Il cambiamento climatico nei mercati emergenti

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Secondo le attuali previsioni, le politiche globali dovrebbero riuscire a limitare il riscaldamento globale a circa 3 °C sopra i livelli preindustriali entro il 2100; si tratta di un risultato ben lontano dall’obiettivo dell’Accordo di Parigi, che imporrebbe di limitare l’innalzamento delle temperature a meno di 2 °C, preferibilmente a 1,5 °C. Per raggiungere questo obiettivo, diversi paesi si sono impegnati ad azzerare le proprie emissioni nette. Nell’universo emergente il panorama si presenta molto variegato, con alcuni paesi che hanno annunciato importanti obiettivi di riduzione delle emissioni e altri che devono ancora dotarsi di una politica concreta.

Per conseguire uno sviluppo compatibile con il clima, i governi dei mercati emergenti dovranno adottare riforme fiscali e strutturali che favoriscano la crescita e promuovano investimenti resilienti a basse emissioni di carbonio, sostenuti da politiche climatiche produttive ed efficienti in termini di costi. In questo contesto, il nostro obiettivo di capire gli impegni climatici delle nostre partecipate tiene conto di prospettive sia locali che globali, nella consapevolezza che il ritmo della decarbonizzazione e le relative strategie varieranno da una nazione all’altra.

Prendiamo ad esempio la Cina: il paese è il principale emettitore di carbonio in termini aggregati, ma le sue emissioni pro capite sono inferiori a quelle di diverse economie sviluppate. Pertanto, nell’integrare le considerazioni climatiche nel nostro processo d’investimento, cerchiamo di comprendere i requisiti locali a livello di paese, settore e impresa, adottando un approccio pragmatico basato sul mondo reale. Sappiamo anche che alcuni settori dovranno decarbonizzare le loro attività molto più velocemente di altri, per cui il nostro approccio ha uno specifico focus settoriale, il che aiuta anche a stabilire la priorità delle nostre iniziative di engagement. Politiche nazionali di resilienza climatica

I principali mercati emergenti hanno annunciato ambizioni climatiche (compresi, in alcuni casi, interventi legislativi) per limitare e ridurre le emissioni, come pure piani più diretti per affrontare i principali problemi ambientali.

  • Gli sforzi della Cina per azzerare le emissioni nette entro il 2060 daranno un contributo significativo a livello mondiale, poiché il paese rappresenta il 30% delle emissioni globali di carbonio, e il suo impegno copre i due terzi delle emissioni totali dei paesi che hanno dichiarato l’intenzione di raggiungere l’obiettivo “net zero”. La trasformazione del mix energetico cinese giocherà un ruolo fondamentale in quest’ambito, dato che la maggior parte delle sue emissioni proviene dalla generazione di elettricità e dalla produzione industriale. I politici hanno preso di mira queste aree con linee guida che impongono l’adozione di energia verde, processi produttivi efficienti in termini di emissioni e stoccaggio di energia. Si stima che il mix di generazione eolica e solare della Cina aumenterà da meno del 10% nel 2020 a più del 30% nel 2030. Poiché il dato è già vicino al 39%, il paese si è dato quale nuovo potenziale obiettivo il 60%.
  • Anche se l’India non ha ancora un obiettivo “net zero”, il suo piano per ridurre del 35% entro il 2030 l’intensità delle emissioni del suo prodotto interno lordo rispetto ai livelli del 2005 si focalizza sull’impatto reale. Questa ambizione spiega la spinta impressa alla produzione di veicoli elettrici, come pure la richiesta che le imprese statali si adoperino per mitigare il cambiamento climatico. L’India punta anche ad aumentare al 40% la quota di combustibili non fossili nella sua produzione totale di elettricità entro il 2030.
  • Il Brasile ha già un portafoglio di generazione elettrica tra i più puliti al mondo. Più dell’80% della sua energia è prodotta da fonti sostenibili, con quasi il 65% proveniente da grandi progetti idroelettrici e più del 15% da eolico, solare e biomasse. Oltre ai piani per diversificare le fonti di energia rinnovabile, l’amministrazione brasiliana si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 anziché il 2060; a contenere la deforestazione illegale entro il 2030 e ad aumentare i fondi destinati a tale scopo alle forze dell’ordine; e a perseguire l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 43% rispetto ai livelli del 2005 nell’ambito del contributo determinato a livello nazionale.

