Dati ESG e cooperazione internazionale, le sfide future

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5 messaggi chiave per il 2022 (e oltre):

  • Il mercato ESG è cresciuto molto velocemente negli ultimi 5 anni, fino a diventare oggi mainstream. Non c’è alcun motivo per cui gli importanti afflussi verso attivi sostenibili osservati negli ultimi trimestri debbano fermarsi.
  • La regolamentazione è lì per supportare – se non spingere – questi flussi.
  • La domanda è chiaramente in aumento. Dal punto di vista dell’offerta, l’universo degli attivi ‘verdi’ rimane relativamente piccolo e legato a specifiche aree geografiche e settori. Questo potrebbe pesare sulle valutazioni. È imperativo che l’universo cresca per evitare rischi di sovraffollamento su pochi nomi. I portafogli gestiti attivamente possono fare la differenza.
  • In seguito alle valutazioni più elevate recenti, la potenziale errata stima delle valutazioni dei cosiddetti attivi ESG e la correlazione positiva tra sostenibilità e performance finanziaria potrebbero essere contestati. Data la diversità degli approcci sostenibili, la risposta non è sempre semplice. Tuttavia, il mercato è d’accordo sul fatto che l’ESG può portare a una sovraperformance.
  • Infine, la questione dei dati è una sfida ben nota. Il mondo finanziario ha bisogno di dati adeguati, affidabili e aventi capacità predittiva per prendere decisioni di investimento appropriate, pienamente allineate con l’agenda politica 2030-2050. L’annuncio da parte dell’International Financial Reporting Standards (IFRS) Foundation della creazione dell’International Sustainability Standards Board (ISSB) è stato quindi ben accolto dai mercati. Questo svilupperà una base globale completa di standard di divulgazione della sostenibilità per il mercato finanziario, che è un passo promettente nella giusta direzione.

Questo è stato un decennio incredibile per gli investimenti sostenibili. Abbiamo visto la confluenza di azioni da parte di aziende, individui e legislatori. Questi ultimi sono stati particolarmente attivi negli ultimi 3 anni e il crescente potere della regolamentazione è un completo cambio di paradigma per la sostenibilità e per i dati sostenibili in particolare. L’SFDR è un’asticella crescente non solo per la divulgazione, ma anche per la disciplina e l’approccio riguardo alle dimensioni della sostenibilità.

Negli ultimi due-tre anni, l’attenzione si è concentrata principalmente su una sola dimensione: l’ambiente e in particolare il clima. Tuttavia, la crisi sanitaria ha dimostrato il ruolo chiave del pilastro sociale e come le tre dimensioni – ambiente, sociale e governance – siano interconnesse e richiedano quindi un approccio complessivo. Questa è sempre stata una forte convinzione in DPAM.

La corsa verso le emissioni zero non è solo sulla carta!

Quasi tutti i paesi si sono impegnati a neutralizzare le emissioni di carbonio nei prossimi decenni, con importanti conseguenze economiche e finanziarie. In primo luogo, significa un’uscita completa dai combustibili fossili entro il 2050 e un processo di decarbonizzazione aggressivo. In secondo luogo, si tratta di un costo d’investimento stimato in oltre 5 trilioni di dollari all’anno fino al 2030, che rende necessario un finanziamento considerevole.

Gli ultimi 5 anni sono stati da record in termini di emissione di obbligazioni verdi e titoli simili. Questo è solo un inizio. Questi strumenti dovrebbero essere emessi in modo massiccio nei prossimi anni, fornendo una migliore diversificazione e profondità ai mercati. Che siano volontariamente attratti da questi strumenti o spinti dalla regolamentazione, gli investitori sono inclini a comprare attivi “verdi”, le cui valutazioni cominciano a mostrare alcuni segni di forte domanda.

In effetti, la tassonomia europea spinge gli investitori a comprare i titoli che permetteranno loro di allinearsi al meglio ai primi due obiettivi del cambiamento climatico (mitigazione e adattamento). Bisogna tenere a mente che la tassonomia mira a portare chiarezza su ciò che dovrebbe essere considerato “verde” e aiuta a riallocare il capitale verso attività economiche e aziende che contribuiscono agli obiettivi ambientali allineati alla tassonomia stessa.

Anche se le ambizioni dei paesi sono importanti, esse devono essere raggiunte su scala globale per avere successo. In questo senso, il risultato della COP 26 non è stato rassicurante. “Una COP dei paesi ricchi per i paesi ricchi” come hanno affermato diversi esperti, e con un importante divario tra le dichiarazioni ufficiali durante la prima settimana e le concessioni concrete durante la seconda settimana. La guerra di leadership sul clima tra Cina e Stati Uniti sta già creando alcune tensioni geopolitiche. Il fallimento della COP 26 su diversi punti essenziali della cooperazione internazionale e la sfiducia tra gli stati rafforzeranno le tensioni geopolitiche sul tema.

E sul fronte sociale e della governance?

L’impatto della regolamentazione sui requisiti sociali e di governance è stato per il momento abbastanza limitato, soprattutto sulle valutazioni. Sul fronte sociale, l’attenzione rimane sulla complessa valutazione dei diritti umani lungo la catena del valore, il famoso “dovere di diligenza” attuato da Francia e Regno Unito. Tuttavia, la prima bozza della tassonomia sociale è stata pubblicata l’estate scorsa, e promette dibattiti vivaci e soggettivi sulla sua attuazione. Osserviamo lo stesso in termini di governance: le garanzie minime da applicare dal punto di vista regolamentare rafforzano il controllo degli incidenti e degli scandali che gli emittenti possono affrontare. Inoltre, il passaggio dalla supremazia degli azionisti (shareholders) alla governance dei portatori di interessi (stakeholders) porta in primo piano la nozione di “missione” dell’azienda verso la società. Ciò ha dato il via a dibattiti interessanti sul fragile equilibrio di tutto questo microcosmo.