanda.

Questo trend è già visibile nel Capex Intentions Index della Federal Reserve, che evidenzia un marcato incremento su base annua delle spese programmate in conto capitale. Questo effetto promette bene per la ripresa del ciclo capex nel breve termine. Il mercato ha già ripreso questo tema, come dimostra l’evidente sovraperformance da inizio anno dei titoli di aziende a capex elevato rispetto al mercato nel suo complesso.

Sono cinque gli elementi a supporto della ripartenza del capex da qui in avanti. Il primo è il quadro macroeconomico generale, caratterizzato da un maggiore orientamento verso un contesto di dominanza fiscale, lontano dall’influenza monetaria esercitata attraverso il Quantitative Easing. Le banche centrali hanno perseguito politiche monetarie molto espansive, toccando i minimi in termini di tassi nominali. In questo contesto per le banche centrali è difficile ridurre i tassi reali al di sotto dei valori attuali, anche perché sia i banchieri centrali sia gli operatori di mercato sono convinti che l’inflazione sia transitoria.

Sul fronte degli stimoli, la politica fiscale si presta meglio ad affrontare lo shock negativo dell’offerta causato dal Covid-19. La dominanza fiscale si riscontra nelle ingenti spese per le infrastrutture in programma negli USA, dove è già partito l’American Rescue Plan da 1.900 miliardi di dollari, mentre i 2.000 miliardi dell’American Jobs Plan aspettano l’approvazione del Congresso. In Europa, i 750 miliardi di Euro previsti del Recovery Fund dovrebbero essere distribuiti a partire da fine luglio.

Una fase di dominanza fiscale è in grado di far abbandonare la tesi della stagnazione secolare, secondo cui l’economia non cresce in assenza di investimenti adeguati. La probabilità di investimenti inadeguati a causa di una domanda insufficiente (problema principale della crisi finanziaria globale) è diminuita.

Tra il 2009 e il 2019, la crescita dei consumi è stata sottotono sia negli USA che nel resto del mondo. Negli Stati Uniti la situazione si sta rovesciando. La politica fiscale ha sostenuto il reddito delle famiglie durante la crisi da Covid-19, mentre il forte incremento della domanda nella fase di riapertura potrebbe essere più duraturo, visto il continuo miglioramento delle prospettive occupazionali nel medio termine.

Il terzo motivo per cui prevedere la ripartenza del capex dipende dalla “Q di Tobin”, ovvero il rapporto tra il valore di mercato di una società e il costo di sostituzione dei suoi beni. Se il valore è superiore a 1, all’azienda conviene investire direttamente nei beni sottostanti, invece di acquistare un’altra società al suo valore di mercato per acquisire gli stessi asset.

Attualmente, gli USA hanno una Q di Tobin pari a 1,7. Di conseguenza, le operazioni di M&A sono molto costose e alle aziende conviene investire nei beni di capitale sottostante. Dovremmo quindi aspettarci un graduale allontanamento dalle attività di M&A, con le aziende più orientate a investimenti diretti in beni di capitale.

Il quarto elemento sono le severe limitazioni sul lato dell’offerta registrate nell’economia globale a seguito delle chiusure provocate dalla pandemia. Quanto sopra si riflette nell’Indice ISM Prices Paid, che a giugno ha toccato i massimi per la dilagante carenza di materie prime e manodopera.

Oggi, a pandemia finita, la questione è chiaramente legata all’offerta, non tanto alla domanda. Questo effetto stimolerà una maggiore consapevolezza nella necessità di spingere oltre la frontiera della produttività e di incentivare le spese di capitale.

Il quinto elemento è la parziale sostituzione della manodopera a favore del capitale negli USA, in virtù del contesto di persistente carenza di forza lavoro. Il calo del tasso di partecipazione della forza lavoro dimostra che la gente non ha fretta di tornare a lavorare, disincentivata dai sussidi ottenuti grazie alle misure di stimolo e/o dai cambiamenti strutturali nel rapporto tra lavoro e vita privata legati alla pandemia.

Quando il costo della manodopera aumenta, per i datori di lavoro diventa più interessante sostituirlo con il capitale. Di solito, il punto di flessione al quale le intenzioni di investimento diventano positive si raggiunge quando, come oggi, i costi unitari del lavoro aumentano di più del 2% su base annua.

Sul fronte degli utili, c’è un significativo rapporto tra intenzioni di investimento e produttività, anche se può volerci molto tempo (fino a 7 anni) per passare dall’intenzione di investire all’effettivo raggiungimento di una maggiore produttività. Un capex più elevato, eventualmente in grado di aumentare la crescita della produttività, va a sostenere il ciclo degli utili. Riducendo drasticamente i costi unitari del lavoro, la maggiore produttività aumenta il potere delle aziende di determinare i prezzi, consentendo ai margini di profitto di mantenersi elevati più a lungo.