Venti di guerra in Ucraina: come investire nella transizione energetica

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Il conflitto in Ucraina ha scatenato un’impennata nei prezzi del petrolio e una preoccupazione generalizzata per la carenza di carburante. Sul fronte energetico, le esportazioni dalla Russia sono principalmente quelle di gas naturale, che ha un prezzo attraente grazie a costi di estrazione e produzione contenuti. Il sostegno all’Ucraina rende, tuttavia, le partecipazioni energetiche russe insostenibili.

L’aumento dei prezzi dell’energia deve essere visto come un monito, è urgente riflettere sulla nostra dipendenza dal gas naturale e sulla necessità di trovare soluzioni baseload a lungo termine, che le rinnovabili, a oggi, non supportano. Sul fronte transizione energetica, ci sono alcuni temi che riteniamo interessanti, come le energie rinnovabili, i veicoli elettrici, la cattura del carbonio, lo stoccaggio delle batterie su larga scala e l’idrogeno, una delle fonti di energia alternative più interessanti per gli investitori, in quanto rinnovabile, abbondante, non tossico, senza carbonio e molto più efficiente di altre fonti di energia. Per questo l’idrogeno potrebbe essere, in futuro, una soluzione a lungo termine per ridurre la nostra dipendenza dal gas naturale. Per ora il costo è proibitivo, ma l’aumento dei livelli di investimento privato dovrebbe far scendere la curva dei costi.

Non possiamo dimenticare che, se le rinnovabili sono fonti di energia intermittente, sono però competitive in termini di costi, in particolare rispetto al gas naturale. Tuttavia, abbiamo anche bisogno di investimenti significativi nelle reti di trasmissione, che sono spesso trascurate. Il conflitto è destinato ad accelerare lo spostamento verso fonti di energia alternative. A nostro parere, l’aumento dei prezzi dell’energia ha evidenziato la necessità per l’Europa di allontanarsi dai combustibili fossili ancora più velocemente di quanto sia emerso durante la COP26. La curva dei costi delle energie rinnovabili è già competitiva. La maggior parte dei Paesi ha annunciato obiettivi ambiziosi per le energie rinnovabili. Ora che i consumatori vedranno l’impatto reale della dipendenza dal gas naturale è probabile che questi Paesi raccolgano il sostegno necessario per accelerare gli investimenti.

Rischi e opportunità

In termini di sfide e opportunità, le energie rinnovabili attualmente disponibili sono intermittenti e non possono essere accese e spente come il gas naturale o il carbone, o rimanere costantemente in funzione ad un alto grado di capacità, come nel caso del nucleare. Qualcuno potrebbe anche trovarle inefficienti data la loro dipendenza dalle condizioni ambientali. I pannelli solari, ad esempio, trasformano, in genere, solo il 15-22% dell’energia solare in energia utilizzabile, mentre il vento ha un’efficienza del 30-45% circa. Questa inefficienza è diventata molto evidente nel 2021, quando un’estate povera per l’eolico e il solare ha portato a un forte consumo di gas naturale all’inizio dell’inverno. Ci sono delle aree di intervento, però che possono aprire a importanti opportunità, come ad esempio gli investimenti per migliorare l’efficienza e le batterie su larga scala per appianare i flussi di energia.

Non crediamo che questa situazione contingente metta a rischio definitivamente i piani ‘net zero’ portati avanti da alcuni Paesi o che si inizi a trivellare nuovi pozzi di petrolio o, ancora, a usare impianti a carbone. Per fare tutto ciò ci vuole tempo e le riserve europee sono sempre meno. Il conflitto potrebbe, però, ritardare i piani ‘net zero’ perché gli investimenti vengono incanalati verso il miglioramento delle reti, i terminali LNG e gli oleodotti alternativi. Tuttavia, si parla già di obbligazioni UE per finanziare gli investimenti energetici, al fine di ridurre la nostra dipendenza dal gas naturale. C’è anche il potenziale per una rinascita del nucleare, che la Francia ha già annunciato. Ma alla luce dei lunghi tempi di costruzione e del fatto che la maggior parte dei Paesi europei ha abbandonato il nucleare in passato, non prevediamo che si torni al nucleare in modo diffuso.

Quello che vediamo accadere, invece, è un disinvestimento importante da parte dei gestori patrimoniali in società di combustibili fossili a partecipazione statale in Russia e in altri Paesi ad alto rischio. In seguito all’invasione, ogni società legata all’E&P (esplorazione e produzione) petrolifero nella nostra copertura ha preso contatti con gli investitori. La maggior parte ha annunciato di non voler procedere con nuovi investimenti in Russia e che stanno uscendo dal mercato. Questa azione suggerisce che stanno esaminando altri regimi e considerando la possibilità di disinvestire.