Robeco: Europa – magnifica stagnazione, ripresa impegnativa?

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I mercati azionari dell’Eurozona hanno sfidato la forza di gravità guadagnando l’11,6% negli ultimi tre mesi a fronte di un evidente rallentamento economico, anche grazie alla buona tenuta dei mercati del lavoro. Il tasso di disoccupazione dell’area euro si colloca su un minimo storico del 6,4%, una situazione che il membro del Consiglio della Banca centrale europea (BCE) Klaas Knot ha definito “stagnazione con piena occupazione”. Tuttavia, una ripresa a breve termine sembra improbabile e gli investitori possono attualmente ottenere rendimenti migliori in Giappone e negli Stati Uniti, dove le prospettive per le azioni sono più favorevoli.

È evidente che i mercati azionari dell’Eurozona apprezzano questa ‘magnifica stagnazione’, ma negli ultimi tre mesi l’Europa ha comunque sottoperformato gli Stati Uniti e il Giappone. Tuttavia, di recente sono emersi alcuni punti di forza che potrebbero giocare di nuovo a favore dell’Europa; le valutazioni, ad esempio, appaiono oggi fortemente scontate rispetto ai benchmark globali.

Value contro momentum

La spiegazione di questa sotto-performance e degli sconti valutativi rispetto agli Stati Uniti è da ricercarsi in parte nella natura di mercati europei, che tendono ad essere dominati da titoli value maggiormente legati al settore industriale. Possono essere individuati tre motivi per restare cauti sull’azionario europeo.

Sebbene vi siano segnali di un allargamento del mercato azionario a fronte delle continue sorprese al rialzo riservate dai dati economici, i segmenti di tipo value continuano a sottoperformare.

Per sua natura, quindi, l’attuale rally del mercato azionario non si presta a favorire una sovraperformance strutturale dell’Europa rispetto al resto del mondo, o in particolare agli Stati Uniti, poiché le società europee hanno perlopiù caratteristiche value, mentre i titoli statunitensi hanno una maggiore correlazione con il fattore momentum.

In un quadro di crescita economica ancora debole al di fuori degli USA, le società statunitensi con orientamento growth che generano maggiori cash flow riescono a ottenere un premio più elevato sul mercato azionario globale e godono di maggiore slancio.

Una ripresa già scontata dai mercati

Il secondo motivo è che i mercati azionari europei hanno già scontato una completa ripresa del settore manifatturiero che non è ancora cominciata e potrebbe non arrivare. Il settore manifatturiero globale è in recessione dal settembre 2022, ma si scorgono i primi segnali di una ripresa.

Il rapporto scorte/vendite negli Stati Uniti si è normalizzato e la crescita delle esportazioni in economie procicliche come Taiwan e la Corea del Sud ha recentemente registrato un’accelerazione. Ultimamente i dati sulla fiducia dei produttori nel settore manifatturiero hanno sorpreso al rialzo.

Tuttavia, per quanto tali sviluppi siano promettenti per un continente con una solida base manifatturiera come l’Europa, i mercati hanno già deciso di credere nella ripresa. Ad esempio, l’MSCI Europe è attualmente scambiato a livelli più coerenti con un valore di 100 dell’indice del clima di fiducia dell’IFO, che si osserva di solito in corrispondenza dei picchi del ciclo economico. Il dato a fine febbraio era pari a 81,6.

La Germania perde ai rigori

Infine, permangono rischi al ribasso per quanto riguarda la redditività. A questo riguardo, possiamo focalizzarci sulla principale economia ed ex potenza industriale europea, la Germania. Il Cancelliere Olaf Scholz era talmente fiducioso riguardo alla possibilità di tornare all’antico splendore industriale che, appena insediato, in un discorso di due anni fa, aveva previsto una Zeitenwende (svolta storica).

Tuttavia, per usare un’altra nota parola tedesca, l’odierna realtà della Germania è motivo di Schadenfreude (maligno compiacimento) per i suoi rivali.

Mentre le imprese statunitensi hanno rafforzato la loro influenza, il potere monopolistico della Germania si è ridotto a causa della rigorosa politica dell’UE in materia di fusioni e acquisizioni. Lo stop alla fusione tra Siemens e Alstom imposto dalla Commissione europea nel 2019 ha evidenziato la tensione tra una politica industriale nazionale che mira a promuovere la creazione di imprese leader a livello nazionale e una Commissione europea che cerca di attenersi a rigorose norme sulla concorrenza.

Per contro, gli Stati Uniti si sono adoperati in misura sempre maggiore per proteggere le proprie imprese egemoni (nel settore della tecnologia), ad esempio sanzionando il colosso tecnologico cinese Huawei nel 2019 e fornendo alle aziende sovvenzioni e sgravi fiscali per gli investimenti green tramite l’Inflation Reduction Act (IRA).

A tutto questo si aggiungono le ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina, che hanno penalizzato economicamente soprattutto la Germania. La Germania ha commesso un errore di calcolo strategico nel fare affidamento sull’energia russa. Il peso di questo svantaggio competitivo è ricaduto in misura prevalente sulla Germania, che in quanto cuore industriale dell’Europa genera il 20% circa del proprio valore aggiunto dall’attività manifatturiera ad alta intensità di energia, contro il 15% dell’Eurozona.

L’Europa stenterà a sovraperformare

In definitiva, gli investitori globali non dovrebbero dare per scontata una sovra-performance dell’Europa nel contesto di un progressivo allargamento del rally azionario, poiché il Giappone e gli Stati Uniti potrebbero avere ancora carburante nei loro serbatoi.

Alla luce del forte rally dettato dal momentum, delle aspettative molto ottimistiche di una ripresa del settore manifatturiero e degli ostacoli alla redditività a breve termine per le imprese europee, tra cui un aumento dei salari a fronte di una produttività anemica, crediamo che l’Europa stenterà a sovra-performare nella prima metà del 2024.

Prevediamo che il Giappone guiderà la ripresa in quanto presenta le caratteristiche bottom-up più favorevoli, con una rinnovata attenzione alla creazione di valore per gli azionisti. Detto questo, laddove una Zeitenwende dovesse concretizzarsi, le azioni tedesche potrebbero rivelarsi una considerevole fonte di valore nel medio-lungo termine, in quanto l’attuale sconto del 50% in termini di P/E rispetto alle omologhe USA è vicino a un massimo storico.