Robeco: Aria di primavera per le materie prime, in attesa del mood estivo

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La crescita dei data center utilizzati per le applicazioni dell’intelligenza artificiale ha dato impulso alla domanda di rame per i cavi, oltre a quella dei chip di silicio e dei semiconduttori necessari per realizzare i processori. Ciò sta producendo una crescita economica che nel settore manifatturiero tradizionale è assente. Inoltre, fattori come il ricorso alle materie prime quale strumento di copertura contro l’inflazione, unitamente alle dinamiche di domanda e offerta nel mercato più ampio, implicano che la primavera è nell’aria per questa asset class solitamente volubile. Alla conferenza tecnologica di Nvidia del mese scorso, il CEO Jensen Huang ha immaginato una nuova rivoluzione industriale. Se l’acqua era la materia prima utilizzata per generare elettricità nella prima rivoluzione industriale, oggi l’elettricità è il mezzo per generare token di dati nelle ‘fabbriche dell’IA’, come le chiama Huang, nel corso del XXI secolo. Con la crescente diffusione dell’IA, l’International Energy Agency (IEA) prevede un tasso di espansione annuo del 15% per queste fabbriche di dati nei prossimi anni.

Diffusione dei cavi di rame

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Questo, a sua volta, accresce la domanda di rame. Per ridurre il rischio di blackout, i data center di Nvidia sono passati dalla fibra ottica ai cavi di rame, che presentano una maggiore efficienza energetica, assicurano un miglior raffreddamento e sono più economici. Questo rinnovato entusiasmo per le materie prime è riconducibile a tre fattori, e non soltanto all’IA.

Segni di ripresa nel settore manifatturiero

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In primo luogo, il ciclo manifatturiero globale si è risvegliato dal suo lungo torpore e le materie prime offrono ora il miglior potenziale di rendimento corretto per il rischio in una prospettiva multi-asset. A differenza delle azioni, le materie prime non scontano ancora una vera e propria ripresa del settore manifatturiero globale, e i segnali di un rilancio su questo fronte si fanno sempre più promettenti.

Non abboccare all’esca

Tuttavia, mentre i mercati azionari hanno già scontato uno scenario di ‘nessun atterraggio’ (‘no landing’), prevedendo una risalita dell’ISM Manufacturing Index al livello di 60, i mercati delle materie prime non hanno abboccato. Dal momento che questi ultimi sono mercati spot che dipendono dai fondamentali spot, un’effettiva ripresa della produzione industriale conferisce alle materie prime un maggior potenziale di rialzo rispetto alle azioni in termini di performance. Per contro, se la ripresa del settore manifatturiero si rivelasse una falsa schiarita, il rischio di ribasso per le materie prime sarebbe verosimilmente più limitato.

La recessione del settore manifatturiero è stata insolitamente lunga, ma anche poco pronunciata, poiché l’indice ISM non è mai sceso sotto i 45 punti negli ultimi 16 mesi. Negli ultimi 40 anni, dopo una “lieve” flessione dell’ISM, le materie prime hanno tendenzialmente registrato un rally del 20% in media nell’anno successivo. Dal minimo del novembre 2023 a oggi, le materie prime hanno reso il 5%. Per contro, le azioni globali hanno fatto un atto di fede e da allora hanno già guadagnato il 20%.

Il vantaggio di una disinflazione in frenata

In secondo luogo, si prospetta uno scenario in cui la frenata della disinflazione sostiene la domanda di materie prime quale strumento di copertura contro l’inflazione che ha afflitto il mondo negli ultimi due anni. Da inizio anno l’inflazione statunitense si è rivelata superiore alle attese e il Citi Inflation Surprise Index, che misura le sorprese sull’inflazione USA, è tornato in territorio positivo, dove probabilmente, a nostro avviso, sarà raggiunto dall’omologo aggregato per il G10. All’inizio del 2024 la crescita dei redditi disponibili in termini reali superava dell’1,5% il tasso di produttività del lavoro, ostacolando potenzialmente il processo di disinflazione negli Stati Uniti. Inoltre, le condizioni finanziarie sono diventate più accomodanti, mentre la crescita della moneta ha toccato un punto di minimo.

Limitazioni sul lato dell’offerta

In terzo luogo, il persistere delle attuali limitazioni sul lato dell’offerta, a fronte di una domanda sostenuta, dovrebbe giovare ai prezzi. Prevediamo un miglioramento del quadro bottom-up, poiché in diversi mercati delle materie prime permangono pressioni sul lato dell’offerta, che potrebbero dar luogo a una carenza fisica nel medio termine. Pertanto, i fondamentali micro sono sempre più favorevoli a una posizione rialzista sulle materie prime. Ci aspettiamo anche una continua riduzione della produzione di petrolio da parte dell’OPEC+. Quanto ai metalli, l’offerta mineraria si conferma carente e potrebbe subire ulteriori diminuzioni a causa degli investimenti inferiori al trend, della siccità, delle difficili contrattazioni salariali in America Latina e dei blackout in Sudafrica. Inoltre, i rischi per l’approvvigionamento derivanti dalle tensioni tra Israele e Iran, dalle elezioni statunitensi di novembre e da una potenziale offensiva russa in Ucraina durante l’estate potrebbero accrescere i premi al rischio geopolitico incorporati nei prezzi delle materie prime.

Un settore ancora volubile

Si prospetta quindi una situazione favorevole per le materie prime, anche se è sempre consigliabile esercitare cautela quando si investe in questa asset class volatile. Per i trader di materie prime si respira già aria di primavera, ma il mood estivo non è ancora arrivato. Alcuni rischi potrebbero gettare acqua sul fuoco dell’asset class. Il posizionamento in futures sulle materie prime è elevato, e permane un rischio non trascurabile di un atterraggio duro su un orizzonte di 6-12 mesi. Pertanto, a livello globale, potrebbe bastare una ripresa dell’attività industriale più moderata delle attese per produrre una carenza fisica nei mercati delle materie prime.