Azioni per il clima intraprese dalle aziende

Il recente rapporto dell’IPCC – la prima grande revisione della scienza del cambiamento climatico dal 2013 – ha trovato nuove prove del collegamento tra emissioni e clima, attribuendo così a determinati settori e governi la responsabilità diretta di questo cambiamento. Ciò intensifica l’ambizione globale di pervenire a un azzeramento delle emissioni nette nel lungo periodo e mette in luce le implicazioni degli aggiustamenti necessari nei mercati dei capitali, in particolare in vista della COP26 che si terrà nelle prossime settimane.

Le imprese dei paesi emergenti si stanno preparando al cambiamento climatico in diversi modi. Alcune sono impegnate a decarbonizzare notevolmente le loro attività nei settori ad alte emissioni, mentre altre forniscono soluzioni ambientali attraverso i loro prodotti e servizi. Il cambiamento industriale ha registrato un’accelerazione, con molte imprese che si avvalgono della tecnologia per ridurre le emissioni di carbonio, abbandonano le attività industriali più inquinanti e orientano la propria strategia verso settori green come le rinnovabili e i veicoli elettrici. Di particolare importanza sono i progressi tecnologici che hanno migliorato la densità energetica delle batterie e incrementato l’efficienza di conversione dei pannelli solari. Un altro settore interessato da significativi investimenti è quello dell’idrogeno verde.

 Il nostro ruolo nella soluzione

I modelli di business ecosostenibili e redditizi costituiscono per noi un’opportunità d’investimento laddove intravediamo un potenziale di crescita della domanda e un contributo a esiti ambientali positivi. Tra i principali esempi troviamo la filiera del solare, la produzione di elettroliti, i veicoli elettrici e la filiera dell’idrogeno.

Investiamo anche in imprese operanti in settori ad alta intensità di carbonio, come il cemento e l’acciaio, che danno prova di impegno e innovazioni concrete sul fronte della decarbonizzazione. Queste aziende giocano un ruolo cruciale nella riduzione delle emissioni globali. Visto il costo economico delle emissioni di carbonio per questi modelli di business, la decarbonizzazione diventa un fattore ESG rilevante di cui tener conto.

Il nostro processo d’investimento incorpora studi top-down su politiche e settori, ricerche bottom-up sulle imprese e un’analisi ESG completa, comprensiva di considerazioni sul clima, che aiutano a identificare le opportunità d’investimento e a ridurre i rischi complessivi del portafoglio. L’integrazione di questioni ambientali significative nelle nostre previsioni aziendali può indurci a modificare le proiezioni di crescita, le aspettative sui margini o i tassi di sconto. Inoltre, in quanto gestori attivi dei capitali dei nostri clienti, l’engagement è uno strumento fondamentale che ci permette di capire e agevolare il percorso ESG di un’azienda, grazie anche a una presenza locale e all’accesso al management.

Il cambiamento climatico è un problema che abbraccia molteplici decenni e la cui importanza è destinata ad aumentare, con dinamiche che variano da un mercato all’altro. Crediamo che si possano trovare opportunità nelle aziende che forniscono soluzioni per il clima e in quelle che adottano innovazioni per decarbonizzare le loro operazioni. Di conseguenza, la misura in cui un’impresa è preparata a gestire le questioni climatiche rilevanti è un elemento chiave della nostra valutazione bottom-up della sostenibilità degli utili. Facendo leva sulla nostra presenza locale nei mercati emergenti, cerchiamo di cogliere queste opportunità e di promuovere un cambiamento positivo presso le aziende, con l’obiettivo di ottenere risultati migliori.