ESG nel Private Equity: da perché a perché no?

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In occasione della conferenza sui cambiamenti climatici COP26, Larry Fink, CEO di Blackrock ha affermato che stiamo rischiando il “più grande arbitraggio del mercato dei capitali nella nostra storia” se non viene imposto alle società private di rendere disponibile il loro impatto climatico come viene chiesto a quelle quotate. Ha poi aggiunto che, sebbene fosse colpito “da quanto velocemente le società quotate si stiano portando avanti” sull’agenda climatica e sulla divulgazione di informazioni relative al loro impatto ambientale, quelli che sono rimasti indietro sono i mercati privati, il che porta alla conclusione che “la missione sta fallendo”. Fink ha evidenziato inoltre come il segmento del Private Equity sia quello che al momento sta finanziando l’industria dei combustibili fossili, con sempre più società private che acquistano business collegati agli idrocarburi.

Per capire dove stiano andando i mercati privati, è sufficiente osservare i mercati quotati, in quanto presentano macro-tendenze simili di crescita. Sui mercati privati si sta verificando una riduzione del rapporto tra AUM ESG e non-ESG, ed entro il 2025 è prevista una crescita significativa del totale delle masse ESG. Andando più nel dettaglio, uno studio di PWC riporta che per quanto riguarda l’Europa, gli asset ESG sui mercati privati cresceranno a tal punto da arrivare a rappresentare tra il 27,2% e il 42,4% dell’intera base patrimoniale dei mercati privati.

L’effetto della trasformazione indotto dalle tematiche ESG nell’Asset/Wealth Management può servire da indicatore utile del tasso e della portata con cui i mercati privati, specialmente in Europa, stanno rispondendo alle sempre più numerose richieste degli investitori attenti alla sostenibilità, ai nuovi requisiti normativi e alle crescenti aspettative sociali.

Gli studi effettuati su quale sia l’elemento ESG trainante nei private assets, indicano che i fund manager riconoscono prima di tutto la regolamentazione come il motore del cambiamento. La regolamentazione diventerà infatti l’elemento spinta per un passaggio degli asset verso un’integrazione ESG, al secondo posto troviamo la potenziale crescita di valore aggiunto. Inoltre, il 64% degli investitori considera i fattori ESG come “Estremamente importanti”, “Notevolmente Importanti” o “Abbastanza Importanti” nelle decisioni di investimento.

A conferma di quanto sopra riportato I fattori ESG hanno certamente apportato cambiamenti evidenti in tutto il segmento dei private assets:

  • Sempre più società sono firmatarie dei PRI delle Nazioni Unite e danno direttive ai Limited e General Partners per l’adozione di questi principi, oltre a richiedere loro impegni concreti per l’inclusione delle tematiche ESG nelle decisioni di investimento e nella attività di reporting;
  • Sono stati introdotti requisiti normativi più stringenti per la reportistica, con l’adozione di standard ESG e di una serie di metriche come, ad esempio, l’ESG Data Convergence Project, che punta alla collaborazione tra i Limited e General Partner al fine di semplificare l’approccio delle società nella raccolta e nella reportistica di dati ESG;
  • Crescita del numero di società che investono nei mercati privati che impiegano risorse dedicate all’integrazione dei fattori ESG nel processo di investimento;
  • Con l’aumentare delle richieste di integrazione ESG, i Limited Partners, consapevoli dell’impatto di questi principi sui portafogli, chiedono sempre di più maggior trasparenza delle politiche e delle procedure ESG;
  • Più della metà degli investitori ha rifiutato almeno un investimento per questioni legate agli ESG. L’importanza di questi fattori per gli investitori è ulteriormente enfatizzata dal fatto che il 56% delle società di private equity ha rivelato che le tematiche ESG vengono discusse più di una volta l’anno, un aumento del 21% rispetto allo scorso anno scorso.

Sempre più investitori nei private assets richiederanno una metodologia solida per la valutazione del profilo ESG di un fondo prima di impegnarsi nell’investimento. È richiesto un approccio olistico alla due-diligence per valutare 1) l’esperienza e le risorse dell’asset manager; 2) la missione e l’integrazione di fattori ESG nella strategia e 3) la capacità del gestore a riportare e divulgare KPI specifici. Oltre a dimostrare se c’è un impatto ambientale e/o sociale tangibile. È inoltre importante lavorare su una solida matrice di materialità per identificare le questioni più significative per ogni specifico fondo.

Specialmente a seguito dell’adozione dell’EU Sustainable Finance Action Plan, diversi asset manager puntano a mostrare un’integrazione ESG o un profilo di impatto, ma hanno difficoltà a destreggiarsi tra le regole. Identificando i fattori chiave che contribuiscono a guidare la complessiva performance ESG e i fattori di rischio attraverso una maggior attenzione sulle politiche, sulla strategia e sui KPI, è possibile offrire un rating ESG totalmente indipendente e una due-diligence per i fondi di private assets.

Con i clienti finali che richiedono sempre più fondi con un profilo ESG elevato, una credenziale ESG può aiutare a differenziare un asset manager rispetto alla vasta concorrenza, e può sicuramente aiutare gli investitori a gestire il rischio ESG ed una potenziale esposizione al rischio di “greenwashing”.